Blaise Pascal (1623-1662) nacque il 19 giugno a Clermont, in Francia. All’età di 3 anni perse la madre e della sua educazione si occupò personalmente il padre, Etienne, un giurista e ricco funzionario del fisco, nonché brillante matematico dilettante (da lui prende il nome una celebre curva, la “chiocciola o lumaca di Pascal”). Riguardo il figlio, Etienne aveva idee pedagogiche piuttosto strane e desiderava che si dedicasse alle scienze morali. Per questa ragione, decise che non avrebbe dovuto studiare matematica prima di aver raggiunto i quindici anni, facendo scomparire da casa tutti i libri di quella disciplina. Quindi come arrivò a formulare il Teorema di Pascal?
Come spesso accade, però, un divieto non fa altro che alimentare la curiosità per l’oggetto messo al bando e così il giovane Blaise, all’età di dodici anni, cominciò a cimentarsi da solo e in gran segreto con la geometria. Un giorno, entrando all’improvviso nella camera del ragazzo, Etienne lo trovò seduto per terra, occupato a disegnare delle figure con dei pezzi di carbone. “Che cosa fai lì?” gli chiese. “Provo a dimostrare che la somma degli angoli interni di un triangolo è pari a due angoli retti” rispose candidamente Blaise. “Benedetto figliolo! Io gli proibisco di leggere la matematica e lui me la inventa!”.
Etienne rimase talmente impressionato che, da allora, annullò la proibizione consentendo al figlio di leggere quel che gli pareva, di divorare tutti i testi di matematica della biblioteca di casa, a partire dai classici “Elementi” di Euclide. Il giovane Blaise andò molto oltre e nel 1640, appena sedicenne, pubblicò un “Essay pour les coniques”, un’unica pagina stampata che conteneva la proposizione, descritta dall’autore come “mysterium hexagrammaticum”, noto oggi come “Teorema di Pascal”. Questo il contenuto: le tre coppie di lati opposti di un esagono inscritto in una conica si incontrano in tre punti allineati.
Con riferimento alla figura, immaginate un esagono ABCDEF inscritto, per esempio, in un’ellisse. Supponiamo che i prolungamenti dei lati AB e DE si intersechino nel punto H; quelli dei lati BC e EF nel punto K e quelli dei lati CD e AF nel punto L. Allora, questi tre punti H, K e L giacciono sulla stessa retta. Si tratta di un risultato meraviglioso, straordinariamente elegante che impressionò a tal punto il già affermato Cartesio, che quest’ultimo si rifiutò di credere che ad esserne l’autore fosse un ragazzo così giovane!
Archimede, Pascal e Newton si incontrano nell’aldilà e discutono dei risultati conseguiti nel corso delle loro esistenze. Newton non può affatto lamentarsi: scienziato senza rivali, matematico eminente, funzionario pubblico e presidente della Royal Society, vissuto fino a 84 anni e onorato in vita e dopo la morte come una gloria nazionale.
Di contro Archimede non riesce proprio a mandar giù il fatto di aver perso la vita per mano di un rozzo soldato romano che gli avrebbe ordinato di andare con lui da Marcello e a cui avrebbe risposto che, sì, ci sarebbe andato, ma solo dopo aver risolto un problema geometrico (su cui era concentrato da tempo) e messo in ordine la dimostrazione.
E che dire di Pascal? Bambino prodigio, dotato di idee geniali e di un potenziale immenso che non riuscì a sfruttare sino in fondo per via di una crisi mistica che lo portò ad abbandonare la scienza e la matematica per dedicarsi completamente alla teologia e a causa di una malattia che lo stroncò prematuramente a soli 39 anni.
Per risollevare il morale della compagnia, in una sorta di regressione infantile, Newton propone di giocare a nascondino. Archimede accetta ma a condizione che sia lui a contare. Così mentre il genio siracusano si copre gli occhi e conta fino a 10 nel posto scelto come “la tana”, Pascal corre a cercare un luogo dove non possa essere scovato. Newton, invece, con calma serafica prende un ramo lungo e sottile da una pianta, disegna un quadrato su un terreno soffice vicino alla tana e ci si mette dentro.
Quando Archimede termina di contare e, girandosi, scorge Newton dinanzi a lui, a pochi metri di distanza, gli si avvicina perplesso e gli domanda: “Perdonami Isaac, ma temo che tu non abbia compreso bene le regole del gioco… In questo modo ti ho già trovato!”. “Ti sbagli, Archimede, guarda attentamente dove sono”, ribatte Newton. Indicando il quadrato per terra, aggiunge: “Con questa asta rigida di riferimento, misura il lato del quadrato”. Archimede effettua la misurazione, scopre che il lato del quadrato è lungo 1 metro e lo comunica a Newton. “Ecco, mio caro Archimede! Lo vedi che sei in errore? Tu hai trovato Newton su metro quadrato, quindi hai beccato Pascal!“.