La neve sulle Alpi si sta riducendo in tempi record. Un recente studio dimostra che il manto nevoso sulle Alpi nell’ultimo secolo si è accorciato di più di un mese. La neve diventa non solo sempre più rara, ma tende a scomparire in poco tempo, scatenando un vero e proprio allarme climatico e non solo.
Di recente sulla rivista Nature Climate Change è stato pubblicato uno studio che riguarda l’analisi della diminuzione del manto nevoso sulle Alpi negli ultimi 600 anni. Si tratta di una ricerca italiana che ha coinvolto l’Università di Padova e l’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del CNR di Bologna. Le informazioni sul manto nevoso sono state ricostruite grazie a una pianta, il ginepro comune, diffuso in tutta Europa, che cresce fino a 2500 metri di altitudine in ambienti rocciosi e soleggiati. I ricercatori hanno osservato che quando il ginepro comune si trova in alta quota, tende a crescere vicino al suolo orizzontalmente. Quindi tramite gli anelli di accrescimento è stato possibile valutare la durata della copertura nevosa nel corso dei secoli. L’altezza del ginepro è di poche decine di centimetri, motivo per cui la durata della sua crescita dipende da quanto tempo impiega per emergere dal manto nevoso.
Oltre all’analisi degli anelli di accrescimento, non sufficiente per giungere a risultati soddisfacenti, il team ha elaborato un modello di permanenza della copertura nevosa. Poiché il ginepro comune è una pianta che può vivere 400 anni, ha permesso di ricostruire il manto nevoso delle Alpi per diversi secoli. Infatti, non ha senso studiare il clima con un orizzonte temporale ristretto, ma le informazioni che riguardano la copertura nevosa sono disponibili solo da pochi decenni. Per questo i ricercatori, oltre ai dati sperimentali disponibili sugli ultimi anni, hanno dovuto trovare qualcos’altro che permettesse di “andare indietro nel tempo” e ricostruire il clima del passato. Il ginepro si è rivelato una scelta vincente. Il team è riuscito a stimare le caratteristiche del manto nevoso fino a 600 anni fa. Si tratta del primo caso in cui si riescono a ottenere informazioni per un periodo così ampio per questa variabile climatica.
È la prima volta che si verifica una situazione climatica come quella che stiamo vivendo. Mai nella storia la neve sulle Alpi è stata così poca come adesso. Nell’ultimo secolo la durata del manto nevoso si è ridotta di più di un mese. Questo risultato deve portare a una maggiore consapevolezza della crisi climatica attuale. Ma non solo. La neve sulle Alpi non soltanto ha un ruolo fnodamentale per il clima e per l’ambiente, ma ha anche un valore sociale ed economico. La neve quindi non è soltanto una variabile del sistema climatico ma anche una risorsa. Senza la neve non ci sarebbero gli sport invernali o il turismo, e inoltre verrebbe a mancare un’importante riserva idrica.
Il manto nevoso è estremamente sensibile ai cambiamenti climatici, perché nelle normali condizioni dei mesi invernali, la neve tende a trovarsi vicino al punto di fusione. Per questo l’aumento di temperatura o alterazioni del regime stagionale delle precipitazioni possono modificare le caratteristiche della copertura nevosa, per esempio l’estensione o la densità. La neve condiziona il bilancio radiativo della Terra e quindi il clima globale. È responsabile infatti dell’ effetto albedo: la neve, essendo bianca, riflette tutta la radiazione solare che incide su di essa. La neve fresca può riflettere anche oltre il 90% della radiazione solare, mentre la neve vecchia generalmente ne riflette il 40%. La copertura nevosa in inverno assorbe poca energia dall’ambiente e tende quindi a non fondersi. Una zona innevata perciò ha delle temperature più basse sia per l’effetto albedo sia per i cambiamenti di fase del ghiaccio, che sottraggono energia.