Come fa il gatto a cadere sempre in piedi?
Un gatto lasciato cadere con la schiena rivolta verso il basso, da un’altezza di 1m o più, riesce a raddrizzarsi atterrando sempre sulle zampe. Per circa un secolo, i fisici hanno cercato di elaborare una teoria scientifica in grado di spiegare questo che appare come uno strano paradosso. Infatti, sembra che venga violata la legge di conservazione del momento angolare di un corpo rigido, non sottoposto a coppie di forze esterne (il momento angolare è uguale al prodotto tra la velocità angolare e il momento d’inerzia dell’oggetto).
Un gatto che cade è un oggetto simile: all’inizio della caduta non sta ruotando e quindi il suo momento angolare è nullo, e non è soggetto ad alcuna coppia di forze esterne. Eppure si gira, il che indica che il suo momento angolare non rimane nullo. Dunque, il gatto viola quella legge oppure no?
Gatto versus Fisica: c’è un vincitore?
Una risposta l’ha data, negli anni Sessanta del secolo scorso, il professor Thomas Kane dell’Università di Stanford, mettendo in evidenza la grande flessibilità del felino, in particolare quella della sua colonna vertebrale.
Innanzitutto, il gatto piega la schiena in modo che le due metà del corpo possano ruotare attorno a due assi differenti. In una fase iniziale, ruota le spalle avvicinando le zampe anteriori al corpo e allargando quelle posteriori. Se le spalle ruotano in un senso, il bacino ruota nel senso opposto in modo che il momento angolare totale del gatto, dato dalla somma di quello della parte anteriore e quello della parte posteriore, resti costantemente nullo. Inoltre, poiché le zampe posteriori sono distese, il momento d’inerzia della parte posteriore del corpo è maggiore di quello della parte anteriore, per cui le spalle ruotano più velocemente del bacino (il gatto adotta il medesimo trucco dei pattinatori su ghiaccio, che avvicinano o allontanano le braccia dal corpo per ruotare più o meno rapidamente). Successivamente, nella seconda fase della sua mirabile “acrobazia”, il gatto distende le zampe anteriori e piega quelle posteriori. Così, con un effetto opposto a quello del primo movimento, riesce ad allineare il bacino alle spalle: questa volta è la parte posteriore (il bacino) a ruotare più velocemente della parte anteriore (le spalle).
La flessibilità del gatto fa il resto: l’animale, un vero e proprio contorsionista, riesce a torcersi di quasi 180°, il che gli consente di voltarsi completamente e atterrare toccando il suolo con le zampe anteriori. Il momento angolare totale rimane costante e nullo durante tutta la caduta.
Tra teorie sbagliate e finanziamenti dalla NASA
Ad occuparsi del problema della rotazione dei gatti furono tra gli altri anche il fisico scozzese James Clerk Maxwell, il fisico e matematico irlandese George Gabriel Stokes e il matematico italiano Giuseppe Peano. Quest’ultimo riteneva fondamentale il ruolo svolto dalla coda del gatto: se l’animale gira la coda come un’elica in una direzione, il corpo deve girare nella direzione opposta, pensava Peano. La coda di un gatto, tuttavia, pesa molto meno del gatto stesso e, pertanto, la coda dovrebbe girare più di una volta per capovolgere completamente il corpo. In effetti, Peano si sbagliava: nel 1989, J. E. Fredrickson ha dimostrato per via sperimentale che un gatto senza coda può girarsi bene, anche se i gatti che possiedono la coda la utilizzano per aiutarsi nel movimento.
L’attenzione dei fisici per la dinamica del gatto aveva anche un interesse pratico. Proprio negli anni Sessanta, la NASA stava analizzando il moto in caduta libera per applicarlo agli astronauti nello spazio. L’agenzia spaziale americana ritenne lo studio di Kane talmente interessante da finanziarlo con ben 60.000 dollari!