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Al CERN, oltre il bosone di Higgs: l’esperimento CMS

Cento metri di profondità, in una caverna sotterranea: con la ricercatrice Chiara Mariotti dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, ricostruiremo la storia del complesso dove, nel 2012, è stato scoperto il bosone di Higgs

CERN

CMS, dove è stato scoperto il bosone di Higgs, crediti: Letizia Diamante - Close-up Engineering - RIPRODUZIONE RISERVATA

Cento metri di profondità, in una caverna sotterranea a Cessy, in Francia: qui sorge il CMS (Compact Muon Solenoid) uno dei due grandi rivelatori di particelle di indirizzo generale costruiti sul Large Hadron Collider (LHC) al CERN di Ginevra: creato allo scopo di compiere ricerche su una vasta gamma di fenomeni fisici, con la ricercatrice Chiara Mariotti dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), ricostruiremo la storia del complesso dove, nel 2012, è stato scoperto il bosone di Higgs: ora si guarda al futuro della fisica.

Chiara Mariotti, ricercatrice che, nel gennaio 2019, ha ricevuto l’EPS Emmy Noether Distinction for Women in Physics, un importante riconoscimento dell’European Physical Societ, “per il suo eccezionale contributo alla scoperta e alla caratterizzazione del bosone di Higgs, per il suo ruolo di leader come fondatore e coordinatore del gruppo di lavoro Higgs Cross Section dell’LHC, e per le sue impressionanti capacità e risultati di sensibilizzazione, in particolare verso la giovane generazione di fisici”, ci accompagna in questo viaggio nel cuore della fisica.

L’esperimento CMS al CERN

Lungo 21,6 metri, con un diametro di 14,6 m, CMS ha un peso di circa 14.000 tonnellate e impiega ben 3800 ricercatori, rappresentanti 199 istituti scientifici e 43 nazioni. Nel luglio del 2012, congiuntamente ai dai raccolti dall’esperimento ATLAS, progetto gemello costruito sull’LHC, ha scoperto il ‘bosone di Higgs’, il bosone elementare, massivo e scalare che svolge un ruolo fondamentale all’interno del Modello standard e fu teorizzato nel 1964 dal fisico britannico Peter Higgs. Tutto ebbe inizio il 13 dicembre 2011 quando, in un seminario presso il CERN, veniva illustrata una serie di dati degli esperimenti ATLAS e CMS coordinati dai fisici Fabiola Gianotti (attuale direttrice del CERN) e Guido Tonelli: i dati individuavano il bosone di Higgs in un intervallo di energia fra i 124 e 126 GeV con una probabilità prossima al 99%; la comunità della fisica delle particelle però richiese, prima di annunciare ufficialmente una scoperta di questa portata, il raggiungimento di una probabilità di errore dovuto al caso o valore-p (un elemento imprevedibile che, in questo caso, è rappresentato dalle fluttuazioni quantistiche) non superiore allo 0,00006% (valore di 5 in termini di deviazioni standard).

Il 5 aprile 2012, nei 27 km dell’LHC, sotto la frontiera tra Svizzera e Francia, veniva raggiunta l’energia massima mai toccata di 8000 miliardi di elettronvolt (8 TeV): successivamente, ulteriori dati acquisiti, permettevano di raggiungere la precisione richiesta e il 4 luglio 2012, in una conferenza tenuta nell’auditorium del CERN, alla presenza di Peter Higgs e dei due portavoce degli esperimenti coinvolti, Fabiola Giannotti (ATLAS) e Joseph Incandela (CMS), veniva annunciata la scoperta di una particella compatibile con il bosone di Higgs, la cui massa risulta intorno ai 126,5 GeV per ATLAS e ai 125,3 GeV per CMS, scoperta ufficialmente confermata il 6 marzo 2013, nel corso di una conferenza tenuta dai fisici del CERN a La Thuile; scoperta che valse a Peter Higgs e François Englert il Premio Nobel per la Fisica mentre il Breakthrough Prize in Fundamental Physics ai ricercatori del CERN.

