Biologia

Bioplastica riciclata in fertilizzante

La plastica ha preso d’assalto il nostro mondo nel corso dell’ultimo secolo, trovando applicazioni praticamente in ogni aspetto della nostra vita. Tuttavia, l’ascesa di questi polimeri sintetici, che costituiscono la base della plastica, ha contribuito a molti gravi problemi ambientali. Il peggiore di questi è l’uso eccessivo di composti petrolchimici e lo smaltimento di materiali non biodegradabili senza riciclo; solo il 14% di tutti i rifiuti plastici viene riciclato. La bioplastica convertita in fertilizzante potrebbe essere una soluzione a questo problema.

Bioplastica come fertilizzante

Per risolvere l’enigma della plastica, abbiamo bisogno di sviluppare sistemi “circolari”, in cui i materiali di partenza usati per produrre la plastica entrano in circolo dopo lo smaltimento e il riciclaggio. Al Tokyo Institute of Technology, un team di scienziati guidato dal professore assistente Daisuke Aoki e dal professore Hideyuki Otsuka sta sperimentando un nuovo concetto. Nel loro nuovo processo ecologico, la plastica prodotta usando la biomassa (bioplastica) è riciclata chimicamente di nuovo in fertilizzanti. Questo studio è stato pubblicato il 28 ottobre 2021 su Green Chemistry, una rivista della Royal Society of Chemistry che si concentra sulla ricerca innovativa sulle tecnologie sostenibili ed ecologiche.    

L’utilizzo dei prodotti di degradazione del PIC come fertilizzante ricco di azoto chiude un ciclo sostenibile che rende le bioplastiche un’opzione molto più attraente per affrontare i problemi ambientali posti dalle plastiche convenzionali a base di petrolio. Credits: Daisuke Aoki del Tokyo Institute of Technology

Un nuovo policarbonato a base biologica

Il team si è concentrato sul poli isosorbide carbonato, o “PIC”, un tipo di policarbonato a base biologica che ha attirato molta attenzione come alternativa ai policarbonati a base di petrolio. Il PIC è prodotto usando un materiale non tossico derivato dal glucosio chiamato isosorbide (ISB) come monomero. La parte interessante è che i legami di carbonato che uniscono le unità ISB possono essere tagliati usando l’ammoniaca (NH3) in un processo noto come “ammonolisi”. Il processo produce urea, una molecola ricca di azoto che è ampiamente usata come fertilizzante. Mentre questa reazione non era un segreto per la scienza, pochi studi si sono concentrati sugli usi potenziali di tutti i prodotti di degradazione invece che solo dei monomeri.

La degradazione del PIC

In primo luogo, gli scienziati hanno studiato quanto bene l’ammonolisi completa del PIC potesse essere condotta in acqua a condizioni miti (30°C e pressione atmosferica). La logica dietro questa decisione era di evitare l’uso di solventi organici e quantità eccessive di energia. Il team ha analizzato attentamente tutti i prodotti di reazione attraverso vari mezzi. Tra essi vi sono: la spettroscopia di risonanza magnetica nucleare, la spettroscopia infrarossa a trasformata di Fourier e la cromatografia a permeazione di gel.

Anche se sono riusciti a produrre urea in questo modo, la degradazione del PIC non era completa nemmeno dopo 24 ore, con molti derivati ISB ancora presenti. Pertanto, i ricercatori hanno provato ad aumentare la temperatura e hanno scoperto che la degradazione completa poteva essere raggiunta in circa sei ore a 90°C. Il dottor Aoki sottolinea i vantaggi di questo approccio: “La reazione avviene senza alcun catalizzatore, dimostrando che l’ammonolisi di PIC può essere facilmente eseguita utilizzando ammoniaca acquosa e riscaldamento. Quindi, questa procedura è operativamente semplice e rispettosa dell’ambiente dal punto di vista del riciclaggio chimico”.

credits: Eco Watch

Gli esperimenti sulle piante

Infine, come prova che i prodotti di degradazione di PIC possono essere usati direttamente come fertilizzante, il team ha condotto esperimenti di crescita delle piante con Arabidopsis thaliana. Hanno scoperto che le piante trattate con tutti i prodotti di degradazione PIC sono cresciute meglio delle piante trattate con la sola urea.

I risultati

I risultati complessivi di questo studio dimostrano la fattibilità dello sviluppo di sistemi di fertilizzanti dalla plastica. I sistemi possono non solo aiutare a combattere l’inquinamento e l’esaurimento delle risorse, ma anche contribuire a soddisfare la crescente domanda mondiale di cibo. Il Dr. Aoki conclude: “Siamo convinti che il nostro lavoro rappresenti una pietra miliare verso lo sviluppo di materiali polimerici sostenibili e riciclabili nel prossimo futuro. L’era del ‘pane dalla plastica’ è proprio dietro l’angolo!”

Published by
Giorgia Pascale