Dalla selezione alla distruzione: come i “geni egoisti” si tramandano a scapito dell’organismo
Genetica (Depositphotos foto) - www.sciencecue.it
Alcuni geni sono più egoisti di altri. Questo fa si che alcuni si tramandino mentre altri non si tramanderanno mai.
I geni egoisti, presenti nel genoma di quasi tutte le specie, si trasmettono da una generazione all’altra senza offrire un vantaggio apparente all’organismo che li ospita. A volte, questi geni possono persino risultare dannosi o letali. Un recente studio condotto dall’Istituto di Ricerca Stowers ha approfondito il modo in cui questi geni riescono a “barare” nel processo di ereditarietà, garantendosi la trasmissione alla generazione successiva, spesso a discapito della fertilità dell’organismo.
Il lavoro è frutto della collaborazione tra i laboratori di Sarah Zanders e Randal Halfmann, che hanno studiato questi geni nel lievito della fissione, un organismo unicellulare ampiamente utilizzato nella ricerca genetica. Pubblicata su PLoS Genetics, la ricerca ha rivelato che i geni egoisti della famiglia wtf condividono un meccanismo comune di azione, nonostante la grande variabilità delle loro sequenze genetiche. Questa scoperta suggerisce che fenomeni simili potrebbero verificarsi in molte altre forme di vita. Inoltre, lo studio ha messo in evidenza un aspetto cruciale dell’evoluzione di questi geni: la loro capacità di mutare rapidamente assicura la loro sopravvivenza nel tempo, ma può anche condurre alla loro autodistruzione.
I geni egoisti funzionano attraverso un meccanismo chiamato drive meiotico, che consente loro di favorire la propria trasmissione nella riproduzione. Alcuni di questi geni appartengono alla classe più estrema, quella dei killer meiotic drivers, che producono una proteina tossica capace di eliminare le cellule riproduttive. L’unica eccezione riguarda le cellule che ereditano il gene egoista, poiché queste riescono a sopravvivere grazie alla produzione di una proteina antidoto che le protegge dal veleno.
Il team ha basato il proprio studio su un particolare gene della famiglia wtf, il wtf4, che era già noto per la sua capacità di trasmettersi da una generazione all’altra. La domanda chiave della nuova ricerca è stata se tutti i geni wtf funzionali, che sono centinaia, si basassero sugli stessi meccanismi molecolari e quali caratteristiche delle proteine prodotte da questi geni fossero essenziali per la loro funzione. Dalle analisi sono emerse scoperte fondamentali. La tossicità delle proteine Wtf deriva dalla loro capacità di aggregarsi e formare cluster all’interno della cellula. L’antidoto, prodotto dalle cellule che ereditano il gene egoista, si aggrega a sua volta e riesce a neutralizzare la tossina solo quando si assembla con essa in un modo specifico.
Analizzare il comportamento delle proteine
Questo comportamento ricorda molto quello di alcune proteine implicate in malattie neurodegenerative come l’Alzheimer. Secondo Zanders, lo studio aiuta a comprendere meglio quali sequenze proteiche favoriscono l’aggregazione e come distinguere gli aggregati tossici da quelli innocui. Per approfondire il comportamento delle proteine Wtf, i ricercatori hanno utilizzato un particolare ceppo di lievito, Schizosaccharomyces kambucha, isolato dalla bevanda kombucha. Grazie alla tecnica DAmFRET, sviluppata nel laboratorio di Halfmann, hanno misurato la capacità delle proteine di aggregarsi e hanno fatto un’osservazione sorprendente: nonostante l’estrema diversità genetica dei geni wtf, tutte le proteine da loro prodotte presentano la stessa capacità di auto-assemblarsi in cluster.
Questo indica che il meccanismo di aggregazione è un tratto fondamentale della loro funzione. Esperimenti successivi hanno permesso di scoprire che la dimensione degli aggregati influisce direttamente sulla tossicità. In particolare, le proteine Wtf più tossiche formano aggregati di dimensioni ridotte e diffusi in tutta la cellula, mentre i cluster più grandi risultano meno pericolosi. Inoltre, perché il veleno Wtf possa effettivamente uccidere le cellule riproduttive, deve essere distribuito uniformemente all’interno della cellula e non confinato in una specifica area.
Questioni di conflitto genetico
L’antidoto funziona trasportando il veleno nel vacuolo, un organulo cellulare che agisce come una sorta di “pattumiera” della cellula, dove le proteine tossiche vengono smaltite. Tuttavia, gli esperimenti hanno dimostrato che il semplice legame tra veleno e antidoto non è sufficiente a neutralizzare la tossicità: è necessario che si formi un aggregato specifico, di dimensioni maggiori, che isoli il veleno e lo renda inefficace. Halfmann ha sottolineato che questi risultati confermano un principio sempre più riconosciuto nella biologia cellulare: la tossicità delle proteine dipende non solo dalla loro sequenza, ma anche dalla loro capacità di aggregarsi e dalla loro distribuzione all’interno della cellula.
L’evoluzione di questi geni segue una dinamica di conflitto genetico, una sorta di corsa agli armamenti molecolare. I geni wtf si sono evoluti per oltre 100 milioni di anni sviluppando meccanismi sempre più sofisticati per evitare di essere eliminati dai sistemi di soppressione genetica. Tuttavia, il loro stesso processo evolutivo può talvolta portarli alla distruzione. In natura, infatti, si verificano mutazioni che danno origine a copie autodistruttive del gene, che non solo non riescono più a trasmettersi, ma eliminano completamente la fertilità dell’organismo che le porta.