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Com’è fatto il cioccolato? Ecco la sua composizione chimica

La storia del cioccolato ha inizio con le prime coltivazioni delle piante di cacao degli antichi Maya. Intorno all’anno 1000 a.c., ‘il cibo degli dei’ divenne popolare nelle cerimonie, nei riti religiosi e come moneta di scambio. Cristoforo Colombo fu uno dei primi ad assaggiare la magica miscela: collaborando con i nativi del Golfo delle Honduras venne a contatto con la xocoatl, una bevanda a base di cacao, spezie, miele e vaniglia. La diffusione del cacao in Europa avvenne però solo successivamente grazie ad altri esploratori spagnoli.

Nei paesi dell’Europa e del Nord America le persone consumano grandi quantità di cacao, sebbene non siano presenti piantagioni in loco. Secondo la ICCO (International Cocoa Organization), la produzione di cioccolato nel 2018/2019 ha raggiunto le 4 784 000 tonnellate, di cui 3 644 000 della sola Africa, seguita dall’America con 841 000 tonnellate e dall’Asia e dall’Oceania con 299 000 tonnellate. L’albero di cacao necessita di una temperatura elevata, molta acqua e aria umida. Per questo le piantagioni si trovano nelle regioni forestali dell’Africa, dell’America centrale e meridionale, dell’Asia e dell’Oceania.

La produzione di cioccolato

Nel processo di produzione del cioccolato è possibile individuare 4 fasi:

  • Fermentazione: i lieviti degradano gli zuccheri e la polpa presenti nel frutto producendo acido lattico, etanolo e acido acetico. Successivamente, al fine di completare i processi ossidativi e abbassare il contenuto di umidità, le fave sono sottoposte ad essiccazione;
  •  Tostatura: condotta tra i 120°C e 150°C, i precursori precedentemente formati reagiscono a dare nuovi composti. Questo processo riduce il contenuto di componenti indesiderati e produce l’aroma e il sapore tipici del cioccolato;
  • Macinazione e concaggio: i chicchi tostati vengono ridotti in granuli e mediante successiva miscelazione ad alte temperature le particelle solide ricoperte di grasso passano in fase liquida. Gli acidi volatili e l’acqua in eccesso evaporano, e si introducono additivi come zucchero, latte ed emulsionanti;
  •  Temperaggio: è una fase particolarmente importante poiché la struttura cristallina finale influenza il sapore del cioccolato. Si tratta un processo termico che prevede di sottoporre la miscela a variazione di temperatura al fine di generare cristalli di burro di cacao, quindi specifiche reti cristalline.
Cioccolato
Fava di cacao non fermentata (1), fave sottoposte a fermentazione e tostatura (2). Image by H. Hach from Pixabay and Image by gate74 from Pixabay 

I polifenoli

I principali composti aromatici presenti nel cioccolato sono i polifenoli: molecole ad azione antiossidante e interessanti alleati contro le malattie cardiovascolari. Queste molecole costituisco il 12-18% del peso netto dei chicchi di cacao. Il 37% è rappresentato dai flavan-3-oli (che insieme alle procianidine attenuano la risposta antinfiammatoria), il 4% dagli antociani e il 58% dalle proantocianidine. 

I polifenoli:

  • Conferiscono un colore da bianco a porpora ai chicchi non fermentati;
  • Influiscono sul sapore del chicco e nel cambiamento del colore;
  • Contribuiscono all’astringenza (ruvidità nel palato) e all’amarezza del cacao non fermentato. 
Cioccolato
Image by RitaE from Pixabay

Le reazioni dei polifenoli

Durante la fermentazione, avviene l’ossidazione aerobica dei polifenoli che reagiscono con le proteine ​​e si convertono in forme insolubili. Grazie a questo processo si ha una riduzione dell’amaro e dell’astringenza, quindi una variazione verso il colore marrone della fava di cacao. L’essiccazione e l’alta temperatura della tostatura decrescono il contenuto di molecole termolabili come i polifenoli.

Inoltre, i precursori ottenuti dalla fermentazione sono soggetti alla reazione di Maillard quando sottoposti a tostatura. Questa reazione genera molecole che conferiscono il sapore e l’aroma specifici del cioccolato, mentre la formazione delle melanoidine determina la colorazione marrone dei chicchi di cacao.

Nella fase iniziale del concaggio, i polifenoli volatili, l’acqua e gli acidi grassi a catena corta evaporano, mentre si formano complessi tra polifenoli, amminoacidi, peptidi e proteine. Questo è uno dei motivi per cui anche il concaggio influisce sul sapore e riduce l’astringenza del cioccolato.

Si ritiene che le reazioni che avvengono durante la fase iniziale (fase secca) siano però quelle determinanti nello sviluppo dell’aroma e del sapore. Infatti, la miscelazione e la tostatura ridistribuiscono i composti aromatici tra zucchero, cacao e grasso, rendendo lo zucchero stesso un portatore di aromi. 

Alcaloidi nel cioccolato

Le metilxantine (teobromina e caffeina) sono alcaloidi che hanno effetti stimolatori sul sistema nervoso centrale. Il cacao è la principale fonte di teobromina, mentre il contenuto di caffeina è inferiore rispetto a caffè e tè. Il processo di fermentazione e il tipo di chicco influenzano il loro contenuto.

Teobromina – Image by Jan Mateboer from Pixabay

Le fave di cacao non fermentate contengono teobromina legata ai tannini (polifenoli). Durante la fermentazione, l’acido acetico idrolizza i legami teobromina-tannino e parte della teobromina viene rilasciata. La teobromina sembra avere effetti benefici per le patologie legate all’apparato respiratorio.

Questa funzione potrebbe essere correlata alla sua attività antinfiammatoria e alla modulazione della reattività delle vie aeree. Non è ancora noto se il consumo di cacao possa essere utile per prevenire la tosse o per diminuirne l’intensità. Recenti studi hanno evidenziato il potenziale della teobromina come molecola antitumorale, antinfiammatoria o di protezione cardiovascolare senza gli effetti collaterali indesiderati della caffeina.