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Nuovo metodo per rilevare gli strati superficiali del lato nascosto della Luna

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Dopo sette mesi dal lancio, il rover statunitense Perseverance è atterrato con successo sul suolo marziano il 18 febbraio 2021. L’atterraggio faceva parte della missione Mars2020 è fu osservato in diretta da milioni di persone in tutto il mondo, segnale di un ritrovato interesse globale nei confronti dell’esplorazione spaziale. Ma anche l’interesse verso il lato nascosto della Luna non si è fatto attendere.

L’obiettivo della missione era quello di cercare possibili segni di vita passata, studiare la geologia del luogo e raccogliere dei campioni di roccia. Questi ultimi saranno incapsulati e lasciati nel luogo di raccolta, dove potranno essere recuperati e riportati a Terra da una futura missione spaziale, a cui potrà prendere parte anche l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI).

lato nascosto della Luna

Dopo il successo della missione Mars2020, una seconda missione ha puntato al pianeta rosso. Il 23 luglio 2021 avviene il lancio della missione cinese Tianwen-1. Questo rappresenta il secondo lancio di un veicolo cinese diretto a Marte. Il primo risale al 2011: la sonda Yinghuo-1 non riuscì a immettersi in orbita e rientrò poi nel Pacifico nel gennaio 2012.

Questa volta la Cina ha dimostrato di aver acquisito le capacità necessarie per raggiungere Marte, ma non solo: è anche la prima potenza a dispiegare un orbiter, un lander e un rover (Zhourong) in un’unica missione su Marte. L’obiettivo è studiarne l’atmosfera, la struttura interna e la superficie del pianeta, con una particolare attenzione alle tracce di acqua e a eventuali segnali di forme di vita.

Perseverance e Zhourong sono stati il quinto e sesto rover planetario utilizzati in una missione ed atterrati con successo negli ultimi dieci anni. Il primo rover è stato Curiosity, della missione spaziale americana atterrata su Marte nel 2012. Dopo Curiosity, ci sono state le tre missioni Chang’e della Cina.

Lato nascosto della Luna: la missione cinese Chang’e 4

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Il lander Chang’E-4 fotografato dal rover Yutu-2. Credits: Focus.it

Nel 2019 il lander della missione Chang’e, insieme al suo rovere Yutu-2, sono stati i primi oggetti ad atterrare sul lato nascosto della Luna, quello che non è mai visibile a noi osservatori sulla Terra. Questo ha segnato un punto di svolta nell’esplorazione spaziale, di importanza equivalente alla missione apollo 8 del 1968, che ha permesso di osservare la faccia oscura della luna per la prima volta nella storia dell’umanità

La missione cinese Chang’e 4 aveva come obiettivo quello di atterrare nella regione del polo sud della faccia oscura della Luna. La missione spaziale prevedeva un satellite orbitale ed un lander insieme al suo rover. Il lato nascosto della Luna, con il suo ambiente particolare e la sua storia geologica, rappresenta un sito interessantissimo per la ricerca scientifica e l’esplorazione spaziale.

Tuttavia, il lander e il rover hanno bisogno di un satellite di tracciamento e trasmissione dati per poter trasmettere i segnali con le informazioni delle loro misure. È per questo che il progetto per la missione prevedeva di mandare prima un satellite in orbita, nel maggio 2018, e poi lanciare solo un anno e mezzo dopo il lander lunare ed il rover, per atterrare nella regione del polo sud del satellite.

Le novità della missione

Il lander di Chang’e-4 dispone di telecamere da terreno mentre il rover con delle telecamere panoramiche. Come il primo rover lunare cinese Yutu, portato sul suolo lunare dalla missione Chang’e-3, anche il rover di Chang’e-4 dispone di un georadar (conoscito anche come GPR – Ground Penetrating Radar) in grado di studiare la struttura della superfice e uno spettrometro con cui analizzare la composizione chimica dei campioni lunari trovati.

