Il principio di Bernoulli nella vita di tutti i giorni
Quante volte nella vita ci sarà capitato di spruzzarci del profumo? Utilizzare una bomboletta di vernice spray su striscioni o per scrivere dediche sul muro? Verniciare oggetti? Oppure, ancora, per gli appassionati di motori, regolare un carburatore a “farfalla”? Alla base di questi oggetti di uso comune, c’è un unico principio: l’equazione di Bernoulli.
Daniel Bernoulli (1700-1782), matematico e fisico di origini svizzere, ricavò un’equazione di fondamentale importanza nel campo della fluidodinamica. Rappresenta un modello semplificato di flusso inviscido di un fluido incomprimibile in regime di moto stazionario. Si deriva mediante l’omonimo teorema dall’integrazione dell’equazione di Eulero della quantità di moto lungo una linea di flusso, e descrive il moto di un fluido lungo tale linea.
La spiegazione del principio di Bernoulli
L’equazione descrive, in termini matematici, l’effetto dinamico subito da un fluido ideale a causa di una variazione di pressione. In formula:
Viene indicato con;
- u: velocità del fluido
- p: corrispettiva pressione
- ρ: densità corrispettiva
- G: termine di energia potenziale del fluido stesso
Leggendo l’equazione deduciamo che ad un aumento di velocità u o di quota G, corrisponderà un abbassamento relativo della pressione p, e viceversa.
I limiti di validità del principio
Per capire l’applicazione del principio, bisogna innanzitutto definire i limiti di validità di tale principio facendo alcune importanti ipotesi sul fluido considerato, ossia:
- trascurare i termini delle forze viscose (dissipative) agenti sul fluido,
- considerare trascurabili gli scambi termici dovuti al fluido in movimento,
- assumere l’incomprimibilità del fluido (densità costante),
- l’applicazione di tale equazione alla “linea di flusso”, cioè la traiettoria descritta nel tempo della singola particella di fluido.
Queste condizioni rendono difficoltosa l’applicazione alla realtà di tale equazione; tuttavia esiste uno strumento, alla base del funzionamento degli oggetti precedentemente citati, in grado di verificare tali ipotesi: il tubo di Venturi.
Il tubo di venturi: cos’è e come viene utilizzato?
Parliamo adesso del Venturimetro, o tubo di Venturi, dal nome del fisico italiano che lo brevettò. Il venturimetro ha la funzione di misurare la portata Q di un fluido, cioè la quantità di fluido che attraversa una sezione di area A nell’unità di tempo. Tuttavia, viene utilizzato maggiormente per generare differenze di pressioni utili all’interno di un condotto.
La struttura del tubo di venturi è la seguente:
Si tratta, in pratica, di è un condotto composto da due rami di diametro differente: il primo convergente (effusore) e l’altro divergente (diffusore). Il diffusore ha un tratto più lungo rispetto all’effusore, per limitare il fenomeno dissipativo della “separazione”, che comporta perdita di energia.
Questo strumento, attraverso una diminuzione di sezione della condotta (da A1 a A2), provoca l’accelerazione del fluido in corrispondenza del tratto divergente (A2) per mantenere costate la portata di fluido nel tempo.
Infatti, a causa della proporzionalità inversa che lega la velocità U del fluido alla sezione A della condotta, affinché ci sia portata Q costante, ad una diminuzione della sezione A corrisponderà un aumento della velocità U. Questo è possibile tradurlo con la seguente formula:
Dall’equazione di Bernoulli segue che nel passaggio di fluido attraverso il condotto, deve prodursi una differenza di pressione tra le sezioni A1 e A2 in modo da compensare la variazione di velocità. Questo è intuibile dal fatto che il termine a sinistra nell’equazione di Bernoulli deve rimanere costante.
Se collegassimo, come in figura, le due sezioni con un tubo ad U, contenente del fluido “manometrico“, dalla differenza di quota h tra i due menischi, potremmo risalire alla variazione di pressione tra i due rami.
Si nota, quindi, che la variazione di pressione può essere utilizzata per molteplici scopi. Se, per esempio, in corrispondenza della strozzatura (A2) mettessimo un condotto collegato ad un “serbatoio” contenente del liquido (esempio: profumo, vernice, inchiostro, combustibile), la diminuzione di pressione (“depressione”) dell’aria che attraversa il condotto, in corrispondenza della strozzatura, porterebbe ad un’aspirazione del liquido stesso nel condotto. Il liquido si innalza raggiungendo la strozzatura, nella quale, incontrando aria ad elevata velocità viene nebulizzato.
Così facendo si ottiene un getto vaporizzato che fuoriesce dal diffusore. In base al liquido utilizzato e alle geometrie variabili del condotto e del serbatoio, otterremo oggetti di uso comune, come riportato ad inizio articolo.
Il principio applicato al carburatore a “farfalla”
Il carburatore a “farfalla”, definito in questo modo per la particolare geometria della valvola di ostruzione, funziona tramite un ugello (tratto convergente) che aumenta la velocità dell’aria, la quale giunge dall’apposito filtro. La depressione generatosi all’apertura della valvola (quando premiamo l’acceleratore), richiama la miscela di combustibile attraverso un condotto che collega carburatore e serbatoio. La miscela viene quindi nebulizzata, pronta per entrare in camera di combustione, dove avverrà lo scoppio.
Le bombolette spray e nebulizzatori di profumo lavorano con lo stesso meccanismo. In questo caso però la differenza di pressione, necessaria per il funzionamento, viene fornita dalla pressione che il nostro dito esercita sulla valvola posta in cima.
Ulteriori applicazioni del principio di Bernoulli
Ci sono anche altre applicazioni del principio di Bernoulli alla realtà quotidiana, tramite un altro strumento, il cosiddetto tubo di Pitot, che prende il nome dall’ingegnere francese che lo inventò.
Un tubo di Pitot è fornito di due prese di pressione, una all’estremità anteriore disposta tangenzialmente alla corrente (presa totale) e una sul corpo disposta perpendicolarmente al flusso (presa statica). La differenza tra le due pressioni (la pressione dinamica, misurata con un manometro differenziale collegato alle due prese) è proporzionale al quadrato del modulo della velocità macroscopica, in formula:
Un sistema pitot-statico è un sistema di strumenti sensibili alla pressione che viene spesso utilizzato in aeronautica per determinare la velocità di un aereo, il numero di Mach, l’altitudine, e velocità variometrica. Questa apparecchiatura è utilizzata per misurare le forze che agiscono su un velivolo in funzione della temperatura, della densità, della pressione e delle viscosità del fluido in cui si trova.
Tale strumento viene, quindi, utilizzato su tutti gli aeroplani e nella Formula Uno (durante i test pre-stagionali) come sensore per la determinazione della velocità relativa del mezzo rispetto all’aria. Viene utilizzato anche nell’impiantistica ambientale per controllare le pressioni differenziali lungo le tubazioni di estrazione ed iniezione dei gas dal sottosuolo.