Home » Boris Johnson positivo al Coronavirus
Boris Johnson positivo

Boris Johnson, crediti: CNN

Il premier inglese Boris Johnson positivo al Coronavirus: dopo l’esito del tampone, il primo ministro è stato messo in isolamento.

I suoi sintomi sono lievi e assicura che continuerà a lavorare. Proprio lui, Johnson, che fin da subito aveva sottovalutato la situazione.

Boris Johnson positivo, non diede ascolto alla comunità scientifica

Nelle scorse settimane si era fatta sentire anche la comunità scientifica: più di 200 scienziati infatti, in una lettera aperta, chiedevano al governo inglese di introdurre misure per il distanziamento sociale.

La popolazione aveva intuito il pericolo: secondo un sondaggio lanciato precedentemente da Opinium per l’Observer, soltanto il 36% dei britannici si fida del Premier, ritenendolo capace di gestire la crisi; ma dal sondaggio di YouGov è emerso invece che la maggioranza dei britannici – il 52% riteneva che il Governo dovesse dichiarare subito lo stato d’emergenza.

Quella retromarcia e il tentativo di limitare i danni

Solo di recente Johnson aveva cominciato a comprendere la gravità della situazione, annunciando la clamorosa, ma necessaria, misura di contenimento: tutti gli ultra 70enni dovranno andare in quarantena, fino a quattro mesi, anche in assenza di sintomi”.

La misura venne annunciata dal ministro della Salute, Matt Hancock: “Questo è nel piano d’azione, sì. E lo esporremo con maggiori dettagli quando sarà il momento giusto per farlo” – dichiarò a Sky News.

Puntare solo sull’immunità di gregge, che azzardo

La strategia di Johnson è rimasta la medesima fino ad ora, vale a dire proteggere gli anziani e i più deboli mentre il resto della popolazione sviluppa “l’immunità di gregge”, “lasciandosi contagiare dal virus” e così nella speranza di sviluppare una propria immunità.

Per Johnson era ormai troppo tardi per contenere il virus e quindi l’unica cosa doverosa da fare era gestire la situazione proteggendo i più deboli. 

Il modello Italia, troppo tardi

Solo pochi giorni fa, il 23 Marzo, il premier inglese annunciò, con un messaggio alla nazione, che sarebbe entrato in vigore il lockdown: negozi e attività commerciali chiusi, tutti in casa. Lo stop ha interessato tutti gli esercizi commerciali non essenziali, vietate riunioni in pubblico di più di due persone, con multe da 30 sterline ai trasgressori. Per il resto parchi aperti in parte, luoghi di preghiera chiusi, consentito di uscire soltanto per lavoro, la spesa, portare a spasso il cane, far esercizio fisico o per assistenza assistenza.

La misura necessaria giunse solo dieci giorni dal discorso shock, quello con cui il primo ministro avvertiva che molte famiglie avrebbero perso i propri cari, ma che per nessuna ragione il governo avrebbe virato su misure restrittive come quelle prese dall’Italia. Boris Johnson, adesso positivo, ha imparato una grande lezione, a caro prezzo: ciò che una nazione – prima di un continente ad essere colpita – fa per contrastare l’emergenza va preso come esempio, e non denigrato con misure alternative, inefficaci e pericolose per la salute pubblica.

Nella foto Boris Johnson, crediti: CNN