Perché una società sta cercando di riportare in vita il mammut lanoso?
Diecimila anni dopo la scomparsa del mammut lanoso dalla Terra, gli scienziati stanno intraprendendo un ambizioso progetto per riportare questi animali nella tundra artica. Da oltre un decennio, gruppi di ricerca discutono – più o meno seriamente – riguardo alla prospettiva di ricreare i mammut e riportarli in natura. Ma, lunedì 13 settembre 2021, un team di ricercatori ha annunciato nuovi finanziamenti che potrebbero trasformare il loro sogno in realtà.
La spinta arriva dai 15 milioni di dollari raccolti dalla società di bioscienze e genetica Colossal, co-fondata da Ben Lamm, un imprenditore tecnologico, e George Church, professore di genetica alla Harvard Medical School che ha aperto la strada a nuovi approcci all’editing genetico. L’azienda condurrà esperimenti nei propri laboratori a Boston e Dallas. “Questa è una pietra miliare per noi“, ha detto Church, che per otto anni ha guidato un piccolo team di ricercatori sviluppando gli strumenti per far rivivere il mammut lanoso. “Farà tutta la differenza del mondo.”
L’utilizzo dell’editing genico per far tornare sulla Terra il mammut lanoso
Un ex ricercatrice nel laboratorio del dottor Church, Eriona Hysolli, supervisionerà gli sforzi della nuova società per modificare il DNA degli elefanti, aggiungendo geni per dare loro tratti del mammut lanoso come peli densi e grasso denso per resistere al freddo. Si inizierà prelevando cellule della pelle da elefanti asiatici – i quali sono una specie a rischio estinzione – e riprogrammandole in cellule staminali più versatili in grado di contenere DNA di mammut. Successivamente, confrontando i genomi dei mammut estratti da animali recuperati dal permafrost con quelli dei relativi elefanti asiatici, verranno identificati i geni responsabili dei peli, degli strati di grasso isolante e di altri adattamenti al clima freddo.
Al fine di portare a termine questi embrioni, gli scienziati stanno pensando di utilizzare una madre surrogata o potenzialmente un utero artificiale. Se tutto proseguirà nel verso giusto – e gli ostacoli sono tutt’altro che banali – i ricercatori sperano di avere i loro primi vitelli nell’arco di sei anni. “Il nostro obiettivo è creare un elefante resistente al freddo, ma che sembrerà e si comporterà come un mammut. Non perché stiamo cercando di ingannare qualcuno, ma perché vogliamo qualcosa che sia funzionalmente equivalente al mammut, che viva a -40 °C e che faccia tutte le cose che fanno gli elefanti e i mammut, in particolare abbattere gli alberi”, ha detto Church al quotidiano britannico The Guardian.
I primi passi mossi verso l’obiettivo
L’idea alla base di Colossal è emersa per la prima volta in pubblico nel 2013, quando il dottor Church l’ha abbozzata in un discorso alla National Geographic Society. All’epoca, i ricercatori stavano imparando a ricostruire i genomi di specie estinte sulla base di frammenti di DNA recuperati dai fossili.
Il dottor Church, noto soprattutto per aver inventato modi di leggere e modificare il DNA, si chiedeva se potesse far rivivere efficacemente una specie estinta riscrivendo i geni di un parente vivente. Poiché l’elefante asiatico e il mammut lanoso condividono un antenato comune vissuto circa sei milioni di anni fa, il dottor Church ha pensato che sarebbe stato possibile modificare il genoma di un elefante per produrre qualcosa che assomigli e si comporti come un mammut.
Ma perché dovremmo far tornare in vita il mammut lanoso?
Il progetto ha un duplice obiettivo. Da una parte, è concepito come uno sforzo per aiutare a conservare gli elefanti asiatici dotandoli di tratti che consentano loro di prosperare in vaste distese dell’Artico conosciute come la “steppa dei mammut”. Dall’altra, gli scienziati ritengono anche che l’introduzione di branchi di ibridi elefanti-mammut nella tundra artica possa aiutare a ripristinare l’habitat degradato e combattere alcuni degli impatti della crisi climatica. Ad esempio, abbattendo alberi, questi animali potrebbero aiutare a ripristinare le ex praterie artiche. Lamm ha dichiarato: “Il nostro obiettivo non è solo riportare in vita il mammut, ma riportare mandrie ibridabili che vengono reinselvatichite con successo nella regione artica”.
