Wolfgang Pauli, uno dei padri fondatori della meccanica quantistica, fu un fisico teorico di gran classe. Tra gli studenti di tutto il mondo il suo nome è associato al “principio di esclusione”, grazie al quale vinse il premio Nobel nel 1945. Ma tra i suoi amici il suo nome sarà sempre indissolubilmente legato al misterioso fenomeno noto col nome di “effetto Pauli”, un fenomeno che non è stato mai compreso su base puramente materialistica.
Non è raro che un fisico teorico, abile con carta, penna e formule matematiche, sia poi impacciato nel maneggiare apparati sperimentali e che distrugga in un sol colpo strumenti delicati e piuttosto costosi. Pauli era un fisico teorico talmente geniale che, di solito, appena lui varcava semplicemente la soglia di un laboratorio, gli strumenti andavano in pezzi o cessavano di funzionare senza un apparente motivo. Un amico e collega di Pauli, Rudolf Peierls (fisico di origine tedesca che lavorò al Progetto Manhattan) descrisse così l'”effetto Pauli”:
Era una sorta di incantesimo che doveva esercitare su persone o oggetti nelle vicinanze, soprattutto nei laboratori di fisica, provocando incidenti di ogni tipo. Quando arrivava in un laboratorio, le macchine smettevano di funzionare, si crepavano le provette in vetro, si creava una perdita nel sistema per il vuoto, ma nessuno di questi incidenti danneggiava o disturbava direttamente Pauli.
Ci fu almeno un fisico sperimentale (Otto Stern) che proibì a Pauli di avvicinarsi al suo laboratorio. Quando Pauli arrivò a Princeton nel 1950, un nuovo e costoso ciclotrone installato da poco si incendiò senza un motivo evidente.
Un giorno, mentre il fisico tedesco James Franck era impegnato nel suo laboratorio dell’Istituto di Fisica dell’Università di Gottinga, un sofisticato apparecchio per lo studio dei fenomeni atomici esplose inspiegabilmente. Franck ne scrisse divertito a Pauli, al suo indirizzo di Zurigo, confessando di non essere riuscito assolutamente a comprendere la causa dell’incidente. Se solo Pauli fosse stato presente, aggiungeva, avrebbe potuto addossare la colpa al suo effetto metafisico.
Dopo qualche tempo, Franck ricevette la risposta in una busta con francobollo danese. Pauli aveva controllato la sua agenda e aveva scoperto un fatto assai curioso. Era andato a trovare Bohr e, nel preciso istante dell’incidente nel laboratorio di Franck, il treno che lo trasportava da Zurigo a Copenaghen si era fermato per una sosta di cinque minuti proprio alla stazione ferroviaria di Gottinga.
Un’altra volta, un gruppo di fisici decise di giocare uno scherzo a Pauli. Durante un convegno, collegarono il lampadario della sala ad un congegno in modo tale che Pauli, entrando, avrebbe inconsapevolmente attivato il meccanismo, causando il crollo del lampadario. A quel punto, tutti avrebbero invocato l’effetto Pauli come unica possibile spiegazione dell’incredibile incidente. All’oscuro del complotto alle sue spalle, Pauli entrò nella sala, ma il lampadario non cadde perché il meccanismo non funzionò. L’effetto Pauli aveva colpito ancora.