Rai Radio 1, Radio Radicale, R101, RTL 102.5. Sono solo alcune delle trasmissioni radiofoniche più famose in Italia. Molti, durante il tempo trascorso alla guida di una vettura, amano sintonizzarsi con la propria radio preferita, ascoltando notizie, previsioni metereologiche e musica per tutti i gusti. La radio è una tecnologia talmente diffusa che è ormai diventata quasi banale. Ma vi siete mai chiesti come funziona una radio e il perché riusciamo ad ascoltare la musica in modalità wireless?
Prima di addentrarci nei meandri della scienza, è bene chiarire il significato della parola radio, che spesso viene confuso. Lasciando da parte i significati che la parola assume se coniugata al maschile, con questo termine possiamo indicare tre cose diverse:
In questo articolo ci focalizzeremo sul terzo significato, andando a scoprire quali sono i principi fisici che ci consentono di ascoltare canzoni anche a decine di chilometri di distanza dalla sorgente.
La radio nacque negli ultimi anni del diciannovesimo secolo, dopo gli studi teorici dei fisici dell’epoca sull’elettromagnetismo. Il brevetto è dell’italiano Guglielmo Marconi, studente di fisica all’Università di Bologna. Il giovane Marconi si interessò all’elettromagnetismo e propose al suo professore, Augusto Righi, la sua idea. Egli riteneva possibile trasmettere un segnale a lunghissima distanza senza fili, superando quindi la tecnologia relativa al telegrafo.
Marconi non aveva considerato che le onde elettromagnetiche si propagano in linea retta, ma fu fortunato. Infatti, grazie alla presenza della ionosfera, le onde rimbalzano e tornano indietro, garantendo una trasmissione del segnale transoceanica.
Nel 1901, Marconi invia un segnale dal Regno Unito, riuscendo a recapitarlo in Canada. È questo l’incredibile avvenimento che segna la nascita del “telegrafo senza fili”.
Ma come è possibile inviare un segnale “invisibile”? Come riescono i dispositivi elettronici a inviare e ricevere segnali? Rispondere a queste domande non è banale, soprattutto perché non possiamo toccare con mano i meccanismi alla base delle trasmissioni radiofoniche. Mentre è semplice osservare la propagazione delle onde del mare quando buttiamo dentro un sasso, è molto più arduo immaginare musiche e suoni che viaggiano chissà dove e arrivano dritti nelle nostre case.
La risposta a questo dilemma ce la dà la fisica, e in particolare la branca che si occupa di studiare le onde elettromagnetiche.
La corrente che scorre nelle nostre case, dal punto di vista fisico, non è altro che una variazione della quantità di carica in un dato intervallo di tempo. Una carica ferma (ad esempio un elettrone) genera un campo elettrico, mentre una carica in movimento genera un campo magnetico. Grazie a questo principio fisico sperimentale si possono dedurre le leggi di Maxwell, che ci dicono che i due campi sono intrinsecamente legati. Se consideriamo una carica come una sorgente e la facciamo oscillare, si crea quella che prende il nome di onda elettromagnetica.
Un’onda elettromagnetica non è altro che una reazione “a domino” che si crea in virtù delle proprietà di campo elettrico e campo magnetico. Per visualizzare meglio il concetto, possiamo associare la carica elettrica al sasso che lanciamo nel laghetto. Così come il sasso genera delle onde concentriche, trasferendo una certa “informazione” al nostro amico che si trova dall’altra parte del lago, così la carica oscillante trasferisce un segnale attraverso l’aria. L’unica, grossa, differenza è che nel secondo caso l’occhio umano non può percepire ciò che sta accadendo.
Per poter trasmettere con successo un segnale elettromagnetico occorrono due dispositivi diversi, situati anche a una distanza notevole l’uno dall’altro. Si tratta in entrambi i casi di antenne, ovvero dispositivi ormai di uso comune che fungono da trasduttori. In soldoni, significa che sono in grado di trasformare un’onda elettromagnetica in un segnale elettrico – che viene successivamente elaborato dai circuiti elettronici – e viceversa. Una delle due antenne funge da radiotrasmettitore e l’altra da radioricevitore.
Le onde radio hanno in genere una frequenza che va da qualche decina di Hz a circa 300 GHz. Per poter trasmettere con successo un’onda radio occorre definire in partenza una frequenza e una modulazione. Le due modulazioni più famose sono AM e FM. Nell’ultimo caso si parla di modulazione di frequenza, ovvero la radio della nostra auto si sintonizza su una frequenza compresa fra gli 87,5 e i 108 MHz. Cambiando la frequenza, imponiamo all’antenna posta sul tettuccio di captare segnali più o meno “rapidi”, diversi fra loro. A seconda delle bande acquistate dalle compagnie radiofoniche, variazioni di frequenza corrispondono a “cambiare canale”, ovvero ricevere trasmissioni completamente diverse l’una dall’altra.
Accade spesso, purtroppo, che ci siano interferenze. Ciò accade perché l’altra grandezza fondamentale quando si parla di trasmissioni radiofoniche è la lunghezza d’onda, ovvero la distanza dopo la quale il segnale periodico si ripete. Nel caso delle onde radio, considerando le frequenze tipiche della FM, la lunghezza d’onda è dell’ordine di 3 o 4 metri. Se lungo il tragitto compiuto dall’onda viene interposto un ostacolo, la ricezione sarà disturbata. L’effetto di disturbo sarà maggiore quanto più gli ostacoli hanno proprietà ferromagnetiche, in quanto fungeranno da vere e proprie “gabbie di Faraday“, schermando la trasmissione.
Lo stesso accade quando ci allontaniamo troppo dalla sorgente. Infatti, esistono migliaia di radio locali in Italia che possono essere ascoltate in FM solo se il dispositivo ricevente si trova vicino all’antenna trasmittente. In genere, il segnale delle radio locali viene perso quando ci si allontana a più di una ventina di km dalla fonte.
Le onde radio non vengono utilizzate solo per le trasmissioni radiofoniche, come in molti pensano. Esse vengono usate anche per visualizzare i contenuti visivi sulle nostre televisioni, sia grazie ai satelliti che grazie al digitale terrestre. Ma l’utilizzo ormai planetario e diffusissimo è quello legato alla telefonia. Tutte le nostre chiamate vengono gestite tramite onde radio emesse e ricevute da antenne poste sulla superficie terrestre e dai nostri smartphone.
Insomma, la radio è sicuramente la tecnologia che più di tutte ha rivoluzionato il mondo della fisica sperimentale e la vita di tutti noi.