Oltre il bosone di Higgs

La prima visione del CMS avviene da una “balconata”, dove si ha la piena consapevolezza della profondità della caverna cui è collocato: colpisce subito il grigio denso del cemento che riveste le pareti per tutti i centro metri dove si scorge quel meraviglioso complesso tecnologico. Indossiamo un caschetto protettivo, tutto colorato, recante il logo del CERN e superiamo i diversi punti di accesso: le procedure sono molto restrittive, viene controllata anche la nostra attrezzatura; poi Chiara ci fa accedere da un ingresso di massima sicurezza, dopo aver scansionato la sua retina per l’identificazione: qui ci racconta un aneddoto su un collega che, dopo essersi sottoposto ad un intervento di chirurgia refrattiva Laser per la cura della miopia, ha avuto difficoltà nel farsi identificare dal sistema.

Entriamo in una sorta di ascensore che Chiara ci indica subito come il punto più sicuro della struttura in caso di incendio, spiegandoci inoltre come le procedure di sicurezza prevedono che, qualora dovesse perdere i sensi, l’accompagnatore deve essere lasciato in loco mentre gli ospiti devono correre in ascensore e raggiungere la superficie (cosa che non avrei mai fatto senza di lei). Mentre percorriamo velocemente i cento metri (circa 30 piani di uno stabile) in pochissimi secondi, mi chiedo se davvero un caschetto di plastica sia sufficiente a proteggere una persona dalla caduta di materiale pesante. Ci fermiamo a 86 metri di profondità, per ammirare questa meraviglia tecnologica: il CMS si presenta in tutta la sua maestosità, mentre alcuni tecnici lavorano al suo potenziamento. L’altezza cui ci siamo fermati non è un caso, ma ha un perché piuttosto simbolico: A questa altezza scorrono i fasci di protoni, in un tubo che attualmente è stato rimosso per permettere il potenziamento del macchinario: qui, i protoni accelerati sull’acceleratore di 27 km, si scontrano esattamente al centro di questo rilevatore, che adesso è aperto in vari stadi ma durante l’acquisizione dei dati è chiuso, ‘compatto’ per l’appunto. Le centinaia di particelle, prodotte dalle interazioni tra i protoni, si irradiano verso l’esterno attraversando il rilevatore: studiando queste particelle e le loro caratteristiche possiamo capire cosa succede al momento delle interazioni dei protoni e comprende meglio le leggi che governano la natura– ci spiega Chiara Mariotti.

Una misura più precisa per una nuova fisica

Proprio nel periodo coincidente la nostra visita, i fisici del CMS hanno misurato la massa del bosone di Higgs a 125,35 GeV con una precisione di 0,15 GeV, un’incertezza di circa lo 0,1%: un’altissima precisione raggiunta grazie all’enorme quantità di lavoro, nel corso di tanti anni, per calibrare e modellare accuratamente il CMS per la misura delle particelle coinvolte (elettroni, muoni e fotoni): un contesto in cui, qualsiasi valore diverso dalle aspettative, potrebbe aprirci le porte alla nuova fisica.

Questo nuovo risultato si basa sui dati raccolti dal Large Hadron Collider tra il 2011 e il 2016; per ottenerlo i fisici del CMS hanno dovuto combinare i dati di due misurazioni molto diverse e molto accurate: la prima riguarda i decadimenti di due bosoni Z, che successivamente si decompongono in coppie di elettroni o muoni, mentre l’altra sui decadimenti di due fotoni. L’accuratezza della misurazione è stata progressiva, a partire dai dati ottenuti nel 2011 e 2012, che ne determinano la massa come 125,06 ± 0,29 GeV; i dati del 2016 invece ne hanno migliorato la misurazione portandola a 125,46 ± 0,17: la combinazione di queste due misurazione ha portato a determinare la massa con maggiore accuratezza mai ottenuta prima e vale a dire 125,35 ± 0,15 GeV.

Un ulteriore tassello che si colloca nell’ambito delle particelle subatomiche e alla loro connessione con il mondo che ci circonda: la massa del bosone di Higgs è un parametro illimitato nella teoria della fisica che descrive le particelle subatomiche (Modello Standard) ed è direttamente collegata alla comprensione della stabilità a lungo termine dell’universo. Determinare con precisione la massa del bosone di Higgs permetterà di stimare molte delle proprietà del bosone di Higgs e i fenomeni che possiamo osservare nei futuri collider.

Si ringrazia Chiara Mariotti dell’INFN e Letizia Diamante dell’University of Cambridge (Press Officer del CERN) per la preziosa collaborazione. Foto di Matilde Italiano/Close-up Engineering – © RIPRODUZIONE RISERVATA