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BrainArt, adesso si può dipingere un quadro con la mente

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Close-up Engineering si è spesso occupato di intelligenza artificiale spiegandone le potenzialità attuali e future. Potenzialità che, tuttavia, ci lasciano ancora oggi titubanti, forse perché abbiamo un’idea di essa ancora piuttosto fantascientifica e pensiamo che, le sue applicazioni, sono lontane e realizzabili soltanto tra decine d’anni. Ebbene, non è così. Non per tutto almeno. Sapevate fosse possibile fare arte utilizzando il pensiero?

Si chiama BrainArt, un progetto nato grazie alla piattaforma sviluppata da Vibre, la startup italiana con sede a Cesena che si occupa di decodificare comandi mentali attraverso l’analisi dei segnali cerebrali, sfruttando e applicando, “guarda caso”, l’intelligenza artificiale alle interfacce cervello-computer. Un modo per “tradurre”il flusso di pensieri e di emozioni in linee, curve e colori mediante l’impiego di piccoli sensori applicati sulla fronte, un processo che permette di realizzare l’unico quadro al mondo dipinto con i pensieri.

Quella di Vibre è una grande squadra formata da bioingegneri, informatici e clinici fondata da Raffaele Salvemini, Sara Piras, Stefano Stravato, Luca Talevi, Simone Cesarano e Marco Renzi. Con loro diversi collaboratori danno quotidianamente il proprio contributo per lo sviluppo e, per il progetto BrainArt, il team si è avvalso della collaborazione di artisti in vari ambiti.

Come si acquisiscono i dati necessari?

Quella di BrainArt è un’esperienza unica che va ben oltre il concetto di semplice “prodotto”. È un vero e proprio connubio tra arte e scienza, “il punto di incontro tra la nostra mente e la realizzazione artistica”, dicono i fondatori. Un’esperienza breve ma intensa che non richiede particolari doti artistiche e che dura il tempo di una canzone. Al soggetto, messo a proprio agio in un ambiente riservato, viene chiesto di lasciar andare i suoi pensieri, immaginare un momento, richiamare un ricordo magari mentre ascolta la sua canzone preferita per accompagnare quel momento. Una futura mamma che pensa al suo bambino, un lui che pensa alla sua lei, un figlio che pensa ai suoi genitori, magari scomparsi: ogni pensiero, ogni attimo, ogni momento per noi importante e impresso nella nostra memoria può essere trasformato in un quadro originale e unico.

BrainArt
BrainArt, crediti: brainart.vibrexperience.it

Al termine della canzone gli algoritmi sviluppati dal team, composto da ingegneri biomedici, iniziano a decodificare quanto hanno registrato dando vita, nei secondi successivi, ai nostri ricordi e alle nostre emozioni in un’opera unica. Dopo circa una settimana, vengono analizzati i dati e il quadro viene stampato su forex. Alla stampa viene allegata anche una brochure che spiega scientificamente cosa è possibile identificare nell’opera insieme ad un certificato di autenticità con un codice univoco di cui “sveleremo solo più in là cosa sarà possibile fare”, spiegano i founders. L’esperienza è prenotabile sul sito web ufficiale. 

Come funziona BrainArt?

BrainArt si basa sull’analisi delle onde cerebrali, frutto degli impulsi elettrici scambiati tra i neuroni. Lo studio di tali onde, la loro ampiezza, la loro frequenza, l’area cerebrale da cui provengono, consente di comprendere interessanti informazioni. I dispositivi usati per acquisire tali onde sono i classici elettroencefalografi, ma in una veste moderna e dal design accattivante vale a dire smart, wireless e ultraleggeri.

BrainArt
Una foto dell’esperienza di BrainArt, crediti: brainart.vibrexperience.it

Posti limitati, solo a Cesena

Per ora è possibile fare l’esperienza solo a Cesena, prenotando una data attraverso un apposito modulo e il servizio. Sarà possibile ricevere il quadro nelle dimensioni richieste e la brochure con la spiegazione dettagliata del risultato ottenuto.

Siamo andati a Cesena per conoscere meglio questi ragazzi e far loro qualche domanda così da comprendere bene le dinamiche di questo affascinante progetto.

In definitiva, cos’è BrainArt?

“Un progetto reso possibile grazie al team di Vibre, una startup con sede a Cesena, che si occupa di interfacce cervello-computer. Vibre porta avanti una importante missione: portare nella massa sistemi controllati direttamente dal cervello; tecnologie che, oggi, risultano confinate solo nel mondo della ricerca, ma che potrebbero trovare ampio spazio nella vita di tutti i giorni. Dal gaming al neuromarketing, dalla sanità alla domotica, fino ad arrivare alla sicurezza stradale e nei luoghi di lavoro. Questa mission è portata avanti grazie alla realizzazione di una piattaforma software che consenta a chiunque di sviluppare applicativi basati su un controllo diretto da parte del cervello, senza la necessità di competenze di neurofisiologia o bioingegneria. Una sorta di WordPress delle interfacce cervello-computer. Con Vibre siamo riusciti a realizzare un sistema di riabilitazione, oggi in fase di sperimentazione in Emilia-Romagna, che combina intelligenza artificiale, realtà virtuale e interfacce cervello-computer per pazienti colpiti da ictus e con conseguenti deficit agli arti superiori. Prodotto, questo, sviluppato proprio grazie al concepimento di tale piattaforma. E dalla stessa concezione è nato BrainArt, l’unico progetto attivo al mondo in grado di tradurre i pensieri in arte. Un prodotto che dimostra la facilità di sviluppare idee, progetti e nuove forme di business grazie ad applicativi brain-controlled” – spiega Raffaele Salvemini.

