Al confine del Sistema Solare, Plutone, il corpo celeste più grande della fascia di Kuiper (regione esterna del Sistema Solare che si estende da oltre l’orbita di Nettuno fino a 50 unità astronomiche dal Sole), ha dimostrato negli ultimi anni un notevole e continuo riaffioramento attraverso processi endogeni e fenomeni superficiali, come i vulcani glaciali. Secondo nuove ricerche, infatti, il sistema del pianeta nano con i suoi cinque piccoli satelliti in orbita , uno dei quali Caronte, sarebbe di per sé dinamicamente complesso e geologicamente interessante.
La superficie plutoniana sarebbe caratterizzata da un paesaggio di numerosi vulcani glaciali che sovrastano il nucleo roccioso e, secondo le recenti scoperte della sonda New Horizons, ci sarebbe una gamma notevolmente complessa di espressioni geologiche nonché proprietà atmosferiche che competono quelle di Marte! A causa del suolo roccioso, si prevede che Plutone abbia mantenuto livelli relativamente bassi di riscaldamento radiogeno(calore emesso da una certa quantità di elementi radioattivi nel nucleo del corpo celeste che si decompongono riscaldando l’interno) (minori di circa 5mW m^-2) in gran parte della sua storia.
L’esplorazione di Plutone del luglio 2015, grazie alla sonda New Horizons sviluppata dalla NASA, ha restituito immagini e dati compositivi mostrando che la superficie del pianeta nano copre una vasta varietà di età sia antiche che giovani. Le caratteristiche più intriganti che si osservano dalle immagini provenuteci sono quelle di aree di forma poligonale (di 20 km di diametro circa) tra cui una grande pianura luminosa con pochi crateri da impatto che ricorda la forma di un cuore (nota come “Tombaugh Regio” Regione di Tombaugh, dal nome di Clyde Tombaugh, scopritore di Plutone nel 1930) (fig.1).
L’esistenza di zone massicce suggerisce che la struttura interna consenta una maggiore ritenzione di calore o più calore complessivo di quanto previsto prima di New Horizons, che ha permesso a sua volta l’assetto di materiali ricchi di ghiaccio d’acqua alla fine della storia di Plutone. Sembrerebbe che i processi di cambiamento morfologico del terreno si stiano verificando nei tempi geologici attuali.
Diversi studi scientifici hanno utilizzato specifiche tecniche di modellazione per dimostrare che i poligoni di ghiaccio sulla superficie sono formati dalla sublimazione del ghiaccio di azoto. In questi casi il ghiaccio solido passa direttamente alla fase gassosa a causa della pressione atmosferica estremamente trascurabile. Le condizioni superficiali di Plutone consentono quindi all’azoto gassoso di coesistere con l’azoto solido nella sua atmosfera. La sublimazione del ghiaccio di azoto ha così formato ed alimentato la convezione nello strato di ghiaccio di Sputnik Planitia, la grande calotta ghiacciata ben visibile dalle foto (di diametro di circa 1000 km è centrata a 25°N di latitudine e 175° di longitudine) raffreddando la sua superficie in accordo con numerosi altri punti dati di New Horizons, in particolare la topografia e la geometria delle aree poligonali.
Esisterebbe un’area unica sul pianeta nano e nel Sistema Solare formata da eruzioni di vulcani glaciali questo perché il terreno circostante possiederebbe molti tratti morfologici distinti da qualsiasi altra parte , non riconducibili né ad una forma di erosione né a ghiacci volatili. Si tratterebbe perciò di criovulcanismo ovvero l’insieme di processi che causano l’estrusione del materiale mobile del sottosuolo sulla superficie e l’eventuale ripavimentazione del terreno esistente . La scoperta ha aperto alla possibilità che questi vulcani possano essere ancora attivi e che l’acqua liquida scorra o sia recentemente fluita sotto la superficie di Plutone: questo potrebbe aumentare la possibilità di vita .La regione di presunti terreni criovulcanici si troverebbero soprattutto a sud-ovest della calotta glaciale Sputnik Planitia.
I due grandi rilievi fino ad ora individuati come i più interessanti sono chiamati Wright Mons (di circa 4-5km di altezza) e Piccard Mons (di circa 7km di altezza) (fig.2-3-4) e hanno dato l’impressione di avere forme anulari con profonde depressioni centrali, probabilmente formate per fusione di diversi rialzi vicini. Ulteriori rilievi sembrerebbero essere collegati tra i due principali senza brusche transizioni morfologiche superficiali e gran parte del terreno circostante mostra cime piatte o arrotondate.
