Arambh: dall’India il primo pulcino nato da inseminazione artificiale
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Otarda Indiana in volo (Unsplash foto) - www.sciencecue.it
In India si è assistito al primo caso di otarda venuta al mondo per mezzo dell’inseminazione artificiale. Perché si è scelto di utilizzare questa tecnica?
Arambh, che in lingua hindi significa speranza – nome tutt’altro che casuale – è un volatile davvero unico nel suo genere. Stiamo parlando di un pulcino di otarda indiana, caratterizzato da un becco sottile e da piume che variano dai toni più scuri del nero, a un giallo crema.
Ma qual è la peculiarità che ha reso Arambh così popolare nel mondo della biologia animale mondiale? Si tratta del primo esemplare in assoluto della sua specie ad aver avuto origine da un’inseminazione artificiale. Una scelta necessaria, strettamente legata al pericolo di estinzione che minaccia questo volatile.
Pensate che una volta l’otarda indiana era uno degli esemplari maggiormente diffusi in tutto il subcontinente indiano, a tal punto da divenire uno dei più solidi candidati a diventare l’uccello nazionale dell’India. Il suo declino, successivamente, è stato purtroppo rapido ed inevitabile, attribuibile soprattutto all’azione dell’uomo.
Tra caccia e bracconaggio, costruzione di linee elettriche e contaminazione dei suoi habitat naturali, l’otarda è stata oggetto di una spaventosa diminuzione di presenza, pari a circa l’82% in meno di 50 anni. A dimostrarlo sono i dati dell’IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura), che ha ufficialmente indicato la specie a rischio nel 2011, avendo raggiunto un numero di presenze inferiore a 250.
Le strategie in atto per contrastare l’estinzione
La reazione delle istituzioni governative è stata immediata ed efficace. In particolare, il governo dello Stato del Rajasthan si è fatto portavoce, nel 2013, del progetto Great Indian Bustard, al fine di ripopolare gli habitat con un numero crescente di otarde, che ha superato le 195 unità nel corso degli ultimi dieci anni. Gli esemplari sono collocati tra centri di riproduzione, come nel caso di Arambh e dei suoi genitori, ma la maggior parte vive ancora allo stato brado.
L’agenzia che si sta muovendo in prima persona per proseguire il, finora prolifico, piano di riproduzione e conservazione è il Wildlife Institute of India. Lo scienziato capo Sutirtha Dutta ha spiegato come la strategia principalmente portata avanti dall’istituto riguardava la raccolta delle uova deposte e il loro inserimento nelle incubatrici, dove si sarebbero dischiuse. La schiusa avviene in cattività e il tasso percentuale di successo di tale pratica, sempre secondo Dutta, si aggirerebbe attorno al 95%; l’obiettivo per il futuro sarà il rilasciamento degli attuali pulcini direttamente in natura. Anche l’intelligenza artificiale ha fornito strumenti sempre più all’avanguardia da impiegare anche nella produzione di prole e nell’individuazione e la miglioria delle diversità genetiche degli stessi.
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Vantaggi e ostacoli dell’inseminazione artificiale
Come riportato su National Geographic, al fine di produrre un aumento nelle specie in via d’estinzione, come nel caso dell’otarda, si sta volgendo sempre più lo sguardo verso l’inseminazione artificiale. Il progetto Great Indian Bustard, in particolare, sta seguendo una formazione specializzata sul tema dell’inseminazione presso l’International Fund of Houbara Conservation, sito ad Abu Dhabi. Non a caso, negli Emirati Arabi Uniti si sono già trovati a fare i conti con la rapida e, apparentemente, inarrestabile ondata estintiva che ha riguardato la specie dell’otarda houbara.
La principale criticità individuata riguarda la modalità mediante cui l’esemplare maschio di volatile possa rilasciare il proprio seme, considerando che il naturale accoppiamento viene visto come una pratica estremamente prolungata, ostacolata, inoltre, dal trasporto della specie maschile all’interno di un centro, provocando nell’animale un significativo stress. La scienziata e veterinaria del progetto Tushna Karkaria ha indicato una strada semplice ed efficace nell’addestramento dei maschi all’accoppiamento con manichini di legno che somigliano per colori, consistenza e misure ad un’esemplare femminile, tecnica utile anche per prevenire una consanguineità prolungata nella specie, come affermato anche dall’ornitologo Asad Rahmani.