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Abbiamo svelato il mistero dei crateri esplosivi della Siberia

Cratere vulcanico (Pixabay)

Cratere vulcanico (Pixabay FOTO) - www.sciencecue.it

Le cause naturali dietro la formazione di enormi crateri nel terreno hanno finalmente una spiegazione.

I crateri e le voragini che si formano naturalmente sulla superficie terrestre sono fenomeni impressionanti e spesso misteriosi, in grado di trasformare drasticamente il paesaggio in poco tempo. Queste cavità, che possono variare da pochi metri a centinaia di metri di diametro, si formano a causa di una serie di processi geologici e ambientali.

Alcuni crateri sono il risultato di eruzioni vulcaniche, dove l’energia esplosiva della Terra rilascia materiali fusi, gas e ceneri in superficie, creando enormi depressioni nel terreno. Altri sono causati dal crollo improvviso di suolo o rocce, spesso dovuto a erosione sotterranea o all’azione dissolvente dell’acqua su strati rocciosi come il calcare, che porta alla formazione delle cosiddette doline. Eventi come terremoti, frane e cambiamenti climatici estremi possono accelerare la comparsa di queste voragini, che a volte si aprono improvvisamente, creando veri e propri abissi nel terreno.

I crateri d’impatto, invece, sono tra i più spettacolari: si formano quando un oggetto extraterrestre, come un asteroide o una cometa, colpisce la Terra con una forza devastante. L’energia sprigionata dall’impatto è così grande che provoca un’esplosione, scavando un enorme bacino e alterando la geologia circostante. Le voragini, infine, possono anche essere causate dal disgelo di suolo ghiacciato, un fenomeno noto come termocarsismo, che porta alla destabilizzazione del terreno in climi freddi. Questi fenomeni, sebbene rari o limitati a determinate condizioni geografiche, testimoniano la continua evoluzione del pianeta e offrono agli scienziati importanti indizi sui processi geologici che modellano la Terra.

L’origine dei misteriosi crateri esplosivi

Negli ultimi dieci anni, la Siberia è stata teatro di un fenomeno naturale sorprendente e inquietante: l’emergere di crateri enormi sulla penisola di Yamal. La scoperta di questi crateri, il primo dei quali risale al 2014, ha generato un acceso dibattito scientifico e ha lasciato molti interrogativi irrisolti. I crateri non sono semplici depressioni del terreno; possono raggiungere profondità impressionanti, anche fino a 50 metri, e sembrano formarsi in modo esplosivo, come se il suolo stesso fosse stato fatto saltare in aria.

Fin dall’inizio, gli scienziati hanno sospettato che dietro queste esplosioni vi fosse un fenomeno legato al rilascio di gas metano. Infatti, nei pressi dei crateri sono stati rilevati alti livelli di questo gas serra, suggerendo che la fusione del permafrost causata dal riscaldamento globale stia portando all’espulsione improvvisa di metano immagazzinato sotto la superficie ghiacciata. Tuttavia, la semplice fusione del permafrost non era sufficiente a spiegare la dinamica esplosiva di questi eventi.

La risposta, come dimostrato da recenti studi, si nasconde in un complesso intreccio di fattori legati alla geologia della regione e agli effetti del cambiamento climatico. Una combinazione di pressione, temperature in aumento e uno strato peculiare di acqua salina chiamato “criopeg” sono al centro di questo straordinario fenomeno.

Un cratere naturale con un lago (Pixabay)
Un cratere naturale con un lago (Pixabay FOTO) – www.sciencecue.it

Il meccanismo dietro le esplosioni: osmosi e pressione

Il permafrost della penisola di Yamal è particolarmente spesso, con strati che vanno dai 180 ai 300 metri sotto la superficie. Sopra il permafrost si trova uno strato più superficiale, noto come “strato attivo”, che si congela e scongela a seconda delle stagioni. Sotto il permafrost, in alcune zone, si trova il criopeg, uno strato di acqua ad alta salinità che rimane in forma liquida grazie alla pressione e alla sua composizione chimica.

Con l’aumento delle temperature dovuto al cambiamento climatico, lo strato attivo si sta sciogliendo più in profondità, raggiungendo il criopeg. Questo processo non è innocuo: quando l’acqua di fusione si infiltra nel criopeg, si verifica un aumento della pressione interna, poiché questo strato non è in grado di contenere l’acqua aggiuntiva. Questa pressione crescente provoca la formazione di fratture che si propagano verso la superficie.

Il meccanismo descritto dagli scienziati è simile a quello di un pallone gonfiato troppo: man mano che la pressione all’interno aumenta, alla fine il pallone scoppia. Nel caso dei crateri siberiani, il “pallone” è il criopeg che, sotto la spinta della pressione crescente, finisce per fratturarsi. Quando le fratture raggiungono lo strato di metano idrato situato sotto il criopeg, la pressione scende bruscamente, provocando una violenta esplosione che rilascia gas metano e crea enormi crateri.

Illustrazione di come si forma un cratere per esplosione (AGU/Madeline Reinsel)
Illustrazione di come si forma un cratere per esplosione (AGU/Madeline Reinsel FOTO) – www.sciencecue.it

Implicazioni climatiche e scenari futuri

La formazione di questi crateri esplosivi non è solo un fenomeno geologico spettacolare, ma ha anche importanti implicazioni per il clima globale. Il gas metano, infatti, è un potente gas serra e il suo rilascio massiccio nell’atmosfera potrebbe accelerare ulteriormente il riscaldamento globale. Sebbene queste esplosioni siano rare, l’aumento delle temperature artiche potrebbe far sì che si verifichino con maggiore frequenza in futuro.

Le conclusioni dello studio indicano che il processo che porta alla formazione dei crateri potrebbe durare decenni, iniziando con piccoli cambiamenti climatici e accumulando pressione nel sottosuolo fino a raggiungere un punto di rottura. Questo suggerisce che, sebbene non si tratti di un fenomeno comune, potrebbe avere effetti significativi sulla stabilità climatica a lungo termine.

Con il continuo riscaldamento delle regioni polari, lo scenario è preoccupante: non solo potrebbero verificarsi nuove esplosioni, ma anche altre aree congelate del pianeta, come i fondali oceanici, potrebbero diventare vulnerabili a meccanismi simili, con il rischio di rilascio di grandi quantità di metano nell’atmosfera.