Realtà virtuale: il “teletrasporto” del cervello
Impiegare la realtà virtuale, a servizio della conoscenza: un falso teletrasporto per ingannare il cervello e capirne il meccanismo percettivo.
Un esperimento che ha del fantascientifico è stato condotto in Svezia per indagare sul meccanismo celebrale con cui abbiamo a che fare continuamente: quello con cui il cervello raffigura e localizza il nostro corpo nello spazio. Scientificamente viene chiamato “body ownership”, cioè una combinazione di esperienze sensoriali e informazioni interne che riguardano la posizione del corpo nei confronti degli oggetti che lo circondano. Un sistema perennemente in funziona alla quale non ci si fa caso se non quando, in seguito a lesioni cerebrali o a particolari disordini psichiatrici come la schizofrenia, esso viene meno o viene alterato.
Per capire meglio quali siano le aree cerebrali coinvolte in questo meccanismo Arvid Guterstam, neuroscienziato del Karolinska Institute di Stoccolma, ha coinvolto quindici volontari in un’esperienza che difficilmente dimenticheranno. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Current Biology. I volontari sono stati fatti accomodare in una risonanza magnetica funzionale (FMRI) dotata di un display istallato in posizione frontale dell’individuo. Il monitor trasmetteva le immagini riprese da una videocamera montata sulla testa di un manichino, posizionato in un altro punto della stanza, in modo tale che i soggetti vedessero il laboratorio attraverso gli “occhi” del fantoccio. Sfiorando i volontari e i manichini nello stesso punto e nello stesso istante, i partecipanti hanno sperimentato una out of body experience: un’esperienza extra corporea e cioè la sensazione di trovarsi catapultati nei panni, e nella posizione, dei manichini. L’esperimento è stato ripetuto più volte posizionando il manichino in diversi angoli della stanza, e dando l’illusione ai soggetti di essere teletrasportati da un punto all’altro.
Dopo aver messo a confronto le scansioni cerebrali dei volontari sotto l’effetto dell’illusione, e di quelli teletrasportati da una parte all’altra del laboratorio, i ricercatori hanno individuato un’area che presiede sia alla body ownership sia all’autolocalizzazione nello spazio. Si tratta della corteccia cingolata posteriore, una regione profonda situata al centro del cervello e che raramente viene interessata da lesioni, ragion per cui è ancora poco conosciuta.
«Sappiamo davvero poco delle sue funzioni, è un’area piuttosto misteriosa» spiega Guterstam. Tale zona è implicata anche nei processi di formazione dei ricordi e delle emozioni, e una sua attività eccessiva è stata messa in relazione a depressione e schizofrenia.
Anche altre zone, come i lobi parietali e la corteccia premotoria, oltre alle cosiddette grid cell, i neuroni che ci aiutano ad orientarci, sono state coinvolte nell’illusione. Ma la corteccia cingolata posteriore pare diriga le rappresentazioni neurali dell’appartenenza del proprio corpo e della sua localizzazione nello spazio. Capire in che maniera il cervello costruisca l’immagine del proprio corpo sarà utile nel trattamento dei disturbi, come la schizofrenia, che implicano una distorsione di questa percezione. Forse da questo studio, mediante la realtà virtuale, si potrà trarre informazioni molto utili per studiare e capire anche il complesso sistema del teletrasporto.