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Perché l’acqua scorre più facilmente del miele? La viscosità dei fluidi spiegata

Di che cosa sia la viscosità in un qualche modo ne facciamo esperienza ogni giorno. Pensate, per esempio, a quando versiamo un bicchiere d’acqua oppure a quando spremiamo il tubetto del dentifricio per lavarci i denti, o ancora, quel momento in cui cerchiamo – con scarsi risultati – di far colare l’ultimo rimasuglio di miele rimasto sul nostro cucchiaino. Tutti questi semplici gesti del quotidiano hanno una cosa in comune: lo scorrimento di un fluido. Prima di addentrarci nel tema della viscosità dobbiamo capire innanzitutto cos’è un fluido.

In generale, un fluido si differenzia da un solido per la sua capacità di assumere la forma del recipiente che lo contiene e dal fatto di deformarsi indefinitamente sotto l’azione di una forza. Se pensate ad un solido, infatti, applicando una certa sollecitazione si ottiene una deformazione ben definita; mentre nel caso del fluido la deformazione può continuare indisturbata in presenza di una forza anche minima. Nel più largo insieme dei fluidi si possono poi individuare altre due sottocategorie: i liquidi e i gas. I primi sono caratterizzati da molecole relativamente libere di muoversi l’una rispetto all’altra e da legami intermolecolari più forti rispetto ai secondi. Sono proprio questi legami chimici esistenti fra le molecole del liquido a determinarne la viscosità. Ma andiamo con ordine.

Possiamo pensare alla viscosità di un fluido come ad una sorta di attrito interno fra le varie porzioni di esso che si muovono l’una rispetto all’altra. Perciò, possiamo pensare intuitivamente alla viscosità come alla resistenza che il fluido stesso pone al suo scorrimento. Tant’è vero che non serve uno scienziato per constatare che è più facile mescolare un fluido a bassa viscosità come l’acqua rispetto a uno più viscoso come il miele. In sostanza la viscosità può essere anche vista un po’ come l’analogo dell’attrito che si viene a creare fra due solidi in movimento relativo, ma nell’ambito dei fluidi.

La definizione di viscosità

Per definire in modo più scientifico la viscosità dobbiamo considerare una porzione di liquido compreso fra due piastre, una soprastante mobile e una sottostante fissa, molto grandi. Se applichiamo una forza alla piastra superiore vediamo che questa comincia a scorrere trascinando con sé il liquido. Se la forza applicata non è esageratamente grande, il fluido si muoverà relativamente piano e perciò il suo movimento viene considerato in gergo tecnico un moto laminare. Nel moto laminare possiamo immaginare il liquido come composto da una serie di lamine parallele che scorrono l’una rispetto all’altra. In questo contesto, la piastra sottostante mantiene fissa la lamina di liquido direttamente in contatto con essa – la cosiddetta condizione di aderenza – e perciò fra le due piastre si viene a creare un gradiente di velocità ∇v. Questa “esotica” parola significa semplicemente che le lamine di liquido non si muovono tutte alla stessa velocità.

In condizioni di moto laminare, il liquido (azzurro) fra le due piastre può essere immaginato come composto da tante lamine che scorrono parallele le une rispetto alle altre (blu scuro). In base alla viscosità del fluido, data una certa forza F che muove il liquido, ogni lamina avrà una certa velocità.

La medesima cosa accade anche in un tubo con acqua corrente: al contrario di quello che si potrebbe immaginare, l’acqua non scorre alla stessa velocità lungo tutta la sezione del tubo, ma ha velocità massima al centro e si annulla in prossimità delle pareti. Perciò, da un punto di vista matematico la viscosità μ altro non è che quella quantità che mette in relazione la sollecitazione che genera il movimento del fluido – detta sforzo di taglio τ, ovvero la forza F divisa per l’area della piastra – con la risultante distribuzione di velocità delle lamine, la quale può anche essere vista come una velocità di deformazione del fluido.

τ = μ∇v

Per capirci meglio: a parità di sollecitazione, un fluido molto viscoso si deformerà più lentamente, viceversa, un fluido a bassa viscosità si deformerà più velocemente. Pensate ancora all’esempio del miele e dell’acqua.

Fluidi newtoniani e fluidi non-newtoniani

Come potrete ben immaginare, non tutti i fluidi si comportano allo stesso modo. I fluidi più “semplici”, come l’acqua, vengono chiamati fluidi newtoniani e hanno la caratteristica di mantenere invariata la propria viscosità mentre vengono deformati. Alcuni tipici fluidi newtoniani sono l’olio da cucina, il latte, l’aceto e il succo di frutta. Per contro, i fluidi che non possiedono viscosità costante vengono detti non-newtoniani. All’interno dell’insieme dei fluidi non-newtoniani ricadono tutte quelle sostanze che variano la propria viscosità in risposta alla velocità di deformazione a cui sono sottoposte: i cosiddetti fluidi dilatanti, come le soluzioni di acqua e amido di mais, aumentano la propria viscosità tanto più velocemente vengono deformati. A tal proposito, è ben nota la possibilità di correre senza affondare sulla superficie di una soluzione a base di acqua e amido di mais, mentre fermandovici sopra si sprofonda subito come succederebbe in acqua.

