I dati raccolti dalla strumentazione a bordo del satellite Aura, in orbita dal 2004, parlano chiaro: il buco dell’ozono nell’atmosfera si è ridotto di circa il 20% dal 2005 grazie al divieto internazionale dei clorofluorocarburi (CFC), i gas usati nei frigoriferi di vecchia generazione e in alcuni tipi di spray.
“Abbiamo visto molto chiaramente che il cloro dei CFC sta diminuendo e che quindi la perdita di ozono si sta riducendo” – dichiara Susan Strahan, Responsabile del progetto Aura e Scienziata dell’Atmosfera al Goddard Space Flight Center della NASA nel Maryland (Greenbelt): nel settembre 2017 la dimensione del buco dell’ozono era stata la più piccola mai registrata dal 1988, con un’estensione di 19,6 milioni di chilometri quadrati.
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Il comportamento dell’ozono
Questo gas agisce come un elemento essenziale, fungendo da strato protettivo naturale ad alta quota che protegge l’uomo e le piante dalle pericolose radiazioni ultraviolette: si concentra ad alte quote, a 25 km di altezza, nella zona definita appunto ozonosfera. Si comporta diversamente da altri gas serra, seppur considerato tale, dal momento che invece di trattenere l’energia proveniente dalla superficie terrestre (come i gas-serra), l’ozono assorbe e trattiene parte dell’energia proveniente direttamente dal Sole; fu rilevato per la prima volta nel 1985, alla fine dell’inverno nell’emisfero australe.
Una buona politica
La Comunità Internazionale comprese subito l’importante ruolo svolto dallo strato di ozono e firmò all’unanimità il Protocollo di Montréal affinché venissero vietate tutte quelle sostanze dannose per lo strato: tali misure hanno funzionato e si calcola che entro il 2070 il buco avrà recuperato i livelli del 1980.
Giornalista e divulgatore scientifico; caporedattore di Close-Up Engineering, è una delle firme di Forbes Italia e autore su Le Stelle, la rivista di divulgazione astronomica fondata da Margherita Hack. Ha collaborato con BBC Scienze Italia, HuffPost Italia, l’Espresso, Il Messaggero e Business Insider Italia.