I test per la misurazione del Q.I. impazzano ovunque, e a ragione: l’intelligenza è lo strumento che ci ha permesso di scalare la catena alimentare fino alla cima, a discapito della mancanza di strumenti offensivi come unghia affilate, spesse pellicce o denti minacciosi. Quindi, cos’è l’intelligenza?
La prima cosa da fare per contestualizzare l’argomentazione che seguirà è definire il concetto di intelligenza. L’unico modo di poterla definire è tramite le parole dello psicologo Steven Pinker: «Possiamo avere dei problemi a definire l’intelligenza, ma, quando ce la troviamo davanti, la riconosciamo». E perché è così difficile definire l’intelligenza? Perché l’intelligenza è versatile: la puoi usare per cucinare un ottimo pasto, per scavare una buca profondissima nella sabbia o per ammazzare gli scarafaggi con una sparachiodi. Se la usi per fare una pietanza allora io posso dirti «sei un fenomeno perché hai capito che mettendo questi ingredienti insieme hai cucinato una pietanza buonissima!».
Se, però, costruisci un castello di sabbia o ammazzi gli scarafaggi con una sparachiodi la questione diventa complessa. Infatti, fare una buca profondissima non ha alcuno scopo. Se domani scendesse un alieno e ti vedesse scavare una buca non ti reputerebbe particolarmente intelligente, ma penserebbe «questo tizio non è intelligente perché fa una buca con le sue mani, senza neanche usare gli strumenti appropriati, e sta sprecando tempo ed energie per qualcosa che più tardi, al mutare della marea, non esisterà più!».
Se invece scegli di ammazzare gli scarafaggi con una sparachiodi l’alieno ti direbbe «non sei intelligente perché potresti eliminare gli scarafaggi in modo più efficiente!». Quello che l’alieno non capisce è che puoi scegliere di fare una buca per passare il tempo, per giocare o magari per rilassarti, mentre puoi scegliere di disintegrare gli scarafaggi con una sparachiodi perché li odi visceralmente. Da questi esempi possiamo facilmente capire che l’intelligenza può anche essere non particolarmente intelligente, ma non per questo diventa meno complessa.
Cos’è l’intelligenza: bisogna fare una seconda considerazione, non esiste una sola intelligenza, ma molte. Howard Gardner ha infatti dimostrato che esistono almeno otto intelligenze diverse. Ne parlerò in un successivo approfondimento, quello che posso accennare è che le intelligenze diverse indicano la capacità cerebrale di svolgere diversi compiti attraverso aree cerebrali dedicate. Bisogna, però, fare attenzione ad identificare intelligenze diverse come se fossero separate.
Identificare intelligenze diverse è una forma di errore, perché identificare intelligenze non comunicanti non rappresenta in nessun modo la complessità della mente umana, dato che la mente funziona come un organismo unico e contemporaneamente modulare. La mente funziona come funzionerebbe un alimentatore che fornisca energia ad una lampadina: l’alimentatore fa parte di un sistema più complesso, ma non ne è consapevole perché il suo unico scopo è fornire energia. Stessa cosa succede alla lampadina, che riceve solo energia senza sapere da dove arrivi. I due elementi non comunicano (anche se la questione è più complessa), cionondimeno interagiscono.
E ora, dato che abbiamo definito un sistema in cui interagiscono due attanti (cioè due elementi che collaborano nella creazione di una storia o, nella mia accezione, di un obiettivo), possiamo arrivare al nodo cruciale riferendoci ad altri due attanti: un PC ed una stampante. Per comunicare dovranno utilizzare lo stesso codice, che altro non è che un linguaggio. Questo linguaggio dovrà essere assolutamente perfetto, se no le due macchine non si capiranno e non si azioneranno. Poniamo che queste due macchine, infine, riescano a comunicare.
Il PC deve ora computare una sintassi numerica che contenga le istruzioni necessarie alla stampa: informazioni sul font, sui colori, sulla distribuzione spaziale dei caratteri ecc. La stampante riceve queste informazioni e “decide” di stampare “leggendo” la semantica di quel linguaggio. Si può affermare che le due macchine abbiano comunicato? Si può affermare che questa breve comunicazione, inerente all’elaborazione delle informazioni, richieda intelligenza e che queste due macchine, di conseguenza, siano intelligenti?
I filosofi behavioristi (filosofi che studiano il comportamento umano) ci dicono che queste macchine sono “stupide” perché non hanno intenzionalità, cioè non stanno provando a comunicare perché vogliono farlo, ma solo perché rispondono ad un comando, ad uno stimolo fornito dall’utente terzo, che è l’operatore della macchina. È esattamente quello che succede ad un fiore quando percepisce i raggi del sole: il sole dà uno stimolo e il fiore ha una reazione. Punto. Il fiore non si domanda se sarebbe meglio aprirsi dopo perché non ha dormito abbastanza.
Passiamo dall’idea filosofica alla sua applicazione: secondo Herbert Simon la mente si suddivide in elementi gerarchici quasi scomponibili, ovvero suddivisibili in sottosezioni così come un libro si suddivide in capitoli, sottocapitoli, paragrafi e sottoparagrafi. Inoltre, sempre secondo Simon, i neuroni che compongono una specifica sezione gerarchica non comunicano consapevolmente con i neuroni delle altre sottosezioni. Per semplificare il concetto prenderemo in esame un famoso esperimento di pensiero, chiamato “La Stanza Cinese”, utilizzato dal filosofo John Searle per attaccare questa idea della mente-intelligente formata da elementi-non-consapevoli:
Un uomo che non conosce il cinese viene messo in una stanza. Da sotto la porta gli arrivano dei pezzi di carta pieni di scarabocchi. L’uomo ha una lunga lista di istruzioni come: “quando vedi questo scarabocchio, scrivi ‘sto scarabacchio e poi infilalo sotto la porta”. Lui segue le istruzioni senza problemi. Quello che non sa è che gli scarabocchi sono in realtà caratteri cinesi e che erano istruzioni di un programma di intelligenza artificiale per rispondere a domande in cinese.
