Qual è il verso del T-Rex? Non quello di Jurassic Park
Da decenni, il Tyrannosaurus rex, uno dei dinosauri più famosi e temuti, ha riempito la nostra immaginazione con le sue rappresentazioni cinematografiche. Tuttavia, una domanda ha sempre affascinato scienziati e appassionati: come suonava realmente il verso del feroce T-Rex? Grazie agli sforzi della Professoressa Julia Clarke dell’Università del Texas, questa domanda potrebbe aver finalmente trovato una risposta grazie a uno studio pubblicato qualche anno fa e messo in evidenza dalla BCC nel suo documentario del 2018: “The Real T-Rex”.
Verso del T-Rex: un metodico viaggio nel passato
La ricerca del suono del T-Rex non è stata un’impresa semplice ed è durata molti anni. Clarke, insieme al suo team, ha iniziato studiando l’anatomia dei moderni Archosauri – gli antenati dei dinosauri. In particolare, hanno esaminato l’uccello Bittern eurasiatico e il coccodrillo cinese, entrambi membri di questo antico gruppo. Utilizzando i loro suoni come base, la squadra è stata in grado di creare una simulazione realistica.
Il risultato di questa ricerca è un suono che può essere descritto solo come profondamente inquietante. A differenza del familiare ruggito cinematografico, il verso del T-Rex, secondo questa ricostruzione, è più sottile, più sinistro e in grado di indurre un senso primordiale di paura. Chris Packham, presentatore televisivo e naturalista, ha avuto l’occasione di ascoltare questa ricostruzione in un documentario della BBC, “The Real T-Rex”, e le sue parole sono state emblematiche: “Questo potrebbe essere la prima volta in 66 milioni di anni che questo suono è stato sentito sulla Terra”.
Oltre il suono: correggere le incomprensioni
Più precisamente, è possibile che i dinosauri emettessero suoni in maniera simile a come i colombi fanno il verso o gli struzzi emettono rimbombi. Molti uccelli odierni adottano una tecnica di vocalizzazione a bocca chiusa, nella quale il suono viene prodotto gonfiando la gola anziché attraverso il passaggio dell’aria nel siringe. Anche i coccodrilli, che rappresentano un lontano parente dei dinosauri separatosi da un antenato comune circa 240 milioni di anni fa, utilizzano la vocalizzazione a bocca chiusa. Questo metodo consente loro di generare rimbombi profondi, tanto da far vibrare l’acqua circostante. Diversamente da altri rettili e mammiferi, i coccodrilli possiedono una laringe piuttosto che un siringe per produrre suoni, ma la evitano quando emettono i loro richiami d’accoppiamento.
Gli adattamenti cinematografici di Jurassic Park non hanno rappresentato correttamente questi aspetti, come sottolinea Clarke. Molte delle prime ricostruzioni dei dinosauri erano influenzate dai suoni intimidatori associati ai grandi predatori mammiferi, come i leoni. Sebbene nei film di Jurassic Park siano state utilizzate alcune vocalizzazioni dei coccodrilli per rappresentare i suoni dei grandi dinosauri, sullo schermo questi ultimi appaiono con la bocca spalancata, simili a un leone che ruggisce. In realtà, i dinosauri non si sarebbero comportati in questo modo, specialmente non prima di attaccare o cibarsi delle loro prede. Un comportamento del genere avrebbe attirato l’attenzione su di loro, svelando la presenza di un pasto agli altri predatori nelle vicinanze e allertando la preda della loro presenza.
Oltre a sfatare il mito del ruggito del T-Rex, la ricerca ha anche messo in discussione altre credenze popolari, come la struttura della bocca del dinosauro. Studi recenti suggeriscono che la bocca del T-Rex potrebbe assomigliare più a quella di un tuatara, un rettile neozelandese discendente dei dinosauri, piuttosto che a quella di un coccodrillo.
Una visione rinnovata del passato
Questa ricerca non solo arricchisce la nostra comprensione del T-Rex, ma ci ricorda anche come la scienza, con nuove scoperte, possa continuamente rinnovare e migliorare la nostra comprensione del passato. Ora, quando pensiamo al T-Rex, possiamo immaginarlo non solo come una creatura imponente, ma anche come un’entità dotata di un verso unico e spaventoso, una voce perduta nel tempo che oggi possiamo finalmente ascoltare e apprezzare.