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Non solo corvi e pappagalli: anche gli emù sanno risolvere problemi complessi

Due emù (Pixabay foto)

Due emù (Pixabay foto) - www.sciencecue.it

Gli emù e i nandù sorprendono gli scienziati dimostrando capacità di problem-solving mai osservate prima, sfatando un mito. 

Quando si parla di uccelli intelligenti, i primi che vengono in mente sono sempre gli stessi: corvi e pappagalli. Ed è comprensibile, visto che sono famosi per usare strumenti, risolvere enigmi e persino riconoscere volti umani. Ma il regno animale è pieno di sorprese, e a quanto pare non sono gli unici pennuti con un cervello ben funzionante.

Negli ultimi anni, i ricercatori hanno iniziato a guardare oltre i soliti noti, cercando di capire quanto sia diffusa la capacità di innovare tra le diverse specie di uccelli. Finora, gli studi si sono concentrati soprattutto sui Neognati, il gruppo che comprende la maggior parte degli uccelli moderni. Ma c’è un altro ramo, quello dei Paleognati – che include struzzi, nandù ed emù – che fino a poco tempo fa era stato considerato… beh, non proprio brillante.

Diciamolo chiaramente: gli emù non hanno mai avuto la reputazione di essere dei geni. Anzi, sono stati perfino definiti “gli uccelli più stupidi del mondo”. Ma forse questa etichetta è il risultato di un pregiudizio più che di un’analisi oggettiva. Il problema è che gli scienziati hanno studiato sempre gli stessi tipi di uccelli, rafforzando l’idea che solo alcuni siano davvero intelligenti. In realtà, potrebbe semplicemente darsi che nessuno si sia mai preso la briga di testare davvero le capacità cognitive di questi uccelli preistorici.

Per rimediare a questa mancanza, un team di ricercatori ha deciso di mettere alla prova le abilità di problem-solving di alcuni Paleognati attraverso un esperimento piuttosto ingegnoso. L’idea era semplice: dare agli uccelli un congegno meccanico e vedere se riuscivano a capirne il funzionamento per ottenere del cibo. E i risultati? Beh, sono stati decisamente interessanti.

Gli emù non sono così tonti come si pensava

L’esperimento è stato condotto in uno zoo e ha coinvolto tre specie: emù, nandù e struzzi. A ognuno di loro è stato presentato un dispositivo con una ruota che andava ruotata nella giusta posizione per far combaciare un’apertura con una camera piena di cibo. Avevano dieci tentativi per capire il trucco.

Ecco la sorpresa: gli struzzi non ci hanno capito nulla, mentre gli emù e i nandù si sono rivelati molto più svegli del previsto. Uno degli emù ha trovato un metodo nuovo per risolvere il problema, spostando con precisione il foro fino ad allinearlo con il cibo. Ma il vero colpo di scena è arrivato con un nandù maschio, che ha escogitato una soluzione ancora più ingegnosa: invece di limitarsi a muovere la ruota, ha capito che poteva ruotare il perno centrale per farla smontare completamente. Geniale, no?

Emù durante l'esperimento (Fay Clark - www.bristol.ac.uk foto)
Emù durante l’esperimento (Fay Clark – www.bristol.ac.uk foto) – www.sciencecue.it

Un nuovo sguardo sull’intelligenza degli uccelli

Questi risultati mettono in discussione l’idea che solo i corvi e i pappagalli siano capaci di innovare. Certo, le tecniche adottate dagli emù e dai nandù non sono paragonabili a quelle più complesse osservate nei Neognati, ma dimostrano comunque una capacità di problem-solving che prima si pensava fosse fuori dalla loro portata. Insomma, non saranno dei piccoli Einstein piumati, ma neanche così tonti come si credeva.

Ora gli scienziati vogliono spingersi oltre, estendendo il test ad altre specie per capire fino a che punto l’intelligenza aviaria si è evoluta. E visto che i Paleognati sono i parenti più stretti dei dinosauri, chissà che queste ricerche non ci dicano qualcosa anche su come ragionavano i veri giganti del passato.