L’uomo quindi ha collaborato ad una risposta senza avere idea di quello che stesse facendo. E la critica si riduce a questo concetto: se volere una cosa equivale a comprenderla (l’intenzionalità implica che l’obiettivo perseguito sia noto al soggetto che intende raggiungere quell’obbiettivo), allora l’intelligenza non può essere composta da elementi inconsapevoli. Per cui l’uomo dell’esempio che manipola i segni (identificabile con il neurone) deve comprendere il cinese. Questa argomentazione rimane sospesa, seppur ampiamente contestata, in quanto il concetto stesso di intenzione è ancora ben lungi dall’essere definito neurologicamente.
Quello che sappiamo per certo è che l’intelligenza, anche se non sappiamo definirla, ha a che fare con delle informazioni acquisite, ed è un punto di partenza per definire cos’è l’intelligenza. Investendo energie nell’acquisizione delle informazioni, si possono elaborare diversamente e inaspettatamente le informazioni che vengono dall’esterno. Un’altra particolarità della nostra coscienza è che quando impariamo qualcosa, e quindi facciamo un’esperienza, modifichiamo quell’esperienza mentre la viviamo. Se, ad esempio, sei una persona che “vede il bicchiere mezzo vuoto” e vedi un uomo correre con un portafoglio in mano, allora potresti pensare che lo stia rubando.
Se invece sei dolce come il miele potresti pensare che lo stia restituendo. Questo è un esempio banale, ma fa capire che quello che esperisci, cioè quello che vivi, lo modifichi e lo conservi. Ma come fai a conservare quell’esperienza? Non abbiamo mica dei cassetti nel cervello. Non sappiamo esattamente in che modo le informazioni vengano conservate (ne parleremo in un altro approfondimento). Sappiamo, però, che le informazioni vengono trasportate dai neuroni sotto forma di segnali elettrici. Ma l’informazione che viene conservata e trasmessa è passata tra una serie di diversi stati.
Stai leggendo questo articolo. Dal display da cui lo stai leggendo escono delle radiazioni elettromagnetiche dette fotoni, che trasportano informazioni sull’oggetto. I tuoi occhi recepiscono questi fotoni tramite diverse cellule. L’informazione viene quindi riflessa nella retina e si “trasforma” in informazione chimica. Questa informazione viene poi elaborata in modo da essere interpretabile per il cervello, e qui l’informazione “diventa” elettrica. Il cervello riceve i segnali, li computa e li ritrasmette restituendo la rappresentazione basata su colore, forma, profondità e consistenza dell’articolo. L’informazione, nel mio esempio, è passata in tre diversi stati, ma è rimasta abbastanza fedele all’originale tanto da permetterti di capire quello che succede davanti a te.
Una volta elaborata, questa informazione viene inserita in un sistema complesso in cui interagisce con le informazioni precedentemente conservate. Date delle informazioni incomplete come: «peloso» e «a quattro zampe» tu non penserai al rinoceronte, ma penserai ad un cane o ad un gatto. E perché non pensi alla tigre della Tasmania o ad una tigre? Intanto la mente riesce ad associare cose diverse perché funziona come un autoassociatore, che forse tratterò in un ulteriore approfondimento. Per ora, per capire fino in fondo il concetto di mente-che-associa-le-cose, ti faccio un ultimo esempio con la parola cane: cane è una parola che contiene, secondo la definizione linguistica di contenuto semantico, il significato di (+peloso), (+a quattro zampe), (+emette un latrato), (+coccolone) e così via. Più in profondità troviamo altre informazioni più generiche come (+animale domestico), (+vivo), (+respira) e così via.
Quindi la mente, si pensa, è costruita intorno a questi piccoli pezzettini di materia che non sono altro che informazioni. Però, all’informazione «dimmi un animale a quattro zampe» ad ognuno di noi viene in mente un animale diverso. Questo dipende dal peso dell’informazione. Come un alimentatore moderno tende a compensare le carenze energetiche in un sistema, così il tuo cervello stimola maggiormente le informazioni che reputa più rilevanti.
Determinate informazioni le utilizzi da tutta una vita e hanno creato moltissimi collegamenti con altri referenti, cioè con le altre informazioni. Man mano che ti verranno fornite informazioni aggiuntive, il tuo cervello spegnerà i neuroni che identificano le altre informazioni che non ti servono, come (-becco) e (-sistema solare). Alla fine, associando gli elementi più rilevanti (il concetto di rilevanza è complesso, sto semplificando), riuscirai a capire di cosa si sta parlando.
Questo articolo ha analizzato in modo semplice una tematica ben più complessa: cioè, cos’è l’intelligenza. Nei successivi approfondimenti parlerò in modo più specifico di come funziona la memoria e di come, senza i meccanismi inerenti alla narrativa, l’essere umano non sarebbe mai esistito per come lo conosciamo.
A cura di Mirko Vitamia