Siete stanchi dei soliti tormentoni estivi da spiaggia che da settimane si ripetono su qualsiasi emittente radiofonica si ascolti? Bene, sappiate che esiste una valida e particolare alternativa, ossia quella di aprire il canale ufficiale della NASA e mettersi all’ascolto nientemeno che di… un buco nero!
No, non avete letto male, c’è proprio scritto che sia possibile ascoltare il “suono” emesso da un buco nero! Sia chiaro, le virgolette in questo caso sono d’obbligo perché non si tratta certamente di una armoniosa ed orecchiabile melodia, eppure nel file audio diffuso dalla National Aeronautics and Space Administration (meglio nota a tutti come NASA) è veramente possibile ascoltare il rumore di fondo di un buco nero, opportunamente editato per poter essere colto dall’orecchio umano. Bando alle ciance, cerchiamo di scoprirne di più!
Prima di addentrarci nel vivo della questione, può essere utile e formativo sapere che cosa sia un buco nero. In sostanza si tratta di un corpo celeste (come lo sono i pianeti), con la caratteristica peculiare di avere un campo gravitazione di estrema intensità, tale da risucchiare qualsiasi cosa, sia essa materia o radiazione. Quindi anche la luce viene risucchiata da questa regione di spazio, ragion per cui vengono definiti appunto come buchi neri. Un buco nero è un elemento astronomico molto particolare, che sfugge alle leggi della relatività generale per varie ragioni; tutto ciò che entra in esso non può uscirne, perché per farlo servirebbe una velocità (definita velocità di fuga) addirittura superiore a quella della luce!
Generato di solito dalle implosioni di altri corpi celesti aventi masse considerevoli, non possono essere osservati direttamente e se ne teorizza indirettamente la presenza in determinati punti dell’Universo grazie agli effetti e alle interazioni (gravitazionali ed elettromagnetiche) che questi hanno con i corpi celesti circostanti.
Una primissima, rivoluzionaria immagine di un buco nero (che poi è quello situato nel centro della nostra galassia, la Via Lattea) è datata 12 Maggio di quest’anno nell’ambito del progetto EHT (Event Horizon Telescope). Questa ha permesso al mondo scientifico di avere una prova visibile dell’esistenza di queste particolari entità spaziali, finora solamente ipotizzate e, come detto, misurate indirettamente.
Spiegato cosa sia un buco nero, entriamo nello specifico di quello che si trova al centro dell’Ammasso di Galassie di Perseo (attuale nome astronomico Abell 426), struttura astronomica situata a circa 240 milioni di anni luce dalla Terra identificata nel 1970 grazie all’impiego del primo satellite dedicato all’astronomia a raggi X, l’Uhuru ed attualmente il più brillante oggetto scoperto in tutto l’Universo.
Agli inizi del XXI secolo, più precisamente nel 2003, gli astronomi hanno scoperto un evento piuttosto particolare, che poi è alla base dei “suoni” emessi dal buco nero. Questi hanno infatti osservato come la supermassività del buco nero e delle onde di pressione da questo generate per effetto della fortissima gravità in esso presente producano delle increspature delle onde di gas caldo proprie di un ammasso di galassie. Queste distorsioni delle masse di gas incandescente (un particolare stato della materia definito plasma o interclaster medium) permettono alle onde sonore prodotte dall’attività del buco nero di potersi diffondere nell’Universo e di venire captate dai satelliti artificiali costruiti dall’uomo.
Il “suono” (si tratta piuttosto di un rumore di fondo, a dirla tutta) prodotto dal buco nero al centro dell’Ammasso di Galssie di Perseo registrato dalla NASA, se trasmesso così come captato, non sarebbe mai stato udibile dall’orecchio umano. Questo perché le increspature delle onde plasma incandescente presente attorno agli ammassi di galassie producono delle note estremamente basse, in effetti le più basse mai rilevate nell’Universo, impossibili da udire per l’orecchio umano (si parla di oltre un milione di miliardi di volte più profondo dei limiti dell’udito umano!).
La nota più bassa in assoluto, rilevata proprio nel 2003, è un Si bemolle ben 57 ottave al di sotto del Do centrale! Questa nota ha una frequenza di ben 10 milioni di anni, mentre la nota più bassa udibile dal nostro orecchio ha una frequenza di un ventesimo di secondo, per cui non saremmo mai stati in grado di percepire il tetro lamento del buco nero in questione. Per poter rendere fruibile al pubblico il frutto del lavoro dei satelliti, gli astronomi hanno dovuto realizzare un remix della stessa.
Mediante le tecnica della sonificazione, gli astronomi dell’Osservatorio a raggi X Chandra della Nasa hanno remixato il suono e aumentato la sua frequenza di circa 57 ottave. “Un altro modo per dirla è che vengono ascoltati tra 144 quadrilioni e 288 quadrilioni di volte la loro frequenza originale”, ha detto un portavoce della NASA. Il risultato è sorprendente: il “suono” che si percepisce è molto tenebroso e quasi inquietante, sembra una sorta di lamento di qualche creatura primordiale. Proprio per questa sua natura ancestrale, però, ascoltarlo è allo stesso tempo incantevole e quasi magico. E tu, cosa aspetti ad ascoltarlo?