Comprensione della materia soffice, la svolta dai laboratori CNR italiani
Dai laboratori dell’Istituto Italiano per i processi chimico-fisici (Ipfc-Cnr) e dell’Istituto dei sistemi complessi (Isc-Cnr) del CNR in collaborazione con l’Università Sapienza di Roma, la notizia, pubblicata su Nature Materials, che in particolari condizioni uno specifico gel a bassissima densità dà origine a materiali estremamente leggeri e ultra-stabili, utilizzabili ad esempio in biomedicina per il trasporto di farmaci. Attualmente, le moderne tencniche di sintesi permettono di produrre particelle di diversi materiali e fogge, con dimensioni pari a un millesimo di millimetro. Fra queste sono noti i microgel polimerici, utilissimi sia nella ricerca che nelle applicazioni tecniche più disparate.
La materia soffice nel quotidiano
Convenzionalmente la materia è classificabile in tre classici stati fondamentali: gas, liquido e solido. Tuttavia, molti dei materiali con cui veniamo quotidianamente a contatto non sono univocamente assimilabili ad una delle predette categorie. Basti pensare alle schiume, alle emulsioni, ai gel per capelli o al dentifricio ed altri prodotti per l’igiene personale. Alcuni di questi materiali sono semplicemente composti da particelle solide disperse in acqua, e sono quindi una miscela di materiali in due stati fisici differenti.
Questi stati esotici della materia si comportano in modo molto differente dai tre di cui sono costituiti e in genere hanno proprietà meccaniche intermedie tra essi. Sono spesso definiti soffici proprio perché è possibile deformarli in seguito a una sollecitazione anche debole
Adriano Tiribocchi e Marco Lauricella, ricercatori Cnr-Iac, tra gli autori dello studio
E’ facilmente comprensibile quanto questi materiali abbiano innumerevoli e rilevanti risvolti applicativi. Sono infatti molto apprezzati nel campo dell’ingegneria biomedica per la progettazione di materiali porosi ispirati a tessuti viventi, nonchè in quello alimentare, per la produzione di cibi a basso contenuto calorico, oltre che in quello farmaceutico, per la somministrazione controllata e non invasiva di medicinali incapsulati all’interno delle gocce in sospensione.
Materia soffice, il significato fisico
La materia soffice o materia soffice condensata è una sottocategoria della materia condensata comprendente una varietà di stati fisici facilmente deformabili da variazioni termiche. Va ricordato che la sofficità è dipendente dalle proprietà degli elementi costituenti, in particolare, nella materia soffice si ha un sistema in cui le energie di legame trai componenti sono paragonabili all’energia termica. La materia soffice, comprende liquidi, colloidi, polimeri, schiume, gel, materiali granulari, e svariati tipi di materiali biologici.
Ma perché il comportamento di questi materiali risulta spesso intermedio tra quello di un liquido e quello di un solido? Si consideri che la composizione molecolare del sistema non è realmente così determinante. Infatti, ciò che fa la differenza è la struttura mesoscopica, cui i costituenti della materia soffice tendono spontaneamente a dar vita. Si tratta perciò di considerare lunghezze da 1 nm (10−9 m) a 1 μm (10−6 m), sapendo quanto detta struttura sia molto sensibile alle sollecitazioni meccaniche esterne. Per questo motivo, una delle definizioni globalmente più condivise di materia soffice è quella che segue: un corpo che resiste fortemente alla compressione, ma debolmente al taglio. Per comprendere meglio questa dicitura si consideri il lattice, formalmente detto gomma naturale a legami incrociati. Esso è facilmente deformabile ma la sua resistenza a cambiamenti di volume, misurata dal modulo di compressibilità, è alta quanto quella di un solido cristallino.
Lo studio italiano
Lo studio realizzato dall’Ipfc-Cnr e dall’Istituto dei sistemi complessi (Isc-Cnr) del CNR in collaborazione con l’Università di Roma Sapienza e con la European synchrotron radiation facility (Esrf) di Grenoble, è di importanza cruciale in questo momento storico. I materiali rinvenuti sono infatti ampiamente utilizzabili nel trasporto di farmaci, o di vaccini, essendo estremamente leggeri e biocompatibili. Ma questa è solo una delle possibili applicazioni di questi prodotti, che trovano impiego anche nei settori aerospaziale, conservazione dei beni culturali ed alimentare.
Lo studio è stato condotto lavorando su di una soluzione di argilla colloidale. In questo contesto si è osservata la prima prova sperimentale dell’esistenza dei gel di equilibrio estremamente stabili. Ha perciò avvalorando per la prima volta una teoria predetta negli anni scorsi dal team guidato da Francesco Sciortino, professore di Fisica alla Sapienza. Il tutto rappresenta un’assoluta novità, poichè di norma, le dispersioni colloidali separano in due fasi, con quella densa che si arresta dando vita ad un gel di natura estremamente instabile nel tempo. Il fatto di non poter controllare lo stato finale dei gel, li rendeva pressoché inutilizzabili in campo industriale e tecnologico, da quì l’importanza del risultato dello studio.
Ma non è tutto, per quanto riguarda la fase liquida invece, è stato scoperto il cosiddetto liquido vuoto. Sostanzialmente, le argille quando sciolte in acqua formano una soluzione colloidale organizzata in dischi di dimensioni nanometriche. La distribuzione di carica netta dei dischi, è negativa sulle facce, e positiva sui bordi, il che determina interazioni fra i dischi stessi fortemente direzionali. Questo implica una separazione di fase densa liquida molto lenta, che a sua volta genera un liquido – diversamente dal solito -notevolmente rarefatto, definito perciò “vuoto”.
Ciò accade conseguentemente al fatto che le particelle colloidali in fase liquida, si bloccano in uno stato di gel a bassa densità, ossia costituito da pochissima materia. I liquidi vuoti, hanno apporto decisivo nella realizzazione di materiali estremamente leggeri ma soprattutto duraturi, quindi potenzialmente adatti a nanocomposti biomedici, ad esempio. Va infine precisato, che il nuovo stato della materia è stato osservato nell’argilla sintetica normalmente impiegata nell’industria dei nanocompositi, come addensante per vernici, e in numerosi prodotti cosmetici, quindi in un materiale già molto diffuso e semplice, il che attesta la non settorialità del risultato.