Cellule staminali: un metodo di riprogrammazione cellulare per guarire dalle ferite
Utilizzare cellule staminali riprogrammate per favorire la guarigione di profonde ferite. Grazie alle moderne tecniche di ingegneria genetica e riprogrammazione cellulare, è stato possibile utilizzare cellule staminali mesenchimali per favorire la rigenerazione dei tessuti.
Pelle e ferite
Il processo fisiologico fondamentale per la guarigione della pelle è la migrazione dei cheratinociti. Queste sono le cellule più diffuse negli strati cutanei superficiali e tendono a muoversi verso la ferita. Oltre ad avere una funzione di protezione dell’organismo dall’azione aggressiva di calore, radiazione ultravioletta, agenti patogeni e perdita d’acqua, queste cellule hanno lo specifico compito di sigillare i tessuti alterati, in un processo noto come ri-epitelizzazione. Grazie alla contemporanea deposizione di connettivo, è possibile rimarginare la ferita con il minor spazio cicatriziale possibile.
Il problema nasce per le ferite di maggiori dimensioni. Questo processo risulta essere inefficiente, e lo diventa sempre più con l’aumentare dell’età, tanto da rendere difficile o addirittura impossibile la guarigione anche di ferite non particolarmente gravi. Un esempio così come delle ulcere cutanee, e le lesioni provocate da gravi ustioni, che possono anche mettere a rischio la vita del soggetto.
Terapia mediante cellule staminali
L’approccio che viene eseguito di routine nel caso di gravi ferite è il trapianto di pelle. Questo può essere autologo, quindi una porzione di tessuto viene prelevata da una regione senza ferite; altrimenti si può utilizzare il trapianto allogenico, che prevede il prelievo da un donatore.
La ricerca si sta muovendo per trovare delle alternative a questi approcci. Lo scopo è ridurre i rischi legati ad eventuali rigetti, nonché ridurre i tempi di remissione e degenza.
Un approccio innovativo che potrebbe risolvere molti di questi problemi è la riprogrammazione genica di cellule mesenchimali.
Juan Carlos Izpisua Belmonte e colleghi, grazie alle competenze in rigenerazione tessutale ed in ingegneria genetica, hanno indotto le cellule staminali a differenziarsi in progenitrici dei cheratinociti.
Questa operazione ha richiesto una profonda conoscenza dei fattori di differenziamento cellulare. È stato eseguito uno screening per identificare quali geni fossero necessari per indurre il differenziamento cellulare. Dopo numerosi esperimenti il numero si è ridotto a 35 di cui quattro risultano essere caratteristici.
Quindi è stato necessario indurre l’espressione di questi geni; utilizzando un vettore fagico, attraverso trasfezione direttamente in situ, è inserito un cDNA che induce l’espressione dei fattori chiave per il differenziamento.
Cosa dobbiamo aspettarci per il futuro?
Come dicono i ricercatori…
Le nostre osservazioni costituiscono un’iniziale prova di fattibilità per una rigenerazione in vivo non solo di tipi di cellule specifici e individuali, ma anche di un tessuto tridimensionale funzionale.
Insomma, si tratta di uno studio iniziale, molto altro dovrà essere fatto per poter vedere l’applicazione clinica. Tuttavia, la riprogrammazione cellulare sta dando ottimi risultati in diverse applicazioni, non per ultimo l’impiego in oncologia.
Fonte: Nature.com