Capire se c’è vita su Marte è una delle sfide che la comunità scientifica cerca di affrontare da sempre. Secondo una recente ricerca, individuare vita su Marte sembra essere più difficile del previsto. Gli strumenti che attualmente abbiamo a disposizione per il rilevamento di tracce di vita sembrano non essere sufficienti.
Trovare segni di vita sul pianeta Marte è uno degli obiettivi degli esperti che costantemente inviano missioni spaziali sul pianeta rosso. A supporto della teoria dell’esistenza della vita su Marte ci sarebbero diversi “indizi” come la scoperta di calotte polari soggette a un ciclo periodico di avanzamento e ritiro. Inoltre, per alcuni aspetti come la lunghezza del giorno, la durata dell’anno siderale o l’inclinazione dell’asse di rotazione, il pianeta rosso è simile alla Terra. Per questo potrebbe essere ragionevole ipotizzare che su Marte ci siano o ci siano state delle forme di vita. Anche gli indizi della presenza di acqua allo stato liquido, in genere considerata un sinonimo di vita, alimentano questa teoria. Finora però nessun risultato è stato in grado di rispondere con certezza alla domanda. Per il momento non conosciamo nessuna forma di vita che sia presente sul pianeta rosso.
Attualmente le missioni inviate su Marte stanno cercando di individuare la presenza di forme biologiche esistenti oppure forme del passato. Di recente un gruppo di esperti ha spiegato che la ricerca di vita potrebbe essere difficile o addirittura impossibile. La motivazione risiede nell’utilizzo di tecnologie non sufficienti per lo scopo, a causa di strumenti con una sensibilità troppo bassa. La ricerca ha dimostrato infatti che la tecnologia dei rover inviati su Marte non è in grado di rilevare la presenza di vita neanche sulla Terra. Ecco perché, a maggior ragione, non potremo mai sapere con gli attuali strumenti se esiste vita su Marte.
Un team di ricercatori ha condotto uno studio, pubblicato di recente sulla rivista Nature Communications, nel deserto dell’Atacama in Cile. In particolare è stata scelta una regione chiamata Piedra Roja. Alla ricerca hanno partecipato ricercatori di istituti di tutto il mondo tra cui l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF). Gli studi si sono rivolti a campioni prelevati in prossimità di un antico delta del fiume, ricco di sabbie e rocce di ematite e pietra fangosa. La scelta del sito è dovuta al fatto che si tratta di un territorio molto simile a quello del pianeta Marte. Spesso si utilizza proprio per elaborare modelli e simulazioni del pianeta rosso.
Utilizzando gli strumenti più avanzati che oggi sono a disposizione, i ricercatori sono riusciti a classificare le tracce ottenute. Circa il 9% delle sequenze genetiche individuate risulta “non classificata”. Il 40% invece appartiene a “un insolito alto grado di indeterminatezza filogenetica”, ovvero non è possibile classificarlo in modo specifico. Gli esperti hanno coniato il termine “microbioma oscuro” per identificare microorganismi individuabili con le sequenze genetiche ma di cui non riusciamo a sapere con esattezza cosa siano. Nella regione della Piedra Roja quindi esistono specie che non ci sono in nessun altro punto della Terra oppure potrebbero essere specie del passato che quindi non sono identificabili con le sequenze attualmente presenti nei database.
La regione in cui sono stati raccolti i campioni per l’analisi è la più arida della Terra. Nonostante questo esistono moltissime specie di microorganismi, capaci quindi di adattarsi anche in condizioni estreme. Si può ipotizzare che anche nelle condizioni estreme del pianeta Marte possano essere capaci di sopravvivere. Gli stessi campioni però, se analizzati con gli strumenti utilizzati per le missioni su Marte, non forniscono gli stessi risultati. Per questo motivo, la conclusione dei ricercatori è che gli strumenti utilizzati per esplorare la superficie di Marte non siano abbastanza sensibili per rilevare la presenza di forme biologiche. Le sostanze organiche che sono state individuate nel 2022 dal rover Perseverance della NASA non possono facilmente essere classificabili come forme biologiche oppure in base ad altri tipi di origine. Scrivono infatti i ricercatori nell’articolo pubblicato
“Le nostre analisi con gli strumenti del banco di prova che si trovano o saranno inviati su Marte rivelano che sebbene la mineralogia della Piedra Roja corrisponda a quella rilevata dagli strumenti terrestri sul Pianeta rosso, allo stesso modo bassi livelli di sostanze organiche saranno difficili, se non impossibili da rilevare nelle rocce marziane a seconda dello strumento e della tecnica utilizzata. I nostri risultati sottolineano l’importanza di riportare i campioni sulla Terra per stabilire in modo definitivo se la vita sia mai esistita su Marte”.