Il quadro normativo italiano sui semi di cannabis: una panoramica
La questione della legalità dei semi di marijuana è da sempre fonte di dibattito e confusione in Italia. La normativa vigente, infatti, presenta alcune ambiguità e lacune che rendono difficile stabilire con certezza quali siano i limiti e le possibilità per chi vuole acquistare o coltivare questi prodotti.
I semi di marijuana in Italia: tra ambiguità normative e prospettive future
Una cosa è certa: questi prodotti discussi possono essere acquistati, come può notare da sé il lettore osservando il gran numero di aziende dedicate alla loro vendita sia sul web che nei negozi fisici. Realtà come Sensoryseeds, un negozio online di semi di cannabis recentemente alla ribalta per la sua varietà di prodotti, sono ormai la norma da diversi anni.
Ma il problema è che questo commercio è consentito solo a determinate condizioni, spesso poco chiare e non definite con precisione dalla normativa italiana.
In questo articolo approfondiremo tale tema partendo con una panoramica generale sulle leggi che disciplinano la pianta della cannabis.
Lo stato attuale della normativa sulla cannabis
La legge principale che regola la materia è il Decreto del Presidente della Repubblica 309/1990, noto anche come Testo Unico degli Stupefacenti. Questa norma inserisce la cannabis tra le sostanze stupefacenti vietate, in quanto contiene il tetraidrocannabinolo (THC), il principio attivo responsabile degli effetti psicotropi. Pertanto, la produzione, la cessione e il possesso di cannabis sono reati penalmente perseguibili, a parte determinate casistiche indicate dalla normativa in materia tra le quali rientra l’utilizzo per scopi terapeutici, quest’ultimo rigorosamente dietro prescrizione medica.
Tuttavia, nel 2016 è entrata in vigore la Legge n. 242 del 2 dicembre 2016 (“Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa”), che ha introdotto una distinzione tra le varietà di cannabis a seconda del contenuto di THC. In particolare, la norma ha consentito la coltivazione a scopi industriali e produttivi di alcune varietà della canapa sativa L., indicate con precisione in un apposito catalogo compilato dall’Unione Europea, con un tenore di THC inferiore allo 0,5%. Da queste si possono ricavare semilavorati (come fibre tessili), alimenti, cosmetici e altri prodotti.
Il particolare status legale dei semi di marijuana
La vendita dei semi di cannabis, al contrario di quanto detto nei confronti della pianta, è permessa perché non questi non contengono THC e, di conseguenza, non possono provocare effetti psicoattivi.
Fin qui tutto bene, ma la questione presenta una complicazione legata al potenziale utilizzo che si fa di tali prodotti. Se seminati e fatti germinare, infatti, sono in grado di dar vita a una pianta con proprietà stupefacenti e, pertanto, illegale.
Di conseguenza, il legislatore italiano ha deciso di disciplinare i semi di marijuana disponendo il divieto di coltivazione ed è per tale motivo che la maggior parte di questi prodotti recano sulla confezione la dicitura ‘prodotto da collezione’. In questo modo la destinazione d’uso, indicata con precisazione, fuga ogni sospetto sulla potenziale coltivazione di sostanze psicotrope.
Esiste un’unica eccezione a tale regola: in base a quanto detto nel paragrafo precedente, le varietà di cannabis che fanno capo al catalogo sopracitato possono essere coltivate liberamente, a patto che si possa dimostrare in qualsiasi momento la loro derivazione a partire da semenze certificate che garantiscono la germinazione di esemplari che contengono una concentrazione di THC inferiore al limite fissato dalla legge.
Prospettive future
Negli ultimi anni si sono registrati alcuni tentativi di modificare questa disciplina, sia da parte del Parlamento che della magistratura. Il più recente è la proposta di legge presentata alla Camera dei deputati dal relatore Mario Perantoni (M5S), che mira a depenalizzare la coltivazione domestica per uso personale di un massimo di quattro piante femmine di cannabis.
La specifica sul genere delle piante può sembrare curiosa per i meno informati, ma la spiegazione p molto semplice: gli esemplari femmina sono gli unici a produrre le infiorescenze, quelle parti della cannabis che contengono la maggior parte del THC.
Il testo base è stato approvato dalla commissione Giustizia il 9 settembre 2021 e si trova in attesa di ulteriori approvazioni da ormai un anno e mezzo. È chiaro che il vento politico che soffia da qualche tempo, caratterizzato dal successo elettorale di forze storicamente ostili alla liberalizzazione della cannabis, fa pensare che questo disegno di legge dovrà attendere ancora a lungo prima di terminare il suo iter completo.
Ad ogni modo, rimane una proposta rivoluzionaria che, peraltro, contribuirebbe a mettere ordine in un ambito tanto confuso e opaco come la normativa italiana in materia di cannabis.
In conclusione
Come abbiamo spiegato, in Italia la vendita dei semi di marijuana è consentita, ma solo a determinate condizioni. Sebbene questi prodotti non contengano THC e non possano provocare effetti psicoattivi, il legislatore italiano ha deciso di disciplinare la loro coltivazione, imponendo il divieto di farli germinare. Tuttavia, esistono alcune eccezioni, come le varietà di cannabis a basso contenuto di THC, che possono essere coltivate liberamente a partire da semenze certificate.
Attualmente, è ancora in fase di approvazione una proposta di legge che mira a depenalizzare la coltivazione domestica per uso personale di un massimo di quattro piante femmine di cannabis, ma il suo iter completo potrebbe richiedere ancora molto tempo.
Il futuro ci mostrerà quale sarà la conclusione di questa complessa vicenda.