Biologia

Approvato il disegno di legge che vieta la carne coltivata in Italia

Dopo le revisioni delle ultime settimane, l’Italia oggi ha approvato il disegno di legge che vieta la produzione e vendita di carne coltivata, posizionandosi come il primo paese in Europa ad adottare tale misura. Il disegno di legge, approvato dalla Camera dei Deputati con 159 voti favorevoli, 53 contrari e 34 astenuti, è stato presentata dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida e proibisce la produzione e commercializzazione di alimenti e mangimi derivanti da colture cellulari o tessuti di animali vertebrati. Secondo il ministro Lollobrigida, l’introduzione del divieto mira, secondo il ministro, a tutelare la salute dei cittadini italiani.

Cos’è la carne coltivata

La carne coltivata, nota anche impropriamente come “carne sintetica” (altri nomi utilizzati per questa carne sono “pulita”, “in vitro” o “artificiale”), è un prodotto di carne animale che non è mai stato parte di un animale vivo, prodotto in laboratorio attraverso tecniche bioingegneristiche. Queste tecniche sono state inizialmente sviluppate nell’ambito della medicina riabilitativa. La legge include inoltre il divieto di utilizzare termini come “burger”, “cotoletta”, o “bistecca” per prodotti vegetali, per evitare confusione con i prodotti di origine animale, e prevede sanzioni da 10.000 a 60.000 euro per ogni violazione.

Reazioni e implicazioni

La decisione ha suscitato reazioni diverse. Da un lato, Coldiretti, un’organizzazione di agricoltori, ha espresso soddisfazione per il divieto, considerandolo un passo importante per il settore agroalimentare italiano e un modello per altri paesi. Alcuni esponenti politici ritengono che il divieto protegga la salute dei cittadini e promuova il valore del cibo tradizionale italiano.

Dall’altro lato, il Movimento 5 Stelle e altri critici sostengono che la normativa potrebbe esporre l’Italia al rischio di procedura di infrazione da parte dell’Unione Europea per incompatibilità con le norme comunitarie. Gli oppositori del divieto evidenziano i vantaggi ambientali della carne coltivata, come la riduzione significativa nell’uso di acqua, energia e l’assenza di emissioni, oltre alla non necessità di antibiotici, a differenza degli allevamenti intensivi. Hanno anche sottolineato che il divieto sembra non tenere in conto questi vantaggi ambientali e di salute pubblica.

Il divieto italiano sulla carne coltivata solleva questioni significative riguardo alla salute pubblica, alla sostenibilità ambientale e alla conformità con le normative europee. Mentre alcuni vedono in questo divieto una difesa delle tradizioni e della qualità del cibo italiano, altri lo considerano un passo indietro nella scienza e nell’innovazione alimentare, un dibattito che sarà probabilmente oggetto di ulteriori analisi nei mesi a venire.

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Redazione