Nessuno gli credeva eppure aveva ragione | Dimostrato nuovamente che Einstein era un passo in avanti: ognuno sente il tempo diversamente
Einstein era consapevole che il tempo non fosse un concetto assoluto, ma la conferma di ciò arrivò decenni dopo.
La rivoluzione scientifica è spesso guidata da un cambiamento radicale nel modo in cui osserviamo il mondo e comprendiamo le leggi della natura. Alcune teorie arrivano a scuotere le fondamenta stesse della conoscenza accumulata fino a quel momento, obbligando la comunità scientifica a rivedere paradigmi consolidati. Un caso celebre, che rappresenta uno spartiacque nel nostro modo di interpretare l’universo, è quello che ha coinvolto l’opera di un fisico che, nel 1905, rivoluzionò la scienza per sempre.
All’inizio del XX secolo, la concezione di spazio e tempo seguiva leggi classiche che avevano dominato la scena scientifica per secoli. La struttura dell’universo veniva descritta utilizzando quattro coordinate fondamentali: tre dimensioni spaziali e una temporale, utili a stabilire quando e dove si verificava un evento. Tuttavia, questa rappresentazione si sarebbe rivelata incompleta con l’avvento di una nuova comprensione delle relazioni tra spazio, tempo e movimento.
Immagina un universo in cui il tempo non scorre in modo uniforme per tutti gli osservatori. Ogni osservatore che si muove rispetto a un altro, invecchia più lentamente. Una realtà sorprendente, ma che viene confermata ogni volta che misuriamo il tempo in condizioni differenti, come durante i viaggi nello spazio o nell’atmosfera terrestre. L’orologio di chi viaggia si comporta diversamente rispetto a quello di chi rimane fermo, e questi effetti diventano evidenti solo con esperimenti molto precisi.
Ma la comprensione del tempo e dello spazio non sarebbe stata completa senza tener conto di un altro fattore fondamentale: la gravità. L’attrazione gravitazionale non solo influenza il moto dei corpi, ma riesce a modificare anche lo scorrere del tempo stesso. Il risultato è un universo complesso e interconnesso, dove persino la gravità ha un ruolo nel determinare quanto velocemente un orologio segna il passare dei secondi.
Il contributo gravitazionale e il tempo
Il passo successivo nel cammino della scienza fu proprio l’integrazione del contributo gravitazionale in quella che ormai era diventata una teoria più completa e articolata. Einstein, consapevole che il tempo non fosse un concetto assoluto, comprese che non bastava considerare il movimento relativo tra gli osservatori per spiegare tutte le anomalie temporali. Occorreva tenere conto della presenza di grandi masse e della loro capacità di modificare il tempo.
Fu nel corso di vari decenni che la validità di questa teoria venne messa alla prova, e solo l’adozione di strumenti più precisi, come gli orologi atomici, consentì di ottenere risultati concreti. Ma il test più affascinante e famoso si sarebbe svolto solo nel 1971, con un esperimento che avrebbe dimostrato l’impatto concreto della rotazione terrestre sul tempo.
L’esperimento di Hafele-Keating
Nel 1971, gli astronomi Joseph Hafele e Richard Keating decisero di testare la teoria utilizzando tre orologi atomici. Uno fu lasciato a terra, mentre gli altri due furono imbarcati su aerei in voli opposti. I risultati furono sorprendenti: i due orologi non tornarono sincronizzati.
Quello che volava verso est, nella stessa direzione della rotazione terrestre, risultò indietro, mentre quello diretto a ovest, contro la rotazione, segnava un tempo leggermente più avanti. Questi impercettibili scarti confermarono ancora una volta che il tempo è tutt’altro che assoluto, ma dipende dalla velocità e dalla gravità.