L’imponente eruzione verificatasi il 15 Gennaio 2022 nell’arcipelago Tonga, del vulcano Hunga Tonga – Hunga Haʻapai, è stata ritenuta dai ricercatori della Nasa un’esplosione “500 volte più potente della bomba atomica sganciata su Hiroshima alla fine della Seconda Guerra Mondiale”. La vicenda catastrofica ha interessato le isole dell’oceano Pacifico e ha comportato conseguenze enormi non solo per le zone circostanti ma anche per l’intero pianeta.
La violenta eruzione del vulcano Hunga Tonga-Hunga Haʻapai e il conseguente tsunami ha determinato la scomparsa della stessa isola, la distruzione di ogni via di comunicazione con i paesi circostanti per via della rottura del cablaggio sottomarino, diffusi blackout elettrici e danni all’ecosistema marino costiero, oltre a danni per la salute delle popolazioni locali. In concreto ha avuto luogo “Un disastro senza precedenti” come comunicato del governo locale.
Il vulcano Hunga Tonga-Hunga Haʻapai, anche detto Hunga Tonga, è situato nell’oceano Pacifico meridionale e appartiene all’arcipelago Tonga. È un vulcano per la maggior parte sottomarino in quanto emerge solo per 100 metri al di sopra del livello del mare. La sua origine è dovuta alla subduzione tra la placca Pacifica e la placca Australiana facente parte della cosiddetta ‘cintura di fuoco’.
Periodiche eruzioni del Hunga Tonga-Hunga Haʻapai avvenute nel 2014-2015 hanno originato l’unione delle due isole Hunga Tonga e Hunga Ha’apai. Infatti, secondo lo scienziato James Garvin è stata proprio la formazione della nuova isola a causarne la sua distruzione poiché strati di magma liquido riempiendo una rete di camere ‘vuote’ al variare delle condizioni di pressione e a contatto con l’acqua avrebbero causato violenti fenomeni eruttivi.
Gli effetti dell’eruzione non dovrebbero influenzare evidentemente il clima terrestre poiché si stima che la quantità di anidride solforosa rilasciata in atmosfera sia stata di 400.000 tonnellate (pari al 2% della quantità emessa dal Pinatubo). Affinché si manifestino cambiamenti climatici evidenti le emissioni di SO2 devono presentare un ordine di grandezza di circa un milione di tonnellate.
L’anidride solforosa SO2 emessa in atmosfera causerebbe un abbassamento delle temperature di circa un decimo di grado centigrado nei prossimi anni in quanto la sua combinazione in atmosfera con il vapore acqueo genererebbe acido solforico in grado di riflettere la radiazione solare.
La reazione tra anidride solforosa e ossido di azoto con acqua e ossigeno presente in atmosfera provocano il fenomeno delle piogge acide, le quali possono danneggiare i raccolti e la produzione agricola, la disponibilità di mangime e di acqua incontaminati.
Oltretutto, le sostanze contenute nel particolato e nelle ceneri precipitate nell’oceano possono danneggiare la vita marina e favorire la proliferazione di alghe e spugne, dannose per le barriere coralline. I danni alle barriere coralline influenzeranno la capacità di Tonga di far fronte all’innalzamento del livello dell’acqua e alle mareggiate.
L’eruzione vulcanica sottomarina ha innescato allerte tsunami in diversi paesi come il Giappone e gli Stati Uniti. L’impatto più severo sembra essersi verificato in Perù, Ecuador e Cile. In Perù il maremoto ha danneggiato un serbatoio della raffineria La Pampilla di Callao (che fornisce la metà del carburante utilizzato nella zona) al largo di Lima. Il serbatoio ha versato 6mila barili di petrolio in acqua, che si è depositato sulle coste peruviane contaminando 18mila chilometri quadrati di aree protette uccidendo volatili e altri animali marini.
La dispersione in mare del petrolio “ha avuto un impatto significativo sull’ecosistema marino costiero ad elevata diversità biologica e sulle risorse idrobiologiche nonché un rischio elevato per la salute pubblica della popolazione che vive nella zona” ha sostenuto il governo dalla Direzione generale per la qualità ambientale.
Ulteriore conseguenza dell’eruzione è il boom sonico, percepito a migliaia di chilometri di distanza dall’arcipelago Tonga. Il bang supersonico è il suono generato dalle onde d’urto create da un oggetto che si muove in un fluido a una velocità superiore a quella del suono. Dopo circa 17 ore il boato è stato intercettato anche in Italia dai sensori della rete infrasonica installata sull’Etna sotto forma di onde inferiori a 20 Hz per cui non avvertibili dall’orecchio umano. Le due onde d’urto emesse nel corso dell’esplosione e avvertite dai sensori presenti sull’Etna hanno seguito due percorsi:
La velocità media dell’onda (spiega Bonfante) è stata di circa 1.111 km/h, prossima a quella del suono a livello del mare.
Credits: Infrasonic Station: Serra La Nave (ESLN)
Secondo il geofisico Michael Poland dell’U.S. Geological Survey questa potrebbe essere a tutti gli effetti l’esplosione più massiva e rumorosa avvenuta sul pianeta terra dal 1883 quando in Indonesia esplose il vulcano Krakatoa. Il vulcano Krakatoa si trova su un’isola dello stretto della sonda tra Giava e Sumatra. La sua esplosione di 200 megatoni distrusse interamente l’isola provocando tsunami di decine di metri d’altezza.
Nel 1991 nelle Filippine eruttò il vulcano Pinatubo a cui seguirono eventi sismici e un violento tifone. L’esplosione comportò un primo assottigliamento dello strato di ozono, un raffreddamento dell’atmosfera terrestre e la morte di migliaia di persone.
Nonostante il Marsili sia un vulcano sottomarino potenzialmente pericoloso, a differenze del Vulcano Honga Tonga, la sua vetta si trova all’incirca 500 m sotto il livello del mare motivo per cui qualsiasi fenomeno eruttivo sarebbe ostacolato dalla pressione della colonna d’acqua sovrastante. Inoltre, le recenti eruzioni del Marsili hanno interessato solo le zone circostanti senza provocare effetti disastrosi. Finora non sono stati svolti studi approfonditi relativi a probabili futuri fenomeni disastrosi legati al fenomeno eruttivo del vulcano.
A cura di Lucia Clara Cairella