In alcune particolari zone, invece, è stato possibile osservare depressioni con spigoli vivi piatti che rappresenterebbero probabilmente facce di faglia in cui il collasso ha avuto un ruolo nella formazione della depressione, mentre altre potrebbero essersi formate semplicemente dall’aumento di materiale circostante. L’attività criovulcanica non ha però ancora mostrato indicatori evidenti di vulcanismo esplosivo, direzionalità del flusso o eventuali centri effusivi con possibili modelli di caduta balistica.
Sulla superficie di Plutone l’acqua liquida è parzialmente fluida e sarebbe paragonabile alla massa fusa che si trova dentro la crosta terrestre, che sale in superficie dopo un’eruzione e poi si solidifica. Si pensa che dall’interno della superficie l’acqua risalga piuttosto come una sostanza fangosa in grado di scorrere come fanno molti ghiacciai sulla Terra; i ghiacci plutoniani in eruzione potrebbero essere composti da un liquame fuso di ghiaccio d’acqua, azoto, ammoniaca e metano.
Se si trattassero effettivamente di vulcani, allora la depressione sommitale si formerebbe attraverso il collasso mentre l’acqua ghiacciata verrebbe eruttata da sotto. I fianchi dei rilievi montuosi indicherebbero la presenza flussi vulcanici di qualche tipo originati dalle parti più alte. Ecco che quindi si tratterebbe, anziché di un’attività geologica basata sulla tettonica a zolle (modello di dinamica della Terra secondo cui la litosfera terrestre è divisa in una ventina di zolle), di una tettonica generale in grado di creare faglie nelle rocce senza la presenza di placche tettoniche.
Da un confronto geologico terrestre, i criovulcani di Plutone mostrano alcune somiglianze con i vulcani a scudo sulla Terra , aventi un basso profilo formatosi nel corso dei secoli dal costante accumulo di flussi di lava in strutture arrotondate. In maniera analoga, sulla superficie di Plutone, si notano delle cupole ricoperte dal cosiddetto hummocky terrain , una superficie composta di piccole collinette semisferiche ricche di ghiaccio d’acqua (hummock appunto) affiorate grazie al mantenimento di calore nel nucleo.
Alcuni vulcani sulla Terra hanno anche una depressione al centro chiamata caldera, formata quando un vulcano appena eruttato collassa nel vuoto lasciato da tutto il materiale fuoriuscito. Il rilievo Wright Mons su Plutone ne avrebbe una ma eccessivamente profonda, tanto che il vulcano avrebbe dovuto perdere circa la metà del suo volume per essere classificato come un vulcano a scudo.
Secondo diverse teorie, al di sotto della crosta, la profondità plutoniana sarebbe caratterizzata dalla presenza di un oceano sotterraneo, allo stato liquido ricco in ammoniaca, isolato dalla superficie ghiacciata da uno spessore di gas idrati. A seguito di un raffreddamento dell’oceano il materiale, non del tutto liquido, sarebbe impedito in gran parte di risalire liberamente e attraverserebbe solo dei canali che formano i rilievi montuosi.
Rimane da chiarire ancora oggi che cosa guidi la risalita del materiale eruttivo dalla profondità alla superficie. Il liquido sottostante sarebbe allora sottoposto a una sorta di moto convettivo facilmente verificabile a temperature estremamente basse (-230° circa), in grado di dare origine ai poligoni di ghiaccio. Il riscaldamento dall’interno del pianeta, facendo aumentare il volume del ghiaccio posto in profondità, renderebbe più bassa la sua densità e lo farebbe risalire in alto sotto forma di rigonfiamenti convettivi. Si instaurerebbe così un vero e proprio processo di ebollizione , una volta che i blocchi di ghiaccio si sarebbero raffreddati di nuovo.
Le dinamiche di questo strato di ghiaccio di azoto rimanderebbero a quelle che si trovano negli oceani della Terra, essendo guidate dal clima: la dinamica convettiva che è stata studiata dai ricercatori richiederebbe comunque un raffreddamento superficiale predominante sul flusso di calore nella parte inferiore dello strato a causa del riscaldamento radiogenico nel nucleo roccioso e del raffreddamento o riscaldamento secolare interno.
Le osservazioni condotte dimostrano ancora una volta l’unicità geologica di Plutone nonostante sia classificato come pianeta nano. Le dinamiche climatiche e morfologiche di questo genere potrebbero verificarsi anche sulla superficie di altri corpi celesti della fascia di Kuiper come, ad esempio, Eris e Makemake (altri pianeti nani). A breve, sarà compito della prossima generazione di telescopi in costruzione (come 30 Meter Telescope e il Giant Magellan Telescope ) fornirci migliori risoluzioni del suolo di Plutone.