Scienza

Ecco la pasta che si automodella

In un futuro non troppo lontano butteremo la pasta in pentola piatta e senza forma. Lo straordinario studio del Morphing Matter Lab della Carnegie Mellon University di Pittersburgh sembra aver messo a punto la pasta del futuro, che da cruda e piatta riesce ad automodellarsi nell’acqua bollente. Rigatoni, fusilli e penne si formeranno solo durante la cottura partendo da piccole sfoglie. L’obiettivo? Ridurre i costi di produzione, confezionamento e trasporto e l’impronta ecologica dell’alimento.

Il segreto della nuova tecnica di produzione della pasta

La pasta ideata dai ricercatori è perfettamente identica a quella che siamo abituati a mangiare sia per sapore che per consistenza. D’altronde, l’impasto utilizzato per mettere a punto il prototipo è quello di sempre: semola di grano duro e acqua. Cos’ha, quindi, di così speciale da permettere di assumere svariate forme tridimensionali partendo da una condizione piatta? L’impasto, in realtà, presenta minuscole scanalature con particolari schemi tramite i quali la stessa pasta, a contatto con l’acqua calda, può trasformarsi in varie forme: tubi, spirali, onde, eccetera. Ripiegandosi su se stessa durante la cottura, la pasta riesce a raggiungere le forme tradizionali con le quali si presenta normalmente negli scaffali dei supermercati. Le diverse forme sono ottenibili modificando opportunamente la profondità e la spaziatura delle scanalature presenti.

Il gusto e la consistenza sono i due fattori principali nell’industria alimentare.

Wen Wang, autore dello studio

Immagine raffigurante i risultati degli esperimenti relativi a diverse forme di pasta. Credits: Science Advances

Tramite l’inserimento dei dati ottenuti dai ricercatori all’interno di modelli informatici, è possibile automatizzare la tecnica e facilitare per i produttori di pasta la realizzazione delle forme desiderate.

Com’è nata l’idea alla base dell’esperimento

Alla base dello studio pare esserci l’idea di uno degli autori principali, Ye Tao, il quale ha spiegato di aver testato la pasta piatta per un’escursione. Non solo la confezione ha occupato meno spazio nello zaino: la pasta, in un formato sicuramente più compatto, non si è nemmeno rotta durante il trasporto, e cuocerla con un fornello da campo si è rivelato piuttosto semplice. Ecco quindi sorgere spontanea la domanda: perché non pensare ad una tecnologia in grado di ridurre il gran numero di imballaggi attualmente prodotto e di conseguenza anche l’inquinamento?

L’impatto della nuova tecnica sull’ambiente

L’approccio senz’altro innovativo adottato dagli scienziati potrebbe ben presto essere adottato in ambito industriale. La creazione di una scanalatura può essere raggiunta facilmente a partire da metodi di produzione a basso costo. Naturalmente, la fase successiva prevede il raggiungimento della scalabilità, ossia la creazione di processi industriali per produrre in grandi quantità. Ciò non solo permetterebbe di riscuotere un grande successo in termini di risparmio sugli imballaggi, grazie alla riduzione di aria presente all’interno. Secondo i ricercatori, l’utilizzo di questo prodotto potrebbe addirittura avere un forte e positivo impatto ambientale anche in cucina: la pasta piatta può infatti cuocere molto più velocemente rispetto a quella tradizionale, e ciò consentirebbe una riduzione dell’impronta di carbonio in cucina.

Siamo stati ispirati dai mobili imballati in modo piatto e dal modo in cui hanno risparmiato spazio, reso più facile lo stoccaggio e ridotto l’impronta di carbonio associata al trasporto.

Lining Yao, direttore del Morphing Matter Lab

Published by
Giovanni Maida