Ritrovato in una tomba il vino più antico del mondo: risale a oltre 2000 anni fa.
La storia del vino si intreccia profondamente con quella dell’umanità, risalendo a migliaia di anni fa. Le prime tracce di produzione vinicola risalgono al Neolitico, intorno al 6000 a.C., nella regione del Caucaso, oggi corrispondente all’area della Georgia, dell’Armenia e dell’Iran settentrionale. Qui, sono stati trovati resti di anfore contenenti residui di vino fermentato, testimonianza di una tradizione antichissima.
Successivamente, la viticoltura si diffuse nel Vicino Oriente, in particolare in Mesopotamia e in Egitto, dove il vino iniziò a rivestire un ruolo importante nelle cerimonie religiose e nelle pratiche funerarie. In Egitto, ad esempio, il vino veniva offerto agli dei e seppellito con i faraoni per accompagnarli nell’aldilà. L’uso del vino si estese poi ai Fenici, grandi navigatori e commercianti, che contribuirono alla diffusione della vite e delle tecniche di vinificazione lungo il Mediterraneo, portando il vino in Grecia e Italia.
In Grecia, il vino divenne una parte essenziale della vita sociale e culturale. I Greci furono i primi a sviluppare una vera e propria “cultura del vino”, celebrando la bevanda nelle loro opere letterarie e mitologiche, come dimostra la figura del dio Dioniso, divinità del vino e della festa. L’Impero Romano, invece, svolse un ruolo cruciale nello sviluppo e nella diffusione del vino in Europa. I Romani perfezionarono le tecniche di coltivazione della vite e di produzione del vino, introducendo innovazioni come l’uso dei barili per il trasporto e la conservazione. Durante il periodo imperiale, la viticoltura si espanse in tutto il territorio romano, raggiungendo la Gallia, la Spagna e le regioni del Reno. Il vino divenne un bene di consumo quotidiano per tutte le classi sociali, ma mantenne anche un forte legame con la religione e i riti sacri.
Con la caduta dell’Impero Romano, la tradizione vinicola venne mantenuta e sviluppata dai monaci medievali, in particolare in Francia e in Italia. I monasteri possedevano vasti vigneti e perfezionarono le tecniche di vinificazione, in particolare per la produzione di vini da messa. Durante il Medioevo, il vino continuò a essere una bevanda pregiata, e la sua produzione si consolidò nelle regioni europee, come la Borgogna, la Champagne e la Toscana.
Oggi, il vino è considerato non solo una bevanda ma un patrimonio culturale che unisce tradizione e innovazione. Le tecniche di coltivazione e vinificazione si sono raffinate ulteriormente grazie alla tecnologia e alla ricerca enologica, portando a una maggiore qualità e varietà dei vini disponibili. La cultura del vino è ormai parte integrante della gastronomia e della convivialità in tutto il mondo, e continua a essere celebrata attraverso fiere, festival e degustazioni, come un simbolo di piacere e storia millenaria.
Nel 2019, un team di archeologi ha fatto una scoperta eccezionale nel piccolo comune di Carmona, situato nel sud-ovest della Spagna, vicino a Siviglia. Durante dei lavori di costruzione, venne alla luce una camera funeraria intatta, sigillata per oltre 2.000 anni. La tomba risaliva al primo secolo d.C., e all’interno di questa cripta sotterranea, sei delle otto nicchie presenti contenevano urne e oggetti funerari, tra cui una bottiglia con residui di profumo. Tuttavia, fu una delle nicchie, contrassegnata con L-8, a catturare l’attenzione degli archeologi: una preziosa urna di vetro, custodita in un contenitore di piombo, era ancora riempita fino all’orlo di un liquido rosso, conservato per due millenni.
Questo ritrovamento destò subito grande curiosità. Secondo uno studio recente pubblicato sul Journal of Archaeological Science: Reports, un team di chimici guidato da José Rafael Ruiz Arrebola ha confermato che quel liquido è in realtà vino bianco, rendendolo il più antico vino ancora in forma liquida mai scoperto al mondo. Questo vino, conservato per oltre 2.000 anni, è di circa 300 anni più antico del precedente record di una bottiglia romana rinvenuta a Speyer, in Germania, nel 1867.
La scoperta del vino all’interno di una tomba romana ha suscitato interrogativi non solo riguardo al suo straordinario stato di conservazione, ma anche sul significato simbolico che il vino poteva avere nei rituali funerari dell’epoca. Gli esperti hanno anche trovato resti ossei e un anello d’oro sul fondo della stessa urna, confermando che si trattava di un liquido destinato a onorare i defunti piuttosto che essere bevuto. La camera funeraria, preservata in condizioni quasi perfette, ha mantenuto al suo interno oggetti in parte intatti, come tessuti e urne asciutte, suggerendo che il vino non fosse semplicemente acqua filtrata o condensa, ma parte integrante del rito funebre originale.
Il vino, come rivelano numerosi studi, aveva una grande importanza simbolica nel mondo antico, e la sua presenza in sepolture non era inusuale. Spesso associato a rituali religiosi e al culto dei morti, il vino rappresentava un legame con la vita ultraterrena e un’offerta agli dei o ai defunti. Tuttavia, la scoperta di un vino che si è conservato per oltre 2.000 anni è qualcosa di straordinario, non solo per la sua antichità ma anche per la possibilità di analizzarlo scientificamente.
Il team di Ruiz Arrebola ha eseguito una serie di test chimici per identificare il contenuto del liquido. La prima ipotesi fu che si trattasse proprio di vino, dato il suo significato spirituale nell’antichità. Tuttavia, era chiaro fin dall’inizio che il vino trovato non avrebbe più mantenuto le sue caratteristiche originali dopo millenni. Gli scienziati hanno quindi analizzato tracce di sali, elementi presenti nelle uve e possibili residui di alcol, concentrandosi in particolare sui polifenoli, composti chimici tipici del vino.
I risultati confermarono la presenza di vari tipi di polifenoli, rafforzando l’ipotesi che il liquido fosse effettivamente vino. Tuttavia, non furono trovate tracce di acido siringico, una sostanza derivata dai pigmenti del vino rosso. Questo dettaglio cruciale ha portato gli studiosi a concludere che il liquido originariamente fosse vino bianco, che nel tempo aveva assunto una tonalità rossastra a causa dell’invecchiamento. A supporto di questa tesi, i ricercatori citano anche testi antichi come quello di Lucius Iunius Moderatus Columella, un autore romano del I secolo d.C., che menziona la produzione di vino bianco nella regione di Baetica, dove oggi si trova Carmona.
La scoperta del vino di Carmona, vecchio di 2.000 anni, è molto più di un ritrovamento archeologico. Essa getta luce sull’importanza culturale e simbolica del vino nel mondo romano e dimostra come antiche tradizioni funerarie siano state tramandate attraverso i secoli. Questo vino, sebbene ormai imbevibile, rappresenta un ponte diretto con il passato e con i rituali che gli antichi Romani usavano per onorare i loro defunti. Il fatto che fosse vino bianco, come indicano le analisi scientifiche, arricchisce ci da ulteriori informazioni sulle tradizioni vinicole dell’epoca, che non solo riguardavano la produzione e il consumo, ma anche l’utilizzo di questa preziosa bevanda in contesti sacri e funerari.