Tuttavia, a differenza della missione Chang’e-3, il lander presenta una tecnologia progettata proprio per l’esplorazione sul lato nascosto della Luna. Il lander presenta in aggiunta uno spettrometro a onde radio di bassa frequenza. Il lato nascosto è schermato dalle interferenze elettromagnetiche provenienti dalla Terra, e rappresenta quindi un punto ideale per studiare con alte sensibilità fenomeni di interesse. Uno di questi è il fenomeno dei brillamenti solari, che si riesce a studiare anche senza perturbazioni sulle misure dovute agli effetti elettromagnetici da terra.

Il georadar per l’esplorazione del lato nascosto della Luna

Le missioni spaziali degli ultimi anni hanno usato ampiamente dei radar orbitanti, con l’obiettivo di caratterizzare la superficie pianeti e satelliti e per individuare potenziali siti di atterraggio per missioni spaziali future. Le recenti missioni cinesi ed americane, però, sono state le prime ad aver usato dei georadar su sito. Questo tipo di tecnologia si è ormai confermata come indispensabile per le future missioni, perché permette sia di scandire la superficie dei siti di atterraggio, sia di studiare e caratterizzare il sottosuolo.

Il GPR riesce anche ad ottenere importanti informazioni sul tipo di suolo del pianeta o satellite, e dei suoi strati sotto la superficie. Queste informazioni servono per ottenere una maggiore comprensione dell’evoluzione geologica di una particolare area e determinarne la stabilità strutturale per future stazioni di ricerca o possibili basi planetarie.

I rover Perseverance e Zhourong , delle missioni Mars2020 e Tianwen-1 rispettivamente, montano questo tipo di tecnologia. Sono attualmente in funzione e si aspettano le prime immagini GPR del pianeta Marte per il 2022. I primi dati per misure fatte su sito di radar GPR sono, però, quelli provenienti dalle missioni lunari Chang’e-3, e-4 ed e-5. La tecnica è stata impiegata per investigare la struttura degli strati superficiali del lato nascosto della Luna e fornire importanti informazioni sull’evoluzione geologia della regione.

Nonostante tutti i vantaggi del GPR, una difficoltà incontrata è l’impossibilità di rilevare correttamente gli strati superficiali, se questi presentano una stratificazione graduale senza confini definiti. Questo significa che la variazione graduale da uno strato all’altro non viene rilevata, e può portare ad una ricostruzione non fedele della morfologia del suolo. Ciò che appare come un unico blocco omogeneo, potrebbe in effetti essere una struttura molto più complessa che rappresenterebbe una storia geologia completamente diversa.

Un nuovo metodo migliora le misure del GPR

Per ovviare al problema, un team di ricerca ha sviluppato un nuovo metodo in grado di rilevare correttamente diversi tipi di strato. Per farlo si usano le caratteristiche che rocce e massi nascosti producono nel segnale radar analizzato. Con questo nuovo strumento è quello che è stato usato nel processo di raccolta dati del rover Yutu-2 della missione lunare Chang’e-4. Il rover ha effettuato le misure nel cratere Von Karman, che fa parte del bacino Aitken del polo sud lunare.

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Cratere Aitken del polo sud lunare – fonte: repubblica.it

Il bacino Aitken è uno dei più grandi e più antichi dei crateri conosciuti. Si pensa che sia stato prodotto dall’impatto con un meteorite che ha penetrato la crosta della Luna e provocato la fuoriuscita di materiale dal mantello. Grazie alle misure fatte con il nuovo metodo, si è osservata per la prima volta una struttura a strati nei primi 10 metri della superficie. Il nuovo metodo permette di fare delle stime più precise per la profondità della superficie superiore del suolo lunare. Questo è un dato importante per determinare la stabilità e la resistenza del suolo per lo sviluppo di basi lunari o stazioni di ricerca.

La nuova struttura a strati scoperta suggerisce inoltre che i piccoli crateri siano più importanti e potrebbero aver contribuito molto più di quanto si pensasse in precedenza, ai materiali depositati dagli impatti con i meteoriti e all’evoluzione generale della superficie lunare. Con i dati raccolti si riuscirà ad ottenere una comprensione più coerente della complessa storia geologica del nostri satellite. Sarà anche possibile migliorare la precisione delle previsioni teoriche di ciò che si trova al di sotto della superficie.