Si sa, l’uomo è da sempre attratto da tutto ciò che risulta difficilmente raggiungibile. Che sia lo spazio profondo (conosciamo tutti l’impresa dell’Apollo 11 di allora o le recenti missioni di SpaceX) o l’interno della Terra, poco cambia. Relativamente a quest’ultimo ambito, ci sono anche notevoli esempi letterari cui far riferimento. Nel 1864, lo scrittore francese Jules Verne scrisse “Viaggio al centro della Terra”, uno dei libri di fantascienza più famosi di sempre. Chi non conosce le avventure del professor Lidenbrock e di suo nipote Axel, sulle orme di uno scienziato islandese del XVI secolo per cercare di ripercorrerne il rocambolesco viaggio al centro del nostro pianeta?
Altro esempio famosissimo è quello della “Divina Commedia” di Dante, la cui Cantica dell’Inferno è forse la parte più bella ed espressiva. Un viaggio, quello del poeta e della sua guida Virgilio, alla scoperta dei lati più oscuri dell’essere umano, in tutte le sfaccettature maggiormente peccaminose e viziose.
Dalla letteratura alla realtà fisica a volte il confine è molto sottile, nella storia che stiamo per raccontare di fatto impercettibile. In un remoto posto della Russia esiste un foro nel terreno largo 23 centimetri e profondo oltre 12 km! Si tratta del buco più profondo della Terra, pronti ad approfondire la questione?
Il nome tecnico di questa perforazione è Kola Superdeep Borehole SG-3, traducibile in italiano in “Pozzo superprofondo di Kola”. Mai nome fu più azzeccato, è il caso di dirlo. Si trova precisamente nella Russia occidentale, non lontano dal confine norvegese, nel distretto di Pechengsky della penisola di Kola. Chi si reca in quel posto vedrà i resti abbandonati dell’impianto di perforazione costruito in piena era sovietica, ed aggirandosi in questi luoghi verrà senz’altro attirato da un particolare. Una piastra imbullonata, piuttosto piccola ed alquanto arruginita, con qualcosa scritto sopra in cirillico. La scritta è abbastanza facilmente interpretabile anche per chi non mastica il russo, e significa “12’226 metri”. Oltre 12 chilometri, equivalente proprio all’esatta profondità del ramo SG-3 (che, assieme ad altri piccole perforazioni, avrebbero dovuto costituire il pozzo principale).
Storicamente, la perforazione inizia il 24 Maggio 1970 con l’obiettivo di raggiungere i 7km di profondità, diventati poi 15 pochi anni dopo. Il progetto faceva parte dell’ambizioso piano dell’Unione Sovietica di esplorare l’interno della Terra e di far progredire il campo della geologia. Una sorta di “corsa agli inferi” con gli USA, analogamente a quella per lo spazio. Nel 1989, dopo vari inconvenienti tecnici dovuti alle difficoltà esecutive, si raggiunge l’agognata profondità di oltre 12 km. Sarà quella definitiva, perché i 15 km originari non verranno mai raggiunti. Impossibilità tecniche e mancanza di fondi arresteranno il progetto, e a cavallo fra 1995 e 2008 il sito di Kola venne abbandonato. Non prima di sigillare e siglare il foro dei record.
Nonostante l’incompiutezza, il Kola Superdeep Borehole ha avuto un ruolo importante nella conoscenza geologica di parte della crosta terrestre e nel ritrovamento di fossili intatti perfetti per lo studio archeologico. Insomma, 12 km di storia della Terra!
Come detto, il Kola Superdeep Borehole è il risultato più performante di una “corsa al centro della Terra” fra URSS e USA. Prima della data del 6 Giugno 1979, il primato di foro artificiale più profondo al mondo si trovava in territorio americano, nella contea di Washita, in Oklahoma. Si tratta del Bertha Rogers Hole, foro esplorativo petrolifero iniziato nel 1972.
Questo presenta una profondità di 9583 metri dalla superficie terrestre, dimensione di tutto rispetto ma pur sempre di oltre 2 km inferiore al Kola Superdeep Borehole. La società che ha perforato il Bertha Rogers Hole è la società mineraria Lone Star Producing Company. Il loro intento era trovare grandi riserve di gas in profondità nella crosta terrestre.
Il Bertha Rogers Hole è stato perforato dalla più grande piattaforma terrestre del mondo, utilizzando un tubo extra largo appositamente progettato e procedendo ad una velocità di perforazione di circa 18 metri al giorno. Nel 1974, il Bertha Rogers Hole raggiunse una profondità di oltre 8000 metri quando arrivò ad uno strato di zolfo liquido. Nella parte inferiore del foro, pressione e temperatura risultavano assolutamente proibitive per proseguire la perforazione. Anzi, da qui in poi la perforazione divenne controproducente (il gas infatti si trovava solo negli ultimi 4 km di profondità). Ragion per cui nel 1997 il foro ha cessato la produzione di gas naturale ed è stato tappato e definitivamente abbandonato.
Per chi si chiedesse come mai questo nome particolare, il pozzo prende il nome da Bertha Rogers, la moglie dell’operatore della società di perforazione prima detta.
Da decenni questi “viaggi al centro della Terra” risultano abbandonati in luoghi remoti del pianeta, chissà se prima o poi qualche scienziato vorrà spingersi oltre, come il professor Lidenbrock ed il nipote Axel…