Una recente e sorprendente scoperta rivela la possibilità di esplorare alcune imponenti fortezze romane grazie alla declassificazione di immagini acquisite dai satelliti spia utilizzati per la ricognizione nei decenni ’60 e ’70.
L’Impero Romano, uno dei più imponenti e longevi della storia, ha dominato per oltre un millennio. Nel corso dei secoli, Roma si è espansa attraverso audaci campagne militari, conquistando e sottomettendo varie regioni, creando una vasta rete di province in Europa, Asia e Africa.
Nel 27 a.C., dopo la vittoria su Marco Antonio, Ottaviano ha assunto il nome di Augusto, diventando il primo imperatore romano. Questo segnò una svolta epocale dalla Repubblica all’Impero. Augusto, abile leader, ha instaurato un governo centralizzato, concentrando il potere nelle mani dell’imperatore. Il crollo dell’Impero Romano d’Occidente arrivò con l’invasione dei barbari. Nel 476 d.C., Odoacre rovesciò l’ultimo imperatore romano, Romolo Augusto, segnando la fine di un’era.
Le immagini provenienti dalla serie di satelliti spia denominata Corona, utilizzati in missioni di ricognizione segreta negli anni ’60 e ’70, sono state recentemente declassificate. Questi scatti aerei hanno rivelato ben 396 imponenti fortezze che dominano i territori della Siria, dell’Iraq e delle vicine zone della mezzaluna fertile nel Mediterraneo orientale.
Le scoperte visive confermano quanto già ipotizzato dagli archeologi: l’espansione delle fortificazioni romane verso est. Le strutture di queste fortezze, simili a quelle presenti in altre parti d’Europa e del Nord Africa, indicano una possibile datazione intorno al II e III secolo dopo Cristo. Il nuovo studio di Casana e dei suoi colleghi, basato sulle immagini satellitari, ha ampliato notevolmente l’area di indagine rispetto a quanto rilevato da Poidebard. Casana ha dimostrato che i 396 forti non seguono uno schema difensivo specifico contro i popoli orientali, ma sono piuttosto distribuiti in modo più diffuso.
Questi nuovi risultati potrebbero avvalorare l’ipotesi di altri studiosi che suggerivano che i 116 forti individuati da Poidebard fossero troppo distanti tra loro per costituire una vera e propria linea di difesa. Gli accampamenti nell’attuale Siria e Iraq potrebbero invece essere stati utilizzati per proteggere le carovane che trasportavano merci di valore da e verso le province romane, facilitando al contempo scambi e comunicazioni interculturali.
Le immagini di questo studio provengono da due programmi satellitari originariamente utilizzati per scopi di sorveglianza durante la Guerra fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica, nonché i loro alleati. Il programma Corona della Central Intelligence Agency, con il supporto dell’Aeronautica Americana, ha documentato territori di nazioni come Cina e Unione Sovietica tra il 1959 e il 1972. Un programma successivo noto come Hexagon (o Big Bird, KH-9 o KeyHole-9) ha proseguito la documentazione di aree militari sovietiche tra il 1971 e il 1986.
Questa zona è stata oggetto di numerosi sorvoli per esplorare il sito archeologico e studiare le imponenti fortezze romane. Nel lontano 1934, una ricerca basata sui voli aerei degli anni ’20 fu condotta per la prima volta, grazie all’impulso del pioniere dell’archeologia francese, Antoine Poidebard. Egli avanzò l’ipotesi che tali fortificazioni costituissero una linea difensiva contro i potenti persiani dell’epoca, i Parti e i Sasanidi. Tuttavia, il suo lavoro presentò un limite importante: volò principalmente dove credeva che potessero essere localizzate le fortezze.
Queste immagini, che conservano una prospettiva ad alta risoluzione di un paesaggio influenzato da cambiamenti moderni nell’uso del territorio, quali l’espansione urbana, l’intensificazione agricola e la costruzione di bacini artificiali, rappresentano una risorsa unica per la ricerca archeologica, come sottolinea Casana. La declassificazione di queste immagini ha aperto nuovi orizzonti agli archeologi, offrendo un ricco terreno di raccolta e analisi dati, grazie alla facile accessibilità delle immagini.