Ci sono poi i fluidi pseudoplastici che si comportano in modo opposto rispetto ai “cugini” dilatanti, ovvero riducono la propria viscosità all’aumentare della velocità di deformazione. Un esempio in questo senso sono il sangue e il ketchup. Fateci caso la prossima volta che userete questa salsa a base di pomodoro: quel gesto che ci viene tanto naturale di scuotere il flacone del ketchup per farlo uscire è proprio basato su questa caratteristica del fluido. Esistono anche dei fluidi che scorrono solo a partire da un certo livello di sforzo. Queste sostanze vengono chiamate fluidi alla Bingham in onore del loro scopritore: lo scienziato statunitense Eugene C. Bingham. Un esempio in tal senso è il dentifricio.

Viscosità
La pendenza delle curve rappresenta la viscosità del fluido. Gli unici fluidi che mostrano una pendenza costante per qualsiasi velocità di deformazione ∇v sono i fluidi newtoniani come l’acqua.

Un’ulteriore classificazione dei fluidi non-newtoniani viene fatta sulla base della variazione nel tempo della viscosità. Infatti, dato un certo livello di sforzo, alcuni fluidi detti reopectici vedono ridurre nel tempo la propria viscosità. Alcuni esempi in questo senso sono lo Yogurt, il burro di arachidi e molte vernici. Il comportamento contrario, ovvero l’aumento della viscosità nel tempo, avviene nei fluidi tissotropici. È poi doveroso ricordare anche che la viscosità dei liquidi dipende sempre dalla temperatura. In generale, i liquidi vedono ridurre la propria viscosità all’aumentare della temperatura. Per esempio, questo è piuttosto evidente quando si immerge un cucchiaino di miele in una tazza fumante di tè: già pochi secondi dopo l’immersione il miele comincia a scorrere più velocemente, quasi come fosse acqua.

Alcuni fluidi variano la propria viscosità nel tempo quando sono soggetti ad uno sforzo anche costante.
Alcuni fluidi variano la propria viscosità nel tempo quando sono soggetti ad uno sforzo anche costante.

Comprendere la viscosità con la legge di Stokes

Nel 1851 lo scienziato britannico George G. Stokes presentò una formulazione matematica per quantificare la resistenza di cui risente una piccola particella sferica che si muove in un fluido: la cosiddetta legge di Stokes. Per comprendere meglio il concetto di viscosità di un fluido possiamo fare un semplice esperimento mentale: prendiamo una piccola sfera di acciaio da 1 millimetro di diametro e immaginiamo di lasciarla cadere all’interno di un cilindro molto lungo contenente un liquido. Sotto l’azione della forza di gravità la sfera comincerà ad accelerare, ma allo stesso tempo verrà frenata dall’azione viscosa del fluido. Intuitivamente, ci si può aspettare che tanto più viscoso è il fluido e tanto più rilevante sarà l’azione frenante che questo esercita sulla sfera. Svolgendo un po’ di calcoli con la legge di Stokes possiamo prevedere la rapidità con cui la sfera si muove all’interno del cilindro. Nei calcoli abbiamo considerato tre liquidi piuttosto viscosi: olio d’oliva (0.040 Pa·s), sciroppo d’acero (0.175 Pa·s) e miele (2.500 Pa·s). Per darvi un termine di confronto, l’acqua ha una viscosità di 0.001 Pa·s.

La viscosità del fluido incide fortemente sulla velocità con cui cade la sfera nel cilindro. Dal grafico si vede subito che tanto più viscoso è il fluido e tanto più lentamente la sfera vi cade al suo interno.

Dai risultati riportati nel grafico poco sopra vediamo subito che la pallina cade più velocemente nell’olio di oliva che è anche il liquido meno viscoso dei tre, mentre cade più lentamente nel miele rispetto agli altri due casi. Altra cosa interessante è che la velocità si stabilizza e rimane costante già dopo pochi centesimi di secondo. Questo effetto è dovuto alla viscosità del fluido che frena la pallina fino al raggiungimento della sua velocità terminale, se così non fosse la pallina continuerebbe ad accelerare sotto l’azione della gravità e invece di linee avremmo ottenuto delle curve.

Articolo a cura di Axel Baruscotti