Supponiamo che una lotteria con una struttura dei premi piuttosto semplice preveda 10 milioni di combinazioni di numeri e che soltanto una queste sia vincente. Il montepremi è di 6 milioni di euro e un biglietto costa 1 euro. Se io compro un biglietto e, prima dell’estrazione, mi si presenta un individuo che si offre di acquistarlo al prezzo di 1,20 euro, che cosa dovrei fare? Tenermi stretto il biglietto oppure accettare l’offerta, intascandomi un profitto di 20 centesimi? Evidentemente la risposta dipende dal valore che io assegno al biglietto stesso, anzi, per la precisione, dal suo “valore atteso”. Il concetto di “valore atteso” è la risposta a “perché tolgono 0,25 punti per le risposte sbagliate”. Vediamolo nel dettaglio.
Per ciascun esito possibile (e in questo caso ce ne sono solo due: il biglietto è vincente oppure no), si moltiplica la probabilità di quell’esito per il valore del biglietto dato quell’esito, quindi si sommano i singoli risultati ottenuti. Dal momento che il mio biglietto vale 0 euro 9.999.999 volte su 10.000.000 e vale 6.000.000 di euro 1 volta su 10.000.000, il suo valore atteso è pari a (9.999.999/10.000.000 x 0€) + (1/10.000.000 x 6.000.000€) = 0,60€. Dunque, poiché il valore atteso del mio biglietto è di 60 centesimi, non solo mi conviene concludere l’affare e vendere il mio biglietto al tizio, ma non avrei dovuto nemmeno sborsare un euro per acquistarlo, quel biglietto!
Il valore atteso è un ottimo metodo per calcolare mediamente il giusto prezzo di un oggetto e oggi viene applicato non solo alla valutazione del valore di biglietti della lotteria ma anche a quello di azioni di borsa e assicurazioni sulla vita, per esempio. Vi siete mai chiesti perché nei test a risposta multipla, di solito, se si risponde correttamente ad una domanda si guadagna 1 punto, se la si lascia in bianco si totalizzano 0 punti, mentre se si dà la risposta sbagliata si viene penalizzati con un punteggio negativo uguale a -0,25 (supponendo che ogni domanda presenti 5 alternative)?
Perché in questo modo il valore atteso del risultato di chi risponde tirando a caso è uguale al risultato di chi lascia la domanda in bianco (consentendo una valutazione giusta ed equilibrata). Infatti, coloro che si affidano alla fortuna, 4 volte su 5 sbagliano beccandosi un -0,25, 1 volta su 5 ci azzeccano accaparrandosi 1 punto. Dunque, il valore atteso del risultato è uguale a 4/5 x (-0,25) + 1/5 x 1 = 0.
Uno dei primi pensatori che ha sfruttato l’idea di “valore atteso” è stato Pascal. Solo che a lui non interessava vincere alla lotteria ma voleva sapere se valesse la pena di puntare sull’esistenza di Dio. Supponiamo, diceva, di scommettere sull’esistenza di Dio. Il valore atteso di una simile puntata è dato da (probabilità che Dio esista) x (cosa ci ricavo se esiste) + (probabilità che Dio non esista) x (cosa ci ricavo se non esiste).
Se la probabilità che Dio esista è 1/2 e se crediamo in Dio (comportandoci di conseguenza), la formula diventa: (1/2 x beatitudine eterna) + (1/2 x niente)= beatitudine eterna. In altre parole, puntare sull’esistenza di Dio conviene dal momento che la ricompensa è eccezionale: la metà di niente è niente, mentre la metà di una cosa infinita è anch’essa infinita.
ANCHE se la probabilità che Dio esista si riducesse a 1/100, la formula darebbe: (1/100 x beatitudine eterna) + (99/100 x niente)= beatitudine eterna. Se, invece, uno non crede in Dio, fermo restando che la probabilità che Dio esista sia 1/2, la formula diventerebbe: (1/2 x dannazione eterna) + (1/2 x niente)= dannazione eterna. Altrettanto deprimente sarebbe la ricompensa per i non credenti se la probabilità che Dio esista fosse pari a 1/100: il valore atteso della scommessa è sempre infinitamente sfavorevole perché la metà o 1/100 di dannazione eterna è sempre dannazione eterna.
Questa argomentazione è nota come “la scommessa di Pascal“: se vi è la minima probabilità che Dio esista, vale assolutamente la pena di credere in Lui. Sii cristiano, avanti, cosa ti costa? Il ragionamento di Pascal è parziale e vizioso. Chi ci garantisce che la probabilità di esistenza di Dio sia non nulla? Se fosse pari a 0, ci ritroveremmo con la forma indeterminata 0 x ∞…