Nel più importante sito paleoantropologico al mondo è stata scoperta recentemente una nuova specie di pappagallo.
Il recente ritrovamento di una nuova specie di pappagallo, il Agapornis longipes, aggiunge un tassello fondamentale alla comprensione dell’evoluzione degli uccelli e degli ecosistemi della regione del “Cradle of Humankind” (o letteralmente “Culla dell’Umanità”), in Sudafrica.
Questo sito, noto per la sua ricca concentrazione di resti umani ancestrali e faunistici, si è rivelato una fonte preziosa anche per lo studio dell’avifauna preistorica.
I fossili rinvenuti, risalenti a circa 2,5 milioni di anni fa, offrono un’opportunità unica per esplorare le interazioni ecologiche di questo periodo e comprendere gli adattamenti evolutivi di una delle più piccole specie di “inseparabili” mai scoperte.
E’ un capitolo affascinante della paleontologia che ci permette di conoscere un po’ meglio anche la storia evolutiva degli “inseparabili”, animali sociali straordinari.
La scoperta di Agapornis longipes è avvenuta in tre grotte situate nel “Cradle of Humankind”, un sito patrimonio dell’umanità UNESCO a circa 50 km a nord-ovest di Johannesburg. Quest’area, estesa su 47.000 ettari, è nota per il suo complesso sistema di grotte calcaree e per ospitare una delle più grandi concentrazioni di resti ancestrali umani al mondo. Tuttavia, la presenza di fossili di uccelli, tra cui questi, rappresenta un elemento sorprendente e meno studiato.
I fossili di Agapornis longipes sono eccezionalmente ben conservati rispetto alla norma per l’avifauna preistorica, spesso rappresentata da frammenti isolati e difficili da ricostruire. In questo caso, il team internazionale di paleontologi ha analizzato 96 ossa complete o quasi, incluse parti fondamentali del sistema locomotorio, come l’omero, l’ulna, il carpometacarpo e il tarsometatarso, oltre a frammenti di mandibola e coracoide. Questo straordinario stato di conservazione ha permesso di determinare dettagli significativi sull’anatomia e sul comportamento della specie.
Agapornis longipes si distingue per le sue dimensioni ridotte e per proporzioni uniche tra tutte le specie di Agapornis, viventi ed estinte. In particolare, la specie possedeva zampe lunghe, come evidenziato dal rapporto tra la lunghezza dell’omero e del tarsometatarso, il più basso tra gli “inseparabili” conosciuti. Questo adattamento potrebbe essere stato essenziale per il suo stile di vita: la specie probabilmente si alimentava di semi d’erba raccolti a terra in praterie alte e dense, che caratterizzavano l’ambiente del Plio-Pleistocene. Le sue lunghe zampe potrebbero aver offerto un vantaggio, consentendo all’uccello di mantenere una maggiore visibilità e sicurezza mentre si nutriva a terra, in un habitat condiviso con numerosi predatori.
Come altre specie di Agapornis, A. longipes era probabilmente legato alla presenza di risorse idriche permanenti e di alberi alti, che fornivano riparo e nidi. Nonostante l’ambiente generale della regione non sia cambiato radicalmente dal Pleistocene inferiore a oggi, Agapornis longipes si estinse. Questa scomparsa potrebbe essere stata causata da mutamenti microclimatici o dalla perdita di risorse alimentari specifiche, piuttosto che da cambiamenti drastici nell’ecosistema generale. Tale scoperta mette in evidenza la complessità delle dinamiche evolutive e ambientali, sottolineando quanto microfattori possano influenzare la sopravvivenza di una specie.