Secondo un’ultimissima scoperta archeologica, le popolazioni moderne, hanno dei collegamenti con i Maya. Fra credenze e realtà.
Il legame fra le popolazioni del passato, e noi, è un filo invisibile, in grado di attraversare il tempo. E plasmare la nostra identità culturale, sociale e genetica. Ogni tradizione, lingua e innovazione, è il risultato di un’eredità accumulata, attraverso secoli di evoluzione. Un passato che non rappresenta solo un ricordo, ma una parte integrante del presente, che ci guida nella comprensione di chi siamo oggi.
Le civiltà antiche, hanno lasciato un’impronta indelebile, nei campi della scienza, dell’arte e della filosofia. E le loro conquiste, continuano a influenzare il nostro modo di vivere. Alla stregua della loro resilienza, di fronte alle sfide, che ci offre preziose lezioni di adattamento e sopravvivenza.
Dal punto di vista genetico, i nostri corpi raccontano storie di migrazioni, mescolanze culturali, e adattamenti ambientali. Tracce biologiche che ci collegano, senz’altro, ai nostri antenati, sottolineando quanto siamo parte di una storia comune, che supera i confini geografici e temporali.
Un legame che, se compreso, ci permette di apprezzare le radici della nostra civiltà, e di riconoscere che, nonostante le differenze, siamo uniti da una storia condivisa. Dal momento che, la connessione con il passato, ci offre strumenti per costruire un futuro più consapevole, ricordandoci che siamo il prodotto di coloro che ci hanno preceduto, e il punto di partenza per le generazioni a venire.
Uno studio recente, ha rivelato nuovi dettagli, sul sacrificio umano, realizzatosi nell’antico sito Maya di Chichén Itzà. Per cui, analizzando i resti di 64 individui, per lo più bambini, i ricercatori hanno scoperto che tutti i sacrificati erano maschi, molti dei quali strettamente imparentati.
Il sito, emerso, intorno, al 250 d.C., e attivo fino alla conquista spagnola, ospita il famoso “El Castillo”, e il “Sacred Cenote”, luoghi chiave per i riti cerimoniali. Motivo per cui, durante scavi e ricerche, sono stati rinvenuti resti scheletrici in un chultún, cisterna artificiale. La datazione al radiocarbonio, colloca i sacrifici tra il 600 e il 1100 d.C., un periodo legato ai cicli agricoli, e al culto della divinità della pioggia, Chaac.
Contrariamente alle ipotesi precedenti, i sacrifici in questione, riguardavano giovani maschi selezionati, probabilmente, per la loro parentela, e per l’importanza simbolica dei gemelli. Non a caso, la scoperta di ossa e manufatti, rafforza la comprensione delle pratiche rituali Maya. Offrendoci un nuovo sguardo sulle credenze, e sulle tradizioni di questa civiltà.
In definitiva, lo studio evidenzia una continuità genetica, fra gli antichi Maya, e le popolazioni odierne. Giacché, malgrado l’impatto del colonialismo, i moderni Maya, hanno mostrato adattamenti genetici a malattie introdotte dagli europei, confermando l’eredità viva e attuale, di questa straordinaria cultura.