Se lo sapesse Darwin

Kraken: le nuove tecniche di indagine portano a risultati inaspettati

La ricerca del temibile Kraken ha portato a risultati inaspettati. Il Kraken è un mostro leggendario da secoli descritto come un enorme calamaro o una piovra gigante. Secondo i racconti, l’animale poteva catturare una nave con i suoi tentacoli e trascinarla negli abissi. Nonostante la leggenda abbia antichissime radici, è nel XVII secolo che si diffonde nelle superstiziose menti dei marinai. Gli studiosi hanno continuato le ricerche con l’intento di svelare il mistero e quanto scoperto è notevole.

Il Kraken come Nessie: misteri che attraversano i secoli

Le testimonianze sul Kraken sono antiche e fomentate da tradizioni e superstizioni. Alcuni hanno riportato diversi avvistamenti del mostro nel corso dei secoli ma ciò non era sufficiente a provarne l’esistenza. Il mistero del Kraken ha seguito la stessa sorte di Nessie, il mostro di Lockness, in un limbo di incertezze. Finora non è stato possibile confermare l’esistenza di Nessie ma le stesse ricerche non sono state sufficienti per escluderne la presenza. Il mistero non è ancora stato svelato ma quanto fatto finora ci avvicina alla verità. Ancora una volta gli studi e le ricerche non bastano per negare l’esistenza del mostro di Loch Ness. La comparazione del DNA difatti ha solo escluso alcune ipotesi e rafforzato quella dell’anguilla gigante.

Per quanto riguarda invece il Kraken, solo la Dott.ssa Edith Widder della Ocean Research & Conservation Association, è riuscita ad immortalare un calamaro gigante vivo con una macchina fotografica. Attraverso nuove ricerche, sempre la Dott.ssa Widder con il suo team di scienziati, ha finalmente rivelato i segreti per incontrare piovre giganti e condiviso video e immagini mai pubblicate prima.

Esistono davvero i mostri marini?

Che negli abissi nuotino creature magnifiche e sconosciute è noto già da secoli. Nel romanzo datato 1870 di Jules Verne, “Ventimila leghe sotto i mari”, il protagonista Pierre Aronnax spiega al fiociniere Ned Land che l’oceano può nascondere mostri. Con semplici calcoli, il personaggio di fantasia dimostra che gli abitanti abissali possono sopportare alte pressioni a profondità elevate, grazie ad una struttura fisica diversa dalla nostra. Difatti è ormai conclamato che negli ambienti più ostili vivono animali e piante capaci di adattarsi all’estremo. Gli esseri viventi che abitano gli abissi differiscono tantissimo da quelli che vivono in superficie. La loro struttura anatomica e fisiologica è il risultato dell’ottimizzazione naturale che sempre crea con quella filosofia scoperta da Charles Darwin. Se da un lato sono perfetti per vivere a pressioni elevate e buio pesto, tutt’altro si può dire del loro aspetto per il quale l’appellativo “mostro” è purtroppo valido.

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Ecco come si presenta il Kraken scoperto dalla Scienza

Il calamaro gigante è il più grande invertebrato (animale privo di spina dorsale) sul nostro pianeta. Può raggiungere la lunghezza di 14 metri, dove i tentacoli rappresentano la maggior parte del corpo. Quanto appena detto lascia supporre che un eventuale Kraken non sia difficile da individuare, tuttavia occorre ricordare che tali animali non vivono in superficie. Le piove giganti abitano gli oceani ad oltre 400 metri di profondità, dove la luce solare è bassissima. A causa della poca luminosità, il calamaro gigante ha occhi enormi, i più grandi del mondo animale.

Gli occhi dei calamari giganti sono di circa 30 cm di diametro e possono distinguere oggetti anche con poca luce. Se quanto detto potrebbe lasciarci indifferenti, in realtà è proprio il motivo per cui la ricerca del Kraken il più delle volte fallisce. Grazie ai suoi enormi occhi, questi animali possono evitare sottomarini e telecamere subacquee. Il successo della Dott.ssa Edith Widder sta proprio nell’impiego di una particolare telecamera impercettibile per gli animali.

La Dott.ssa Edith Widde svela il suo segreto per scovare i calamari giganti

La telecamera subacquea adatta a scovare il Kraken usa luci rosse non troppo forti, al contrario delle tradizionali luci bianche e brillanti. I sottomarini come i droni difatti usano per lo più fonti luminose molto forti per vincere l’oscurità che si presenta ad alte profondità. Il calamaro non è in grado di distinguere una luce rossa, ecco perché sistemi che sfruttano tali strumenti di illuminazione sono per l’animale quasi invisibili.

Ocean Research & Conservation Association

Oltre ad efficaci strumenti, occorrono esche che attirino gli animali in modo da poterli riprendere il più vicino possibile. I calamari, come abbiamo detto, fuggono da luci troppo forti eppure è dimostrato che cacciano anche prede in grado di creare una propria luce (bioluminescenza). La dottoressa utilizza un’esca appositamente realizzata per lo scopo, chiamata E-Jelly, la quale imita la bioluminescenza di alcune meduse. Il Kraken, scambiando la luce per una preda, si avvicina ad E-Jelly e viene così catturato dalla camera.

Sapere di più sui calamari giganti per difendere il nostro pianeta

L’uso di luci rosse e l’esca E-Jelly è la combinazione vincente che ha permesso le prime riprese di calamari giganti dal vivo sia in acque giapponesi che negli Stati Uniti. L’efficacia di questa tecnica per le riprese di grandi calamari d’altura consente di ottenere foto e video sempre più coinvolgenti e che aiutano a scoprire i segreti di questi animali poco conosciuti. L’importanza di conoscere la vita dei calamari giganti risiede nel fatto che possiamo apprendere gli effetti dei cambiamenti climatici anche sulle specie che vivono ad elevate profondità. È importante sapere come questi animali si adattano all’inquinamento marino, come sostiene il Dr. Nathan Robinson, ricercatore presso Cape Eleuthera Institute nonché autore principale di questo studio:

 “Senza queste informazioni, il futuro di queste specie enigmatiche rimarrà incerto”.

Apprendere dagli esseri viventi è ormai una priorità

Abbiamo detto che una enorme varietà di esservi viventi abissali è ancora sconosciuta. Ciò che sappiamo è davvero soltanto la punta dell’iceberg appunto per la difficoltà di operare a profondità elevatissime. Nelle profondità oceaniche si nascondono organismi bizzarri, dalle caratteristiche sconosciute ed è compito della comunità scientifica proseguire con la ricerca. La Scienza deve prendere spunto da quanto la Natura ha fatto perché imitandola la si può proteggere ottenendo il massimo del risultato. Quanto appena esposto è il fulcro della biomimesi, disciplina recente ma radicata nell’essere umano da sempre.

L’essere umano ha infatti sempre preso spunto dalla natura per risolvere i problemi quotidiani perché ogni soluzione è a portata di mano, intorno a noi. Il compito più difficile resta quello di raccogliere dati e studiare tali estreme forme di vita aiutandoci con la tecnologia. La comunità scientifica scopre sempre nuovi tratti prima ignoti, grazie a tecniche e procedure man mano migliorate. Sarà uno studio infinito? Non riusciremo a scoprire tutti i segreti della Natura? L’importante è proseguire, percorrendo una strada imprevedibilmente emozionante: seppur non sappiamo dove essa conduce, accontentiamoci di meravigliarci ad ogni passo.

Published by
Christian Cione