La nascita del carbonato di sodio
Serve per la fabbricazione del vetro e della ceramica, per produrre sapone, per la trasformazione del legno in carta, per la raffinazione del petrolio, per eliminare il calcare dall’acqua, per pulire e sgrassare. Se non lo avete ancora capito, sappiate che sto parlando del carbonato di sodio, conosciuto anche come soda. Per fare il sapone, si combina il carbonato di sodio con il grasso animale o vegetale, mentre per fare il vetro lo si fonde con la sabbia.
Come nacque il carbonato di sodio?
Queste procedure hanno entrambe una storia lunga e, fino al XVIII secolo, si basavano sull’uso del carbonato di sodio isolato dalla cenere, ottenuta bruciando il legno o altre sostanze di origine vegetale. Tuttavia, con l’aumentare della domanda sia di sapone che di vetro, divenne indispensabile trovare una nuova fonte di soda e nel 1775 l’Accademia delle Scienze di Parigi offrì un premio di 2400 franchi a chi fosse riuscito a produrla dal sale, che era molto meno costoso e più facilmente reperibile. Nicolas Leblanc (Lobianco, un nome predestinato, trattandosi di rivoluzionare la fabbricazione del detersivo da bucato!), un medico francese appassionatosi di chimica nel corso dei suoi studi di medicina, raccolse la sfida.
In un primo tempo egli fallì cercando di ottenere reazioni a freddo tra diversi composti chimici, liquidi e gassosi. Dopo numerosi tentativi falliti, passò alle reazioni a caldo, provocando la fusione dei reagenti in una casseruola di ghisa. Ma l’utensile, a vocazione gastronomica, non si rivelò efficace. Il celebre chimico francese Jean Darcet gli suggerì allora di usare un recipiente refrattario, che consentisse di raggiungere una temperatura più elevata. Ed ecco finalmente il successo!
Le fasi della produzione della soda
Nel 1790, Leblanc riuscì a produrre il carbonato di sodio dal sale con un procedimento in due fasi. In un primo stadio, il sale era riscaldato con acido solforico concentrato, producendo solfato di sodio solido e acido cloridrico gassoso. A questo punto, si sminuzzava il solfato di sodio e lo si scaldava con carbone e calcare, ottenendo la soda. Insieme al suo benefattore, il duca d’Orléans, Leblanc fondò una fabbrica per la produzione della soda (a partire dal 1792, essa produrrà più di 300 chili di soda al giorno) e reclamò il premio che era stato messo in palio, senza però riuscire a ritirarlo. Questo per colpa della Rivoluzione francese, in seguito alla quale il duca d’Orléans fu accusato di sostenere il re e ghigliottinato.
La fabbrica di Leblanc venne requisita e nazionalizzata: il Comitato per la Sicurezza Pubblica costrinse Leblanc a fornire i dettagli del processo di produzione della soda, senza alcun compenso. Dal 1799, lo sfortunato inventore intraprese tutte le azioni necessarie per ricevere un qualche indennizzo che gli permettesse di mantenere la famiglia al di sopra della soglia della miseria. Per sette anni si batté in diverse sedi per ottenere un risarcimento dei danni subiti. Ma inutilmente. La vecchia fabbrica venne poi restituita al suo proprietario, quando Napoleone prese il potere, ma non gli fu riconosciuto alcun rimborso per rimetterlo in funzione.
Alle prese con la miseria, stufo dei suoi lunghi e vani tentativi per ottenere giustizia, impotente a strappare la sua numerosa famiglia alla disperazione che la schiacciava, Leblanc sprofondò in una profonda e cupa depressione: il 16 gennaio 1806 si suicidò, colpendosi al cuore con una pugnalata.
Il metodo Solvay
Oggi, il metodo Leblanc è stato sostituito dal metodo Solvay, che si è dimostrato più efficiente nell’ottenere la soda dal sale, o isolando il carbonato di sodio dai giacimenti di trona, un minerale abbondante nei laghi salati. Il metodo Leblanc resta comunque importante storicamente come il primo metodo commerciale per produrre la soda.
Pensateci la prossima volta che sorseggerete una bibita da un bicchiere o vi laverete con il sapone. P. S. A proposito del chimico belga, Ernest Solvay (1828-1922) che puntò alla reazione dell’ammoniaca e del biossido di carbonio sul sale per ottenere il prezioso carbonato di sodio a un costo minimo, il suo nome, tuttavia, rimane soprattutto legato agli Istituti di fisica e chimica da lui fondati – una volta divenuto un ricco industriale e un influente ministro – e alle conferenze internazionali organizzate a intervalli regolari da questi organismi. Il quinto Congresso Solvay, tenutosi a Bruxelles nel 1927, è certamente il più famoso, considerato in qualche modo l’atto di fondazione della fisica moderna.
Con 17 premi Nobel su 29 partecipanti, esso vide confrontarsi Albert Einstein e Niels Bohr, uno dei principali ideatori della fisica quantistica. Il primo resterà sempre scettico nei riguardi della meccanica quantistica e manifesterà le sue reticenze con la frase, ormai famosa, rivolta al collega danese: “Dio non gioca a dadi!”. Al che Bohr ribatterà che Dio non ha bisogno di Einstein per decidere a cosa vuole giocare.