Molluschi e crostacei si adattano meglio ai cambiamenti climatici se vivono in città

Crostacei (Depositphotos foto) - www.sciencecue.it
Molluschi e crostacei che vivono in ambienti urbani mostrano una sorprendente capacità di adattamento ai cambiamenti climatici.
Le città sono ambienti estremi per molte specie: temperature più alte, inquinamento a livelli esagerati e la presenza costante dell’uomo. Eppure, alcuni animali sembrano non solo sopravvivere, ma addirittura trarre vantaggio da queste condizioni difficili. Tra questi ci sono i molluschi e i crostacei, che sembrano avere una marcia in più rispetto ai loro “cugini” che vivono in acque più tranquille e meno contaminate.
Negli ecosistemi urbani, gli organismi devono affrontare una quantità incredibile di stress ambientali: l’acqua è più calda, i sedimenti contengono sostanze tossiche come i metalli pesanti e l’ossigeno spesso scarseggia. Ma proprio questa selezione naturale spietata potrebbe spiegare perché alcune popolazioni riescono ad adattarsi meglio. Gli individui più resistenti sopravvivono, si riproducono e trasmettono le loro capacità di adattamento alle generazioni future.
Gli scienziati si sono sempre chiesti in che modo l’urbanizzazione influenzi la fauna marina. Sapevamo già che le specie terrestri rispondono in modo diverso alla vita cittadina, ma per gli organismi acquatici il quadro era ancora poco chiaro. Alcuni ricercatori hanno quindi deciso di indagare su un aspetto specifico: vivere in un ambiente inquinato e instabile rende davvero gli animali più forti?
Per risolvere il mistero, un team internazionale di scienziati ha preso in esame alcune specie di molluschi e crostacei, confrontando la loro capacità di sopravvivenza in ambienti con diversi livelli di impatto umano. L’idea era quella di scoprire se le popolazioni che vivono in acque disturbate da attività antropiche abbiano sviluppato una maggior resistenza agli stress ambientali.
Le popolazioni urbane sono più resistenti agli stress ambientali
A guidare lo studio è stata Elizabeta Briski, una biologa marina del GEOMAR Helmholtz Centre for Ocean Research di Kiel, in Germania. La ricerca ha analizzato tre specie: le cozze Mytilus sp. e due tipi di crostacei, Gammarus locusta e Gammarus salinus. Gli esemplari sono stati prelevati da due ambienti molto diversi: il Fiordo di Kiel, una zona pesantemente influenzata dall’uomo, e la Schlei, un’area più naturale e protetta.
Per capire quanto fossero resistenti, gli scienziati hanno sottoposto gli animali a una serie di test in laboratorio, simulando le condizioni previste per il futuro del Mar Baltico. Temperature più alte, variazioni di salinità e un’acidificazione crescente dell’acqua. L’obiettivo? Scoprire quali popolazioni riuscivano a sopravvivere meglio a queste difficili sfide. Per 30 giorni, i ricercatori hanno monitorato la mortalità degli esemplari sottoposti a questi cambiamenti estremi.

L’urbanizzazione favorisce l’adattamento delle specie acquatiche
I risultati non lasciano spazio a dubbi: gli animali che vivono in ambienti urbani sono più resistenti agli shock ambientali rispetto a quelli che crescono in acque meno disturbate. L’esposizione continua a condizioni difficili li ha resi più robusti, permettendo loro di affrontare meglio i cambiamenti climatici in corso.
Secondo Briski, questa scoperta potrebbe avere conseguenze importanti per la conservazione della fauna marina. Le popolazioni urbane potrebbero diventare una sorta di “serbatoio genetico” capace di aiutare le specie più vulnerabili ad adattarsi ai nuovi scenari ambientali. Ma c’è anche un rovescio della medaglia: proprio questa resistenza superiore potrebbe trasformare alcune di queste specie in potenziali invasive, facilitandone la diffusione attraverso il commercio e i trasporti umani.