Blob: una creatura senza cervello ma in grado di pensare
È davvero necessario essere dotati di un cervello per poter pensare ed agire in un determinato modo? È questa la domanda che è naturale porsi quando si sente parlare di Blob. Si tratta di un vero e proprio mistero della natura. Dopo averlo scoperto gli scienziati hanno invano cercato di classificarlo come una pianta, un animale o un fungo. Nè la somiglianza con una muffa nè il comportamento piuttosto simile a quello animale si sono, tuttavia, dimostrati sufficienti a caratterizzarne la natura. Si chiama Blob per via dell’aspetto simile a quelle sostanze gelatinose che tanto piacciono ai bambini, ed è un organismo unicellulare giallastro. Il nome scientifico è però Physarum polycephalum, ossia melma policefala, ed appartiene quindi al regno dei protisti.
Riuscire a trovare questo organismo è tutt’altro che semplice. Blob non ama gli ambienti caldi ed esposti al sole, ma preferisce vivere nel sottobosco e in ambienti umidi e poco luminosi. Ciononostante rappresenta uno dei microbi eucarioti più facili da far crescere in coltura, il che lo rende un eccellente modello di studio. Sul sito del Parco zoologico di Parigi, in cui la creatura si trova al momento esposta, si legge che “prospera a temperature tra i 19 e 25 gradi e quando i livelli di umidità raggiungono l’80% al 100%”. Gli unici nemici sono la luce e la siccità. Sebbene all’inizio della propria vita sia costituito da più cellule, queste col tempo tendono ad unirsi per formarne una sola. Ciò sembrerebbe consentire all’organismo una maggiore facilità nel muoversi, crescere e nutrirsi di materia organica.
Un’intelligenza alquanto bizzarra
La curiosità che i tanti ricercatori hanno mostrato nei confronti di questa creatura va ben oltre l’aspetto fisico. Blob non ha un sistema nervoso, nè tantomeno un cervello, eppure è in grado di reagire ai diversi stimoli provenienti dall’ambiente in maniera sorprendente. Ciò che lascia a bocca aperta è la capacità di adattarsi rapidamente all’ambiente in cui si trova, di apprendere, e memorizzare le informazioni utili alla propria sopravvivenza.
In uno studio del 2016, pubblicato su Proceedings of the Royal Society, gli scienziati sono riusciti a far sì che la creatura potesse evitare sostanze nocive. Altri studi hanno invece permesso di apprezzarne le capacità di problem solving e di memoria, testandole all’interno di un labirinto appositamente realizzato. Ebbene, Blob sarebbe stato in grado, in maniera autonoma, di individuarne l’uscita evitando persino di ripercorre gli stessi tratti. E le sorprese, di certo, non si fermano qui.
Uno studio sulla percezione biomeccanica di Blob
Uno studio condotto di recente, pubblicato su Advanced Materials, ha permesso di descrivere le capacità di Blob di decidere in che direzione crescere sulla base delle sole caratteristiche fisiche dell’ambiente circostante. L’esperimento, della durata di 24 ore, è stato realizzato dai ricercatori del Wyss Institute e della Tuft University. Blob è stato posizionato all’interno di una piastra di Petri insieme a dei dischetti di vetro, tre da un lato e uno dall’altro.
Le prime 12 ore hanno visto una crescita di Blob in tutte le direzioni. Successivamente, però, pur non avendo avuto modo di esplorare l’intera area, nel 70% dei casi la melma ha preferito crescere in corrispondenza del lato con più dischetti.
I risultati dell’esperimento
La conclusione a cui si è giunti, almeno inizialmente, è che Blob prediliga indirizzare i suoi prolungamenti nelle zone con maggiore massa. In realtà, diverse simulazioni hanno poi portato ad una diversa conclusione. Sembrerebbe che la capacità di ricognizione a distanza sia legata ad un meccanismo che permette di percepire le deformazioni del terreno. Tale processo coinvolgerebbe delle proteine sensibili allo stiramento piuttosto simili alle proteine Trp presenti sulle membrane cellulari di alcuni mammiferi.
Capire come la vita proto-intelligente possa fare questo tipo di calcoli ci fornisce maggiori informazioni sulle basi della cognizione e del comportamento degli animali, compreso l’uomo.
Nirosha Murugan, ricercatore della Tuft University
L’esperimento, quindi, ha confermato come la percezione biomeccanica sia comparsa molto presto nell’evoluzione degli organismi viventi. In questo caso, tale capacità può essere posta a metà tra la percezione mediata dal citoscheletro delle cellule di mammifero e quella regolata dalla parete cellulare delle piante e dei funghi. Le straordinarie capacità di Blob, oltre che lasciarci a bocca aperta, ci spingono a riflettere ancora una volta su quanto sia affascinante e allo stesso tempo misteriosa la natura. Esse, inoltre, gettano le basi per un nuovo approccio allo studio della cognizione.
Blob offre un nuovo modello per esplorare i modi in cui l’evoluzione usa la fisica per implementare la cognizione primitiva che guida la forma e la funzione.
Mike Levin del Wyss, ricercatore della Harvard University