fbpx

Home » L’alimentazione dello squalo tagliatore al centro di un nuovo studio

L’alimentazione dello squalo tagliatore al centro di un nuovo studio

Lo squalo tagliatore è molto diffuso negli oceani e fin da subito ha sollevato diversi interrogativi: il tratto più interessante di questo animale è sicuramente la sua capacità di mangiare qualsiasi cosa

Categorie Biologia
Vuoi leggere tutti gli articoli del network (oltre 10.000) senza pubblicità?
ABBONATI A 0,96€/SETTIMANA

Recentemente gli studiosi hanno analizzato l’alimentazione dello squalo tagliatore. Da anni è noto che questi squali attaccano qualsiasi animale e lo fanno in una maniera particolare. Non è stato facile in passato ricondurre le inconfondibili ferite ritrovate su pesci, tartarughe, balene e persone, al morso di uno squalo. Una volta svelato il mistero, è stato necessario attendere l’avanzamento tecnologico per indagare più a fondo il comportamento dello squalo tagliatore.

Perché è importante studiare l’alimentazione dello squalo tagliatore?

Abbiamo già parlato di come l’alimentazione dello squalo tagliatore, il cui nome scientifico è Isistius brasiliensis, sia insolitamente varia. Proprio la capacità di nutrirsi attaccando qualsiasi essere vivente ha attirato la curiosità della comunità scientifica.

Il morso dello squalo tagliatore è riconoscibile dal fatto che lacera la pelle della preda. Lo squalo è chiamato anche “cookiecutter”, ovvero “stampo da biscotti”, appunto per le conseguenze del suo incontro. Osservando le ferite delle prede, è come se i tessuti fossero stati asportati da un arnese circolare, da qui la somiglianza con alcuni stampi.

A subire l’aggressività di questo squalo non sono solo gli esseri viventi ma anche mezzi navali. Agli anni ’70 e ’80 risalgono documentazioni che descrivono morsi sui rivestimenti dei cavi elettrici e dei sonar installati sui sottomarini.

L’alimentazione dello squalo tagliatore: un mistero fino ad oggi

L’alimentazione dello squalo tagliatore non è mai stata efficacemente approfondita. L’animale è molto diffuso in tutto il globo ma non trattenuto in cattività, ecco perché a riguardo si conosce ancora poco. Lo studio condotto da Aaron Carlisle presso l’Università del Delaware ha scoperto che seppure lo squalo tagliatore possa lacerare qualsiasi cosa, preferisce piccole prede. Questo fatto non è per nulla banale e difatti le ipotesi degli ultimi anni dicevano esattamente l’opposto!

Per anni i ricercatori hanno ipotizzato che gli squali tagliatori agissero di notte, attaccando balene e animali più grandi per poi tornare nelle profondità. Si cercava nelle carcasse degli squali tagliatori i tessuti di grandi prede ma i dati non furono sufficienti per confermare l’ipotesi.

Le nuove tecniche d’indagine per studiare l’alimentazione dello squalo tagliatore

Le ipotesi precedentemente fatte circa l’alimentazione dello squalo tagliatore si basavano unicamente sull’analisi del suo apparato digerente. Negli ultimi 50 anni sono stati circa 150 gli squali tagliatori analizzati in tutto il mondo. Limitandosi a ciò che fisicamente si trovava nello stomaco dello squalo non era possibile fare chiarezza: con gli strumenti odierni le cose cambiano.

Per questo studio, i ricercatori hanno recuperato 14 squali tagliatori dal Pacifico centrale intorno alle Hawaii. Sono risultate utili tecniche di tracciamento biochimico, tra cui la stable isotope analysis (SIA), fatty acid analysis (FAA) ed environmental DNA (eDNA).

John O’Sullivan, coautore dello studio e direttore delle collezioni del Monterey Bay Aquarium, afferma che utilizzando una serie di diversi test biochimici, i ricercatori sono stati in grado di ottenere soddisfacenti risposte alle loro domande sull’alimentazione dello squalo tagliatore. Occorre tuttavia proseguire con i test:

“Più ricco è il campo di prova, con tecniche e criteri, più ci sono opinioni sui risultati, e questo può solo aiutare a migliorare i metodi scientifici”.

uesti squali attaccano qualsiasi animale e lo fanno in una maniera particolare. Non è stato facile in passato ricondurre le inconfondibili ferite ritrovate su pesci, tartarughe, balene e persone, al morso di uno squalo. Una volta svelato il mistero, è stato necessario attendere l’avanzamento tecnologico per indagare più a fondo il comportamento dello squalo tagliatore.
NOAA Observer Project

Stomaci vuoti? Nessun problema con il DNA ambientale

Le nuove tecnologie consentono ai ricercatori, dato un campione d’acqua, di rilevare tracce di DNA appartenenti ai pesci che vivono in quell’ambiente. Il concetto è che se un animale nuota nell’acqua, lascerà tracce di DNA in essa. L’intuizione di sfruttare il DNA ambientale nello stomaco dello squalo tagliatore farà la differenza col passato.

Prima uno stomaco vuoto non poteva aiutare la ricerca mentre adesso contiene tutte le informazioni di cui si ha bisogno. Lo stomaco contiene il DNA di tutte le prede attaccate dallo squalo tagliatore. Usando questo approccio, gli studiosi hanno identificato diverse specie di prede da stomaci apparentemente vuoti, alcune delle quali anche sconosciute!

Novità anche sulle abitudini dello squalo tagliatore

Oltre ad arricchire la conoscenza circa l’alimentazione dello squalo tagliatore, anche i suoi comportamenti sono più chiari. L’ipotesi secondo cui gli squali tagliatori salissero in superficie durante la notte per poi ritornare nelle profondità è in discussione. Probabilmente non è un comportamento comune ma proprio di alcuni esemplari più grandi: è possibile che i più piccoli non lo facciano.

Ad ogni modo le nuove ipotesi possono solo sostituire le vecchie ma l’incertezza resta: nessuno ha ancora documentato la vita di un cucciolo di squalo tagliatore.

L’industria mira a sfruttare le profondità oceaniche: la scienza deve accelerare

Le profondità oceaniche sono nel mirino di quelle industrie che estraggono risorse o che pescano. La comunità scientifica si trova in una corsa contro il tempo. È necessario scoprire il più possibile per salvaguardare le creature che abitano gli oceani.

A differenza degli esseri viventi in superficie, quelli nelle profondità sono molto più vulnerabili, essendo le loro modalità di riproduzione molto più lente. Per O’Sullivan gli sforzi dei ricercatori puntano a responsabilizzare la collettività. Tutti devono sapere che l’oceano, e chi lo abita, ha un ruolo fondamentale per la vita sul nostro pianeta e studi come questo lo dimostrano.