Un team di ricerca internazionale guidato dalla Northwestern University e al quale l’Italia partecipa con l’Università di Ferrara, è riuscito a catturare il segnale che precede l’origine di un buco nero. Il risultato è pubblicato su TheAstrophysical Journal Letter.
Si tratta di un afterglow, ossia di un bagliore di luce residuo di un’esplosione astronomica chiamata kilonova. Il buco nero in questione si è formato proprio in seguito ad una esplosione del genere. Una kilonova si verifica quando due stelle di neutroni – alcuni degli oggetti più densi dell’universo – si fondono per creare un’esplosione mille volte più luminosa di una nova classica. È la prima volta che gli astronomi rilevano il momento in cui due stelle di neutroni, bloccate insieme in un’orbita sempre più decadente, si scontrano fondendosi tra loro.
Questa sarebbe la prima volta che vediamo un bagliore residuo di kilonova o la prima volta che vediamo materiale cadere su un buco nero dopo una fusione di stelle di neutroni
Joe Bright, coautore dello studio e ricercatore post-dottorato dell’Università della California a Berkeley
Tale evento comporta la produzione esplosiva di una grande quantità di materiale radioattivo seguita dal collasso di una neonata stella compatta, probabilmente una stella di neutroni, troppo massiccia per resistere più a lungo alla propria gravità.
In questo caso, un getto stretto e fuori asse di particelle ad alta energia ha accompagnato l’evento di fusione, soprannominato GW170817. Tre anni e mezzo dopo la fusione, il jet è svanito, rivelando una nuova fonte di misteriosi raggi X.
Le osservazioni si basano sui dati del telescopio spaziale Chandra della Nasa. L’esplosione è stata osservata il 17 agosto 2017 ed è avvenuta a 130 milioni di anni-luce dalla Terra. Il successivo collasso nel buco nero, però, non è stato istantaneo, ma si è verificato dopo un tempo di circa un secondo. Ora, grazie ai raggi-x misurati dal satellite Chandra della Nasa, a circa 1.200 giorni dall’evento catastrofico è stata osservata la firma di una componente nuova, formatasi proprio in quel secondo.
Due le ipotesi, secondo gli autori dello studio. Potrebbe essere una sorta di ‘boom sonico’ risultato della improvvisa decelerazione del materiale radioattivo creato negli istanti immediatamente seguenti l’esplosione e precedenti il collasso finale a buco nero. Oppure, potrebbe trattarsi dei primi vagiti dovuti al materiale intrappolato nel disco di accrescimento attorno al buco nero. Solo le future osservazioni chiariranno quale delle due è la spiegazione corretta.
Nel primo caso, il materiale si espande nello spazio attorno alla fusione, sbatte contro il gas provocandone il riscaldamento e il bagliore dei raggi X. Ciò suggerirebbe che la formazione di un buco nero dalle due stelle di neutroni non sia stato un processo tempestivo.
L’altra spiegazione è che, quando si è formato il buco nero, il materiale attorno ha iniziato a ricadere su di esso, dopo essersi assemblato in un disco vorticoso. Questo disco orbitante, riscaldato dalla gravità e dall’attrito, emetterebbe anche radiazioni X.
Per entrambi gli scenari di un’onda d’urto kilonova o di materiale che cade su un buco nero appena formato in una fusione di stelle di neutroni si tratterebbe della prima rilevazione.
Gli astronomi continueranno le loro osservazioni per verificare come cambia il comportamento. Se si verificano emissioni radio nei prossimi anni, è probabile che si tratti di un’onda d’urto. Se continua costantemente e poi diminuisce di luminosità, è probabile che si tratti di un accrescimento di buchi neri. Qualunque sia, ci dirà qualcosa di nuovo sulle fusioni di stelle di neutroni.
Ulteriori studi su GW170817 potrebbero avere implicazioni di vasta portata. Il rilevamento di un bagliore residuo di kilonova implicherebbe che la fusione non ha prodotto immediatamente un buco nero. In alternativa, questo oggetto potrebbe offrire agli astronomi la possibilità di studiare come la materia cade su un buco nero pochi anni dopo la sua nascita
Kate Alexander, astronoma della Northwestern University