Anello di Einstein, Hubble cattura il più grande di sempre
Il telescopio spaziale Hubble, in orbita dal 1990, ancora una volta ci stupisce riuscendo a catturare l’immagine di una lente gravitazionale nella lontana galassia GAL-CLUS-022058s, costellazione della Fornace. La lente ci fornisce un esempio quasi perfetto – nonchè il più grande e completo osservato fin ora – di un cosiddetto Anello di Einstein. L’effetto lente gravitazionale è di estrema importanza per gli scienziati poiché consente di localizzare, osservare e studiare galassie enormemente lontane dal pianeta Terra, altrimenti pressoché irraggiungibili con gli attuali strumenti.
Anello di Einstein ed effetto lente gravitazionale
In fisica, per anello di Einstein si intende una deformazione anulare della luce proveniente da una determinata sorgente, per esempio una stella o una galassia. Essa assume la forma di un anello per via di un particolare effetto, detto lente gravitazionale. Il fenomeno di lente gravitazionale è a sua volta causato da un corpo supermassico che si interpone tra l’osservatore – in questo caso Hubble – e la sorgente, ovvero la galassia. Dunque quando sorgente, corpo intermedio e osservatore si trovano perfettamente allineati, l’osservatore è in grado di sfruttare uno dei fenomeni più rari della fisica per studiare corpi molto lontani da sé. In questo caso, l’anello è stato denominato fuso, a causa del suo aspetto e del nome della costellazione dove è ubicato.
Lenti gravitazionali e teoria della relatività
Per comprendere a fondo il fenomeno di lente gravitazionale è necessario ricondursi alla definizione scientifica di luce, ovvero fascio di fotoni. L’effetto, ipotizzato per la prima volta da Einstein nella formulazione della Teoria della Relatività, si osserva quando la luce transita vicino ad un corpo supermassico. In particolare, sulla luce in transito vicino ad un corpo supermassico è indotta una deflessione per effetto dell’attrazione gravitazionale, il che genera un effetto simile a quello di una lente. In questa condizione, l’immagine proveniente dalla sorgente risulta distorta, ingrandita, traslata e via dicendo. Per comprendere come tutti ciò sia possibile è necessario tener conto della definizione di brillanza superficiale e di quella di magnitudine apparente.
In astronomia, la magnitudine apparente (m) di un corpo celeste, ne misura la luminosità, in rapporto ad un determinato punto di osservazione, solitamente la Terra considerata senza atmosfera. La magnitudine apparente, è però un concetto relativo, a differenza della magnitudine assoluta (M), e indica la luminosità complessiva dell’oggetto astronomico. Ne consegue che, nei casi di oggetti estesi come galassie o nebulose, questi appariranno meno luminosi di un oggetto concentrato come una stella, pur avendo un valore di magnitudine simile o identico.
Per quanto riguarda la brillanza superficiale, essa rappresenta la grandezza fisica esprimibile tramite magnitudine. Nell’effetto lente gravitazionale, abbiamo che nell’osservazione del corpo celeste, la brillanza rimane costante in un lasso di tempo definito, mentre variano altre grandezze come l’angolo solido, dipendente dalla deflessione subita dal fascio luminoso. Da quì deduciamo che varierà la percezione che l’osservatore ha del corpo, e l’immagine di quest ultimo risulterà ingrandita, traslata etc a prescindere dalla brillanza.
Le lenti gravitazionali per lo studio della materia oscura
Come detto sopra, le lenti gravitazionali sono fenomeni fisici tanto rari quanto utili agli studiosi. Ad esempio, i fisici dell’Università della Calofornia, stanno tentando di misurare la temperatura della materia oscura servendosi di detto fenomeno. Ponendo che la gravità generata dalla materia oscura, è in grado di deformare il percorso della luce, si vuole utilizzare la misura di questa distorsione per porre limite alla temperatura, e dunque alla massa della materia oscura. Nel dettaglio si rileva la luminosità di sette quasar -sorgenti luminose- distanti fra loro e soggetti all’effetto lente. Da quì si è cercato di individuare cambiamenti causati dalle porzioni di materia oscura potenzialmente responsabili della distorsione.
I risultati ottenuti sono poi stati impiegati per misurare la dimensione delle lenti gravitazionali associate. Secondo gli studiosi, più le particelle di materia oscura sono leggere, calde e si muovono rapidamente, più formeranno lenti gravitazionali di dimensioni maggiori. Tutto ciò si pone lo scopo di studiare le proprietà intrinseche della materia oscura in rapporto al modello standard già conosciuto. Secondo tale modello, la materia oscura è denominata fredda, se le sue particelle si muovono più lentamente della velocità della luce. Inoltre, più bassa è la massa delle particelle componenti più queste saranno calde, veloci e meno massicce.