Il distanziamento sociale, nell’ultimo anno, ha scandito le nostre giornate al fine di fermare la diffusione del COVID-19. Per noi essere umani risulta essere un atteggiamento alquanto innaturale. Altre tipologie di animali svolgono in maniera intuitiva qualcosa di molto simile. La differenza risiede nel fatto che tali specie non necessitano di regolamenti per mantenerli in linea. Allontanarsi dagli altri quando si è malati, per gli animali, è una conseguenza naturale della malattia.
Gli esseri umani tendono, in alcuni casi, a sopprimere l’istinto di allontanamento sociale spinti dalla necessità di adempiere ai propri compiti in ambito lavorativo o sociale. Uno degli ultimi articoli riportati su Science, analizza il comportamento di differenti animali che si isolano per evitare la diffusione del contagio nel gruppo.
“Guardare animali non umani può dirci qualcosa su ciò che dobbiamo fare come società per fare in modo che gli individui possano comportarsi in modo adeguato. Questo garantirebbe la protezione sia di se stessi che della società nel suo insieme”, spiega la biologa Dana Hawley di Virginia Tech.
Insetti noti come eusociali – quindi api, formiche e termiti – sono strettamente legati alle loro colonie dunque si può pensare difficile un loro allontanamento. In realtà non è proprio così. Formiche e termiti, in particolare, a volte possono inviare segnali di avvertimento ad altri nella loro comunità anche 15 minuti dopo l’esposizione a un agente patogeno, prima di essere totalmente infettati.
Quando si confrontano con le spore fungine, ad esempio, alcune specie di termiti iniziano immediatamente a vibrare. La vibrazione è un segnale per far sapere ai loro compagni di nido che devono essere evitate oppure per attivare una pulizia di massa. Quest’ultima operazione può esporre a pericoli gli altri intorno a loro, ma aiuta anche ad affrontare l’infezione prima che provochi troppi danni.
In altri casi è il gruppo che abbandona l’individuo malato. Quando un essere umano è malato, ad esempio, tende ad avere un aspetto diverso, uno dei tanti segnali che può far sapere alle altre persone di prestare attenzione per non rischiare il contagio. “Se sei seduto su un aereo e qualcuno accanto a te sta tossendo, potresti essere meno propenso a voler parlare con loro, o potresti sporgerti da un lato del tuo sedile”, spiega Hawley.
Le api hanno un atteggiamento più aggressivo nel rispondere a potenziali infezioni. Quando la salvaguardia dell’alveare è tutto, è noto che le api sane costringano i malati all’isolamento, a volte anche trascinandoli all’esterno. “L’esclusione forzata non è stata dimostrata sperimentalmente nei mammiferi, sebbene esistano prove osservative [in alcuni primati] e la quarantena forzata si sia verificata nel corso della storia umana”, affermano gli autori della ricerca.
Se si guarda tutto al regno animale, l’autoisolamento e il distanziamento sociale hanno un forte impatto nella diffusione del contagio. Questo comporta sicuramente degli svantaggi come la perdita della propria casa o del rapporto con i propri cari, ma le risposte dell’uomo possono determinare costi e benefici per decidere il modo migliore per proteggere la propria specie in futuro.
Rispondere attivamente alle infezioni è fondamentale, soprattutto per impedire la mutazione dell’agente. Nonostante venga scongiurato il pericolo dell’infezione, il distanziamento sociale può essere comunque importante per salvare vite in futuro. In conclusione, gli scienziati affermano che “gli esseri umani non sono affatto soli” nel loro isolamento per la battaglia alla diffusione delle malattie.