Biologia

Come i pesci resistono ad alte profondità grazie ad una sostanza chimica

I pesci resistono ad alte profondità senza subire danni dovuti alle elevatissime pressioni. Maggiore è la profondità, maggiore è la pressione a cui gli animali marini sono sottoposti. Uno dei punti più profondi del pianeta è la fossa delle Marianne, lunga 11 km sotto la superficie del mare. Gli scienziati hanno valutato che all’interno della depressione si raggiungono 1,1 kbar, ovvero 1.100 volte la pressione sulla superficie terrestre. Come è possibile che esistano animali in grado di sopportare tali condizioni? Finalmente abbiamo una risposta!

Perché solo alcuni pesci resistono ad alte profondità?

Per lungo tempo i ricercatori hanno tentato di spiegare perché i pesci resistono ad alte profondità a dispetto di altri animali. Tralasciando i campioni ed i loro straordinari record, in media è consigliato per noi non superare i 30 metri di immersione. Dai dati mostrati nell’introduzione e quest’ultimo, è ovvio che le persone rientrano in quel gruppo di esseri viventi limitati sotto questo punto di vista. I vincoli sono dovuti a più fattori come le basse temperature, narcosi da azoto, malessere di decompressione. Ritornando ad un discorso generale, includendo dunque forme di vita più adatte alle profondità rispetto all’essere umano, uno dei fenomeni più pericolosi riguarda la distorsione delle molecole d’acqua.

Lo studio dei ricercatori di Leeds ha prodotto risultati interessanti partendo dall’analisi delle molecole d’acqua. Fu osservato che le molecole sotto alta pressione si distorcono e cambiano forma. Questo è uno dei motivi che porta alla morte la maggior parte degli organismi, essendo tale distorsione tale da impedire processi biochimici vitali. La risposta al quesito allora è tutta qui: i pesci resistono ad alte profondità perché contrastano l’effetto della pressione esterna sulle molecole d’acqua. La professoressa Lorna Dougan, della School of Physics and Astronomy di Leeds, ricorda che questi straordinari animali si sono adattati a vivere in condizioni estreme e la ricerca punta a svelarne i segreti:

“Dobbiamo capire cosa succede all’acqua sotto pressione e come gli organismi adattati alla pressione combattono questi effetti. Se riusciamo a capire come questi organismi sopravvivono a pressioni estreme, possiamo applicare questi risultati allo studio più ampio della stabilità biomolecolare”.

L’esperimento dei ricercatori di Leeds

Sotto la guida del dottor Harrison Laurent, anch’egli della School of Physics and Astronomy, lo studio ha utilizzato strumenti di analisi avanzati per scoprire l’effetto della pressione sui legami idrogeno tra molecole d’acqua. Si scoprì che sotto pressione le molecole d’acqua formano una rete simile ad un tetraedro. A quel punto si analizzò il tessuto muscolare degli animali marini. Dalla pubblicazione apprendiamo che i pesci resistono ad alte profondità grazie ad una particolare sostanza chimica. Essa è la trimetilammina N-ossido (TMAO) riscontrabile anche ad esempio in squali e crostacei.

Uno degli esperimenti più importanti fu il seguente: l’acqua venne sottoposta alla pressione di 4 kbar prima senza TMAO, poi con la sostanza. I dati rivelarono che la trimetilammina N-ossido interagisce con l’acqua formando solvato, dunque una specie di guscio. Ad alta pressione, i legami idrogeno nel campione di acqua pura divennero distorti e instabili così come previsto. La presenza di TMAO, invece, ha rafforzato e stabilizzato il legame idrogeno preservando le molecole d’acqua.

I pesci resistono ad alte profondità bilanciando la TMAO

Altra straordinaria scoperta dimostra che la quantità di TMAO negli organismi che vivono negli oceani aumenta linearmente con la profondità del loro habitat. Il guscio di cui prima parlavamo, ovvero “osmolyte protection” può quindi offrire un meccanismo efficace per la sopravvivenza in ambienti estremi. Laurent ha dichiarato che:

“I risultati sono importanti perché aiutano gli scienziati a comprendere i processi con i quali gli organismi si sono adattati per sopravvivere alle condizioni estreme che si trovano negli oceani”.

Nella seguente figura osserviamo:

  • a) la relazione tra profondità e pressione nell’oceano riguardo specie di teleostei;
  • b) la struttura della molecola TMAO;
  • c) la concentrazione in mmol di TMAO per kg di tessuto muscolare dei teleostei (dati raccolti a diverse profondità).
(photo: Communications Chemistry volume 5, Article number: 116 (2022) )

Le conclusioni sono molto importanti perché permettono non solo di studiare il meccanismo generale di protezione sotto alte pressioni ma aprono le porte ad ulteriori approfondimenti sui microrganismi.

Published by
Christian Cione