Gareth Phoenix, professore di ecologia delle piante e del cambiamento globale presso l’Università di Sheffield, ha dichiarato: “Mentre abbiamo bisogno di una moltitudine di approcci diversi per fermare il cambiamento climatico, dobbiamo anche avviare soluzioni responsabili per evitare conseguenze dannose indesiderate. Questa è una grande sfida nel vasto Artico, dove ci sono diversi ecosistemi esistenti in diverse condizioni ambientali.
“Ad esempio, i mammut vengono proposti come soluzione per aiutare a fermare il disgelo del permafrost perché rimuoveranno gli alberi, calpesteranno e compatteranno il terreno e convertiranno i paesaggi in praterie, che possono aiutare a mantenere il terreno fresco. Tuttavia, sappiamo che nelle regioni artiche boscose gli alberi e la copertura di muschio possono essere fondamentali per proteggere il permafrost, quindi rimuovere gli alberi e calpestare il muschio sarebbe l’ultima cosa che vorresti fare”.
Scetticismo sulla realizzazione, anche dal punto di vista etico, di una tale impresa
Alcuni ricercatori sono molto scettici sul fatto che Colossal possa portare a termine un’impresa del genere. “Il mio pensiero personale è che le giustificazioni fornite – l’idea che si possa geo-ingegnerizzare l’ambiente artico usando un branco di mammut – non sono plausibili”, ha affermato la dottoressa Victoria Herridge, paleontologa presso il Museo di storia naturale di Londra. “La scala alla quale dovresti fare questo esperimento è enorme. Stai parlando di centinaia di migliaia di mammut che impiegano 22 mesi per la gestazione e 30 anni per crescere fino alla maturità”.
Alcuni studiosi avanzano anche questioni di carattere etico: se Colossal riuscisse nell’impresa, sarebbe giusto produrre un animale di cui conosciamo così poco la biologia? Chi prenderebbe la decisione sulla possibilità di liberarli in natura potenzialmente per cambiare in modo profondo gli ecosistemi delle tundre? “Ci sono un sacco di problemi che tutti incontreranno lungo la strada“, ha detto Beth Shapiro, biologa molecolare evoluzionista, professoressa nel dipartimento di ecologia e biologia evolutiva presso l’Università della California Santa Cruz e autrice di “Come clonare un mammut“.
Anche Heather Browning, filosofa della London School of Economics, ha espresso delle perplessità di carattere etico, affermando che qualunque beneficio il mammut lanoso potrà avere per la tundra dovrà essere valutato rispetto alla possibile sofferenza che potrebbero provare questi animali nell’essere creati dagli scienziati. “Una volta che c’è un piccolo mammut o due a terra, chi si assicura che vengano accuditi?“
Forse il mammut lanoso no, però qualcun altro potrebbe beneficiare di tutta questa tecnologia
La dottoressa Shapiro, sebbene sia scettica sulle prospettive dell’azienda, ne ha applaudito il lancio e spera che fornirà progressi scientifici che potrebbero aiutare le specie in via di estinzione ma non ancora estinte. Ad esempio, gli scienziati potrebbero essere in grado di utilizzare i progressi di Colossal per salvare le specie minacciate da malattie dotandole di geni per la resistenza a un agente patogeno, ha affermato. Altre specie potrebbero essere modificate con geni per tollerare meglio il caldo e la siccità causati dai cambiamenti climatici.
“Temo che per molte specie oggi il ritmo del cambiamento climatico e il ritmo del degrado dell’habitat siano tali che l’evoluzione non sarà in grado di salvarle“, ha detto la dottoressa Shapiro. “Dobbiamo intervenire ancora di più”.