La cucina italiana non esiste
Noi italiani siamo orgogliosi dei nostri piatti, eppure potrebbe non esistere una “cucina italiana”.
La cucina italiana è un’icona mondiale, un’esplosione di sapori e profumi che incanta palati in tutto il mondo. La pasta al pomodoro, la pizza, il risotto, la focaccia, la mozzarella, il tiramisù: questi sono solo alcuni dei piatti che incarnano l’idea di una cucina italiana unitaria. Ma è proprio questa idea di unità che il Professor Alessandro Barbero mette in discussione.
In una conferenza intitolata “Alimentazione e società nel Medioevo”, tenutasi insieme a Massimo Montanari all’interno del Festival Gastronomico Baccanale di Imola, Barbero, noto storico e divulgatore, ha sollevato un punto di vista all’apparenza controverso: la cucina italiana, come la intendiamo noi, non esiste. Non si tratta di un’affermazione provocatoria, ma di un’analisi attenta della realtà storica e culturale del Bel Paese. Barbero sottolinea come l’Italia, prima dell’unificazione nel 1861, fosse un mosaico di regni, ducati e repubbliche, ognuna con la sua tradizione culinaria, i suoi ingredienti e le sue ricette.
La cucina della Toscana, ad esempio, è profondamente legata al suo territorio, con l’uso di ingredienti come l’olio d’oliva, il tartufo e i funghi porcini. La cucina del Veneto, invece, è influenzata dalla tradizione veneziana, con l’utilizzo di pesce, riso e verdure. La cucina siciliana, infine, è un mix di influenze arabe, spagnole e greche, con l’uso di spezie, frutta secca e agrumi.
Barbero sostiene che, sebbene esistano alcuni piatti che potremmo definire “italiani”, come la pasta al pomodoro, questi sono in realtà il risultato di un processo di diffusione e di unificazione avvenuto negli ultimi decenni. La sua affermazione, seppur controversa, invita a una riflessione più profonda sulla cucina italiana, spingendoci a guardare oltre l’immagine stereotipata e a scoprire la ricchezza e la complessità delle tradizioni culinarie regionali.
Il cibo nella storia
“Il cibo non è solo nutrimento, ma anche un riflesso della società, della cultura e dell’economia di un’epoca.” Con queste parole, Massimo Montanari introduce la conferenza di Alessandro Barbero, dedicata al tema dell’alimentazione e la società nel Medioevo. Barbero ci accompagna in un viaggio affascinante attraverso la storia dell’alimentazione, un campo di studio che, seppur relativamente recente, ha visto crescere l’interesse negli ultimi decenni. Come sottolinea lo storico Marc Bloch, “la storia del cibo è la storia dell’uomo”, perché il modo in cui ci nutriamo è profondamente legato alla nostra cultura, alle nostre tradizioni e al nostro modo di vivere.
Prendiamo ad esempio la marmellata e la barbabietola da zucchero: due alimenti che, a prima vista, potrebbero sembrare banali, ma che in realtà ci raccontano molto sulle dinamiche economiche del Medioevo. La marmellata, ad esempio, era un prodotto di lusso, riservato alle classi più elevate, mentre la barbabietola da zucchero, introdotta in Europa nel XVI secolo, divenne un alimento popolare grazie alla sua economicità. La sfida principale per gli storici dell’alimentazione è ricostruire la cucina medievale, un compito arduo a causa della scarsità di fonti. I testi di cucina dell’epoca sono rari e spesso non forniscono dettagli sufficienti sulle tecniche di cottura e sulla presentazione dei piatti. Anche i dipinti, come l’Ultima Cena di Leonardo da Vinci, possono essere fonte di informazioni, ma è difficile distinguere la realtà dalla rappresentazione artistica.
Il confronto tra la cucina del presente e del passato
Nel secondo capitolo, Barbero si concentra sul significato sociale del cibo nel mondo contemporaneo. Come ha osservato lo storico, il cibo è diventato un simbolo di status sociale, di cultura e di identità. L’abbondanza alimentare, che ha caratterizzato le società occidentali negli ultimi decenni, ha modificato gli standard sociali, creando nuovi desideri e nuove aspettative. Il tema del protezionismo alimentare è uno dei più dibattuti: da un lato, c’è chi sostiene la necessità di proteggere le tradizioni culinarie nazionali, dall’altro, c’è chi vede nel protezionismo un ostacolo allo scambio culturale e all’innovazione.
La cucina italiana, in particolare, è oggetto di un acceso dibattito: esiste una cucina nazionale italiana o sono solo diverse cucine locali? Barbero, in un confronto con Montanari, sostiene che non esiste una sola cucina italiana, ma un insieme di cucine locali, ognuna con la sua storia e la sua identità. La cucina italo-americana, ad esempio, è un’espressione della cultura italo-americana, diversa dalla tradizione culinaria italiana.