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Vesuvio 1944: l’ultima eruzione che chiuse il condotto del vulcano

Eruzione del Vesuvio nel 1944 (INGVvulcani - youtube screenshot)

Eruzione del Vesuvio nel 1944 (INGVvulcani - youtube screenshot) - www.sciencecue.it

L’ultima eruzione del Vesuvio che segnò la fine della sua attività a condotto aperto: una storia ricca di dettagli. 

Nel corso dei secoli, il Vesuvio ha dato vita a numerose eruzioni che hanno segnato profondamente il territorio circostante. Tra queste, una delle più significative è stata quella del 1944, non solo per l’intensità dell’evento, ma anche per le sue conseguenze sul comportamento futuro del vulcano. Prima di questa data, il Vesuvio aveva attraversato una fase di attività persistente, iniziata poco dopo l’eruzione del 1631, con episodi frequenti di emissione lavica e fontane di lava che si susseguirono in particolare dal 1914 in poi.

Osservando il cratere del Vesuvio prima del 1944, si poteva notare un paesaggio molto diverso da quello attuale. La bocca eruttiva era quasi completamente colmata da lave solidificate, sulle quali si ergeva un piccolo cono di scorie. Questo stato del vulcano indicava che il condotto era aperto e permetteva un regolare rilascio del magma accumulato nelle profondità della Terra. Tuttavia, tutto cambiò con l’eruzione che ebbe inizio nel marzo di quell’anno, un evento che segnò una vera e propria svolta nella storia geologica del Vesuvio.

A documentare in dettaglio le varie fasi dell’eruzione fu Giuseppe Imbò, all’epoca direttore dell’Osservatorio Vesuviano. La sua dedizione fu straordinaria: nonostante il pericolo imminente, non abbandonò mai la sede storica dell’Osservatorio, situata a 608 metri di altitudine sul fianco orientale del vulcano. Grazie alle sue osservazioni, oggi possiamo ricostruire l’evoluzione dell’evento con grande precisione. Secondo Imbò, l’eruzione si articolò in quattro fasi principali, caratterizzate prima da un’intensa attività effusiva, seguita da spettacolari fontane di lava, esplosioni violente e infine una fase sismo-esplosiva che decretò la conclusione dell’evento.

Il paesaggio attorno al Vesuvio e i centri abitati vicini subirono danni ingenti. Le colate laviche raggiunsero i paesi di San Sebastiano e Massa, costringendo all’evacuazione migliaia di persone, mentre la caduta di cenere e lapilli ricoprì un’ampia area tra il vulcano e l’Agro Nocerino-Sarnese. Alcuni comuni, tra cui Terzigno, Pompei e Scafati, furono particolarmente colpiti, e il peso dei materiali piroclastici causò il crollo di numerose abitazioni, provocando vittime e lasciando dietro di sé una scia di distruzione.

La trasformazione del Vesuvio dopo l’eruzione

L’eruzione ebbe il suo apice tra il 18 e il 29 marzo 1944, con un’attività che si fece progressivamente meno intensa fino all’esaurimento completo del fenomeno. Ma il dato più significativo emerse nei giorni successivi: il 7 aprile, il cratere risultava completamente ostruito. Questo evento segnò l’inizio di un nuovo periodo geologico per il Vesuvio, che da allora è passato da una condizione di condotto aperto a una di condotto chiuso.

La fine dell’eruzione fu segnata dall’emissione di cenere chiara che, depositandosi sulle superfici del cratere, lo rese simile a un paesaggio innevato. Anche la stratigrafia dell’evento ha rivelato dettagli interessanti: gli strati di lava e scorie si sono accumulati in sequenze ben distinte, con depositi di ceneri grossolane e bombe vulcaniche che testimoniano la violenza dell’eruzione. Un aspetto rilevante riguarda la dispersione della cenere vulcanica. Le cronache storiche riportano che la colonna eruttiva raggiunse un’altezza di 5 km, ma studi recenti indicano che potrebbe aver superato i 10 km, dato che i depositi di cenere sono stati rinvenuti anche a 400 km di distanza.

Eruzione del Vesuvio (INGVvulcani - youtube screenshot)
Eruzione del Vesuvio (INGVvulcani – youtube screenshot) – www.sciencecue.it

Un vulcano silenzioso, ma attivo

L’evoluzione del magma che alimentò l’eruzione mostra che non ci furono variazioni significative nella composizione chimica, suggerendo un processo di cristallizzazione frazionata avvenuto in diverse profondità all’interno della crosta terrestre.

Oggi, il Vesuvio si trova in uno stato di apparente quiescenza, caratterizzato esclusivamente da attività fumarolica e bassa sismicità. Tuttavia, gli studiosi non escludono che in futuro possa riattivarsi. La chiusura del condotto impedisce al magma di fuoriuscire in modo graduale, aumentando la possibilità che una futura eruzione possa essere particolarmente violenta. Gli esperti dell’Osservatorio Vesuviano, tra cui Fabio Sansivero (custode e divulgatore di questa testimonianza ereditata da Imbò), continuano a monitorare costantemente il vulcano, consapevoli che la storia del Vesuvio è fatta di lunghi periodi di calma seguiti da eventi esplosivi improvvisi.