Le forme presenti in natura hanno sempre costituito un punto di ispirazione per l’uomo, basti pensare alle macchine volanti di Leonardo Da Vinci ispirate agli uccelli. La nuova tendenza che si è sviluppata negli ultimi anni consiste nel prendere spunto, non solo dalle forme ottimizzate in millenni di processo evolutivo, ma ispirarsi a come i sistemi biologici interagiscono con l’ambiente circostante. Alcuni esempi possono essere la capacità di mimetizzarsi di un camaleonte o la rapida risposta che è in grado di dare la nostra pelle in seguito ad uno stimolo esterno. Ciò si traduce in materiali, come gli smart material o metamateriali, in grado di integrare rilevamento, elaborazione e risposta in seguito ad un dato segnale costituito da uno stimolo esterno, che può essere, ad esempio, meccanico, termico, acustico, ottico o elettromagnetico.
Ciò non è da intendersi solamente come un materiale che cambia una o più proprietà fisiche in seguito ad una interazione con l’ambiente. Una tipica applicazione è quella di un estensimetro che rilevando la variazione della sua resistenza elettrica riesce a risalire al corrispondente spostamento imposto: questo tipo di applicazione richiede un sistema esterno per l’elaborazione dei dati. Un metamateriale deve elaborare e attuare autonomamente una risposta a tale stimolo e il tutto deve essere facilmente riprogrammabile.
Attualmente, questo compito è affidato all’elettronica che grazie alla possibilità di miniaturizzazione dei componenti ha trovato impiego nelle più svariate applicazioni. Ultimamente questa tendenza è stata messa in discussione e sono stati introdotti nuovi modi di elaborare le informazioni che prevedono l’integrazione tra informatica ed elettronica con i sistemi meccanici cosicché l’elaborazione dei dati diventi una proprietà di un dato materiale.
Ciò presuppone un materiale appositamente strutturato che rappresenta una sfida multidisciplinare tra scienza dei materiali, informatica, teoria dell’informazione, tecnologia di processo in particolare con l‘additive manufacturing e la robotica. Tali materiali vengono spesso indicati come smart materials o metamaterials, per lo più sono costituiti da semiconduttori di silicio ma sono stati realizzati anche con materiali polimerici tramite stampa 3D. L’idea alla base resta sempre quella di eliminare i componenti elettronici integrandoli nel materiale.
Un ostacolo a tale connubio è sicuramente rappresentato dalla fisica degli oggetti e la matematica discreta usata in informatica. Attualmente la logica di calcolo è quella binaria, semplice e consolidata ma non necessariamente l’unica via da impiegare in queste nuove applicazioni dove i dati possono non essere digitalizzati, ciò grazie al fatto che, come già detto, l’elaborazione del segnale input diventa una caratteristica intrinseca del materiale. Altra problematica è rappresentata del consumo energetico di un sistema tradizionale che viene in gran parte risolta dagli smart material che non necessitando di circuiti elettrici aggiuntivi lo riducono notevolmente.
I concetti appena presentati sono stati applicati in un recente studio condotto da ricercatori dell’università del Nebraska e l’università di Dallas. Il team di ricerca ha realizzato una rete neurale costituita da tre MEMS (Micro Eletromechanical system) capaci di interagire tra loro. Il sistema è a base di silicio e consta di tre masse sospese e due serie di differenti elettrodi, una ha la funzione di dare la caratteristica di forza-spostamento mentre l’altra rende i tre sistemi capaci di comunicare tra loro. La curva forza-spostamento di tale sistema risulta fortemente non lineare come avviene tipicamente per i sistemi RNN (recurrent neaural network) e la comunicazione avviene per variazione della forza elettrostatica in segui ad una data deformazione.
Così facendo, i ricercatori hanno realizzato un materiale in grado di percepire stimoli esterni come forze e accelerazioni capendone anche la direzione di provenienza, il tutto riprogrammabile cambiando la tensione di bias. Questo potrà essere applicato nei robot morbidi studiati nel campo biomedicale e per realizzare dispositivi indossabili in grado di elaborare i dati acquisiti, il tutto reso possibile dall’assenza di circuiti elettronici e dal consumo ridotto di tale sistema (1,779×10^-19 kWh per eseguire un calcolo di riconoscimento di un segnale).
A cura di Elia Dal Lago