In che modo applicate l’intelligenza artificiale alle interfacce cervello-computer?

“I nostri pensieri sono tutti rappresentati attraverso un intenso scambio di informazioni tra le cellule componenti il nostro cervello, i neuroni. La comunicazione avviene attraverso un piccolo flusso di corrente elettrica che, considerando l’ingente numero di neuroni (16 miliardi circa solamente nella parte più esterna, la corteccia), arriva a generare un campo elettromagnetico capace di attraversare osso e tessuti ed arrivare fino al cuoio capelluto sotto forma di un flebile segnale detto “ElettroEncefaloGrafico” (EEG) rivelabile solo attraverso appositi sensibilissimi sensori. La bassa intensità e qualità del segnale superstite e l’incredibile complessità dei processi mentali rende estremamente difficile estrarre informazione utile dalla registrazione. Qui interviene l’intelligenza artificiale: partendo dal presupposto che tutto ciò che pensiamo, sentiamo e facciamo abbia come effetto una modifica (anche sottilissima) del segnale elettroencefalografico è possibile addestrare speciali algoritmi più o meno “smart” a rintracciare queste modifiche ed assegnargli un significato. Alcuni pattern, quali ad esempio i cosiddetti ritmi cerebrali (fluttuazioni periodiche del segnale legate a particolari stati mentali) e i potenziali di errore (breve ma intensa oscillazione dovuta al rilevamento di un evento inatteso) sono visibili anche con tecniche rudimentali o persino ad occhio nudo; altri, come quelli legati all’immaginazione di parole e movimenti, sono ben nascosti in mezzo al resto del flusso di pensieri e richiedono algoritmi molto complessi” – ci spiega Luca Talevi.

Come viene tradotto il flusso di pensieri e sostanzialmente quali sono i parametri che determinano linee e colori?

“I nostri sentimenti, cioè il modo in cui affrontiamo ed interpretiamo le emozioni che sperimentiamo (farfalle nello stomaco => sono innamorato) sono a loro volta integrati all’interno del segnale EEG. Sono particolarmente difficili da comprendere: mentre l’emozione in sé si esprime con forza molto in profondità nella mente e diffusamente nel corpo, i sentimenti sono fortemente intrecciati con il nostro flusso di pensieri e stato mentale in generale” – continua Talevi – “I metodi per evidenziarne le caratteristiche si basano soprattutto sullo studio degli equilibri tra ritmi cerebrali, come detto poco fa rappresentanti lo stato mentale del soggetto, al fine di ricavare due particolari misure: la valenza e l’arousal (definite da Russell nel 1980). Queste rappresentano rispettivamente i livelli di “piacevolezza” e di “attivazione mentale” dati dall’esperienza di una certa emozione. Può essere difficile spiegare correttamente i livelli calcolati da queste metriche: la paura del vuoto provata su una montagna russa è un’emozione negativa, ma un sentimento positivo! La valenza risulta quindi alta malgrado la negatività della paura. Oltretutto una qualsiasi distrazione può alterare anche di molto la misura, sia perché il soggetto acquisito è distolto dalla sua emozione sia perché la codifica della distrazione stessa altera il flusso di pensieri – e quindi il segnale. Per aiutare la persona a rimanere concentrata sulla sua emozione e il software a misurarne al meglio Il sentimento, il progetto BrainArt ne registra l’EEG attraverso dispositivi comodi e poco invasivi durante l’ascolto di un brano musicale scelto dall’utente. La musica agisce come guida emotiva per i pensieri e i ricordi del soggetto, permettendo un flusso più controllato e consentendo una stima migliore di valenza ed arousal. Questi, al termine dell’acquisizione, vengono rispettivamente usati nella scelta del colore (blu per la valenza minima, rosso-giallo per la media, verde-azzurro massima) e nella costruzione della forma (arousal alto corrisponde ad una grande abbondanza di forme intricate) che comporranno il quadro”.

Ritenete che i Big Data potranno esservi d’aiuto?

“Gli algoritmi utilizzati dal team di BrainArt per la stima sono versioni modificate di quelli più diffusi nel mondo della ricerca, resi più sensibili e costantemente migliorati dal team di Vibre con i dati acquisiti (in forma anonima). Il fatto che tutti gli algoritmi implementati da Vibre migliorino con i dati rende naturale un futuro in cui gli archivi conterranno una grossa quantità di segnali, anche se difficilmente tale quantità sarà mai considerata “Big Data” nella concezione attuale (sono ad esempio definiti “Big Data” quelli generati da tutte le transazioni finanziare delle borse, si parla di miliardi di terabyte di dati anche non strutturati). Sia BrainArt che la piattaforma AI di Vibre sono concepiti con la prospettiva di funzionare con più persone contemporaneamente, semplicemente aumentando il numero di dispositivi e collegando colori e forme ai parametri di tutti” – conclude il ricercatore.




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